Giorno 30

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3.

Dopo il Praimfaya: giorno 30


CLARKE


Fa una smorfia mentre mastica quell'intruglio rivoltante. Era riuscita a trovare una piccola cantina con del cibo in scatola. Lì nel laboratorio di Becca. Razionava il cibo il più possibile. I monitor erano ancora spenti e non si fidava ancora a mettere il naso fuori.

Era sopravvissuta, aveva il sangue nero. Ma era debole e stanca.

Davvero stanca.

Si sentiva come se le sue energie non potessero mai ripristinarsi. E soprattutto, Clarke si sentiva sola.

Un mese, solo un mese in solitudine e già si sentiva impazzire.

Era diverso rispetto a quando aveva lasciato Camp Jaha dopo il disastro di Mount Weather. Lì sapeva che li avrebbe trovati, se solo avesse voluto. Se solo fosse tornata indietro.

Ora invece non poteva vedere nessuno. I suoi amici potevano essere benissimo morti nello spazio, così come sua madre e gli altri nel bunker.

"Devi avere speranza" si diceva, ogni giorno "Devi essere forte".

E quando sentiva questa speranza vacillare, afferrava il walkie talkie. Una, due, venti, trenta volte al giorno: Clarke afferrava tutto il materiale e parlava a Bellamy, con la speranza che lui le rispondesse. Aveva provato anche a contattare sua madre, ma nemmeno lì era stata fortunata.

«Bellamy...» comincia a dire, «se mi senti, vuol dire che sei vivo. E ho bisogno di sapere che tu lo sia. Sono passati 30 giorni dal Praimfaya e ancora non ho sentito nessuno. I monitor sono silenziosi... beh, un po' tutto è silenzioso qui, in realtà»

Si interrompe, trattiene un sospiro doloroso.

«Bellamy... ascoltami. Ho bisogno di te. Ti prego, torna da me, ti prego. Non posso farcela da sola. Non per cinque anni»

Una risata isterica le affiora alle labbra.

«La grande Wanheda... che ridere eh? I Grounder riderebbero fino alle lacrime se mi vedessero qua, rannicchiata e in attesa di qualcuno»

Si asciuga una lacrima, diventa sempre più difficile evitare che il dolore e la paura esplodano.

«Bellamy... ascoltami, c'è una cosa che devo dirti. Grazie per aver seguito il mio consiglio e di essere partito senza aspettarmi. Hai fatto la cosa giusta. Hai usato la testa, proprio come ti avevo detto. Se non l'avessi fatto, saresti morto tu e sarebbero morti gli altri. So che sarà difficile per te, ma non sentirti in colpa, ti prego. Hai fatto la cosa giusta»

Stavolta non riesce a non piangere.

«Bellamy, ho fatto di tutto per sistemare la parabola e farvi avere l'elettricità, te lo giuro. Ti giuro, Bellamy, ci ho provato. Te lo giuro. Dimmi che ce l'ho fatta, dimmi che siete vivi. Bellamy, rispondimi, ti supplico. Non posso stare senza di te. Non posso farcela»

Chiude la comunicazione, le lacrime tagliano il suo viso come coltelli.

E se fosse sopravvissuta per niente? Se i suoi amici fossero morti nello spazio per colpa sua? Se non fosse riuscita ad attivare la corrente? Si, il display aveva detto che si era connessa ma poi tutto era diventato buio.

Fa un respiro profondo. Riesce a riacquistare il controllo.

Il segnale era diventato verde, proprio come aveva detto Raven. Erano vivi.

2199 giorniWhere stories live. Discover now