Lydia deglutì osservando la copertina della sua vecchia copia de "Il piccolo principe", il suo libro d'infanzia preferito.

Stiles si mise al suo fianco ed aprì il libro nella prima pagina, dove c'era una dedica con una grafia abbastanza infantile.

A Stiles

Riprenditi presto, è triste non giocare insieme.
-Lydia

Lydia sorrise rileggendo la sua vecchia dedica, ricordando il giorno in cui gli aveva regalato il libro.

"Ricordi che tuo padre ce lo leggeva sempre giù al mare, perché era il tuo libro preferito?"

La giovane annuì, riportando alla memoria ogni singolo pomeriggio al mare.

"Dicevi sempre di essere la volpe, perché solo se qualcuno ti addomesticava allora gli davi ascolto."

E così era.

Lydia, per "addomesticare", non intendeva il dipendere da qualcuno, ma ne parlava in un significato più profondo, in quello che se ne dava nel libro.

La rossa, fin da bambina, pensava che per una persona importante sarebbe potuta essere migliore, legandosi all'affetto che provava, poiché secondo lei ognuno di noi poteva scegliere di migliorare, di amarsi, di imparare, partendo semplicemente dall'amore nei confronti di qualcun altro.

Lei era una volpe, ed aveva solo bisogno di un amico: addomesticare significa creare legami.

Stiles continuò a sfogliare una pagina dopo l'altra, riconoscendo le illustrazioni e riconducendole ai suoi pomeriggi d'infanzia, e il tempo passò senza che nessuno dei due se ne accorgesse.


Otto anni prima.

Erano due settimane che la piccola Martin non poteva vedere il suo amico, né a scuola, né altrove, e ormai si sentiva sempre un po' sola quando ogni pomeriggio tornava a casa.

Prima di rientrarci, però, passava sempre a casa di Stiles per chiedere a Claudia come stesse.

"Ha la febbre e le macchie rosse." le rispondeva sempre, Lydia allora gli faceva consegnare la sua merendina al cioccolato, che a scuola non stava più mangiando per darla a lui, e poi andava via.

Un pomeriggio, Claudia le disse che poteva salire a trovarlo, allora Lydia passò per casa, prese la sua copia de "Il piccolo principe", il suo librò preferito, ed andò da lui.

"Stiles, sei sveglio?"

Claudia si affacciò dalla soglia aprendo la porta lentamente, per constatare se il figlio fosse sveglio o no.

Lydia sbirciò da dietro la spalla della donna tenendo il libro stretto a sé e, quando si accorse che Stiles stava leggendo ed era sveglio, tirò un sospiro di sollievo.

Stiles si girò verso la madre, distogliendo lo sguardo dalle pagine, quando notò una chioma rossiccia comparire da dietro le sue spalle.

"Posso entrare?"

Stiles le sorrise e le fece cenno d'entrare, così Claudia salutò i due bambini e scese giù in cucina, per preparare la cena.

"Allora, come stai?"

Gli occhi del bimbo erano contornati da delle leggere occhiaie, il viso, nonostante fosse pallido, presentava delle scocche rosse a causa della febbre e ancora qualche macchiolina rossiccia qua e là.

"Sto meglio, la febbre è scesa. Ma tu non dovresti stare qui, è una malattia contagiosa, sai?"

"La mamma mi ha detto che io ho già avuto questa malattia, quindi potevo venire. E poi scusa, che significa contagioso?" chiese nell'ingenuità dei suoi otto anni.

"Significa che si trasmette facilmente agli altri, l'ho letto in un libro di papà."

"Quello grande con tante parole, il vocabolario?"

A Lydia i vocabolari all'epoca piacevano molto, poiché se trovava una parola di cui non conosceva il significato, la cercava e la capiva subito, e poi non la scordava più.

"Sì, proprio quello."

Stiles sorrise per il suo entusiasmo e si riportò gli occhiali in alto con l'indice, poggiando "L'Isola del Tesoro" sul comodino per prestarle attenzione.

"Guarda che ti ho portato, Stiles."

Lydia prese il libro, che era stato poggiato dietro la sua schiena, e glielo lasciò tra le mani, in modo che potesse leggerlo.

Stiles si grattò una delle pustolette rossastre, nonostante la mamma gli avesse detto di non farlo, ed aprì il libro alla prima pagina; notando una dedica della piccola, la lesse.

A Stiles

Riprenditi presto, è triste non giocare insieme.
-Lydia

"Vuoi darmi il tuo libro preferito?"

Il bimbo si rigirò il libro tra le mani, sfogliando qualche pagina per vedere le illustrazioni e, a dire il vero, quella dedica l'aveva un po' rassicurato, perché anche lui s'era sentito molto solo senza poterla vedere.

"Sì, a casa ne ho un'altra copia, questa però ha i disegni più belli."

Lydia si stese al fianco di Stiles, con la schiena poggiata sul cuscino rialzato, ed i due insieme cominciarono a sfogliare le pagine.

"Guarda, la volpe!"

La giovane Martin indicò l'animale fieramente e, cercando di imitarla, pose le sue dita sul proprio viso come fossero lunghi baffi.

"Non siamo due gocce d'acqua?"

"Sì, siete arancioni uguali."

Lydia gli fece una linguaccia, i due poi cominciarono a leggere quel capitolo che tanto la bimba adorava.

"Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini.
E non ho bisogno di te.
E neppure tu hai bisogno di me.
Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi.
Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro.
Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo [...] Gli uomini hanno dimenticato questa verità.
Ma tu non la devi dimenticare.
Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato."

La bimba si girò verso il suo amico, guardandolo mentre leggeva, e pensò che addomesticare qualcuno era una grande responsabilità, eppure loro l'avevano fatto l'uno con l'altra.

S'erano incontrati, capiti, ed ora lui aveva bisogno di lei, come lei aveva bisogno di lui, e Lydia lo sapeva, perché nella sua vita non aveva mai avuto un amico come Stiles.

Erano responsabili l'uno per l'altra e, appena ci pensò, Stiles finì il capitolo e lesse le ultime parole della volpe: "Non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi."

In quel momento, l'essenziale era visibile ai suoi occhi.

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