Chapter 03.

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Riaprii gli occhi, spaventato.
Se non fossi stato già morto, avrei avuto un infarto, a causa di Bert.
"Delicatezza portami via." Mormorai, maledicendolo.
Osservai la stanza.
Le pareti erano viola. Il pavimento era in legno, ma quasi interamente ricoperto da un tappeto bianco.
Mi trovavo esattamente sotto alla porta.
Alla mia destra c'era un grande letto, con delle coperte bianche e dei cuscini del medisimo colore; a parte quello centrale, che era viola.
Il letto era attaccato al muro.
Affianco c'era un comodino bianco, con sopra una abat-jour rosa, dal manico argento e affianco c'erano degli occhiali.
Avevano la montatura nera e le lenti sono grandi.
Vicino al comodino c'era una scrivania bianca, composta da due cassetti.
Sopra vi erano dei libri, sistemati uno sopra all'altro con cura, dei barattoli con penne, matite e gomme colorate.
Un PC era appoggiato al centro della scrivania.
La sedia era come quelle da ufficio, in pelle bianca, girevole.
Dalla parte opposta della stanza c'era un armadio bianco, con le maniglie argentate.
Affianco c'era una libreria, colma di libri.
Vicino alla libreria c'era un'altra porta chiusa, che doveva essere il bagno.
La finestra era proprio di fronte a me, bianca, con le persiane sul verde acqua.
Le tende erano bianche in pizzo o tulle - non sono un esperto -, con delle foglie viola ricamate sopra.
Sopra al letto c'erano delle altre mensole, fatte a cubi, piene di libri o altri oggetti.
Al soffitto non era appeso un lampadario, ma delle lucine a filo.
Mi chiusi la porta alle spalle, che era di un color legno tenue.
Dietro essa si trovavano degli appendi-abiti, occupati da un paio di cappotti e una borsa rossa.
Mi avvicinai alla finestra. Essa mostrava esattamente il retro dell'abitazione.
Alcune foglie dell'albero strisciavano contro il vetro.
Il cielo era grigio, la pioggia si sarebbe presto abbattuta nella città.
Non pioveva spesso a Los Angeles, anzi, tutt'altro. Forse era Dio che si prendeva gioco di me, facendo piovere.

Continuai a guardarmi intorno, confuso. Bert mi aveva spedito direttamente nella stanza di quella ragazza, della quale non ricordai il nome.
Ci aveva pensato che quella poveretta magari si stava cambiando? Sarei apparso in camera sua, così a caso.
Mi avrebbe tirato qualcosa, proprio come fa quell'anziana fuori di testa con il marito.
Avrei gradito l'assenza di lanci di oggetti, almeno in questo posto. Mi bastavano in quel manicomio.

Camminai avanti ed indietro alcune volte, tenendo la testa bassa. Appoggiai le mani contro la sedia in pelle ed osservai una foto, che si trovava sulla scrivania. Era della ragazza che avrei dovuto aiutare. Teneva in mano quello che sembrava un trofeo, di non so cosa. Doveva sicuramente essere qualcosa da secchioni, poiché vi era disegnato sopra un pigreco. Era un pigreco quello, vero?
Lei aveva un sorriso larghissimo, che le formava delle fossette sulle guance. Aveva i capelli sciolti e piastrati e quei grossi occhiali sistemati sul naso.

Sentii un creepitìo alle mie spalle. La porta venne aperta ed io mi voltai, con gli occhi spalancati. Merda, le cose sarebbero finite male.
La ragazza entrò nella stanza, a testa bassa. Si tolse la borsa dalla spalla, chiudendo la porta nuovamente ed alzò la testa. Quando mi vide spalancò a sua volta gli occhi. Notai che trattenne il fiato e fece un passo indietro.
"Che fai in casa mia?! Vattene! Oh Dio mio, come hai fatto ad entrare?!" Urlò la ragazza, in preda ad una crisi di panico. Indietreggiò ancora, afferrando la maniglia della porta, pronta a scappare, se avessi fatto qualcosa.
Mi voltai verso di lei completamente e pensai alla cosa giusta da dire. Non c'era niente di giusto da dire!
"Aspetta, non è come..." Non finii la frase, siccome la ragazza mi scagliò contro la sua borsa. Per la paura, usai uno dei poteri che mi era consentito usare ed essa mi passò attraverso, sbattendo contro la finestra.
Osservando la scena e ciò che era appena successo, la ragazza urlò, spaventata.
Corsi da lei e le coprii la bocca con la mano.
"Ti supplico, non urlare!"
Lei si divincolò dalla mia presa e con la schiena colpì la porta.
"Cosa... perché... oddio, sono impazzita..." Borbottò lei, passandosi le mani fra i capelli, mordendosi il labbro inferiore.
"No, ti assicuro che non lo sei." Risposi al suo discorso sussurrato, che sembrava più rivolto a se stessa.
"Sono impazzita, eccome! Vedo Ross Lynch in camera mia, che è stato trapassato dalla mia borsa. Sono totalmente impazzita!"
Mi mordicchiai l'interno della guancia, sentendo la mia carne fredda. Socchiusi appena gli occhi, per mantenere la calma e non gridare dalla frustrazione.
Riportai la mia attenzione sulla ragazza, che si stringeva le braccia intorno alla vita. La sua testa era rivolta verso il pavimento e tremava paurosamente.
Nonostante trovassi tutta questa situazione ridicola, mi dispiacque per lei e per la situazione nella quale si ritrovava.
Mi avvicinai a lei. In tutta risposta, lei si strinse più forte, diventando ancora più piccola.
Allungai la mano verso i lei e con la punta delle dita le sfiorai il dorso della mano sinistra. Lei trattenne il respiro rumorosamente ed alzò lentamente la testa. Fece scorrere lo sguardo lungo il mio petto, risalendo fino ai miei occhi.
"Tranquilla, va tutto bene." Dissi piano, cercando di tranquillizzarla.
"Che fai... come... non..." Non completò la frase.
La sua reazione era stata piuttosto comprensibile.

Another Chance || A Raura Fanfic.Donde viven las historias. Descúbrelo ahora