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Ed ecco che il giorno tanto atteso per cui non dormii la notte, solo immaginando il mattino seguente in cui ti avrei rivisto, arrivò. Mi alzai dal letto di corsa, con uno strano sorriso sul volto misto a preoccupazione. Corsi nel nostro posto e vi arrivai col fiatone. Ma tu non c'eri.
Mi allarmai, urlando a gran voce il tuo nome. Ma tu non mi risposi.
Mi affacciai dall'altro lato della siepe, sperando fosse solo uno scherzo e che tu saresti sbucato da un momento all'altro con un sorriso, facendomi prendere un infarto. Lo sperai, sì, ma non successe. Non c'era nessuno, era tutto desolato. Come se non ci fosse mai stato nessuno, come se mi fossi semplicemente immaginato ogni cosa.
Ma no, non mi ero immaginato nulla, tu eri esistito per davvero. Ed io questo lo sapevo. Le emozioni che mi facevi provare, la gioia di sentirti cantare, di vederti felice, di parlare con te. Era tutto vero.
E allora che fine avevi fatto, Jimin?
Tornai a casa dispiaciuto, avevo il morale a terra ma i miei genitori non se ne accorsero. Non importava niente di me a nessuno, e questo lo sapevo, me ne ero fatto una ragione, quindi non ci diedi peso più di tanto.
Entrai velocemente in camera mia e corsi al davanzale della finestra, per vedere come stava il nostro fiore. Stava appassendo piano piano Jimin, nonostante le mie cure, nonostante le ore passate ad osservarlo.
Pure quella fu una notte insonne. Il mattino seguente mi svegliai di buon'ora per raggiungerti, ma neanche quel giorno c'eri, e così durò per circa una settimana.
