Drunk in Love

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Mercoledì 19.19
"Il momento in cui un uomo si interroga sul significato e sul valore della vita, egli è malato, dato che oggettivamente non esiste nessuna delle due cose; col porre questa domanda uno sta semplicemente ammettendo di avere una riserva di libido insoddisfatto provocata da qualcos'altro, una specie di fermentazione che ha condotto alla tristezza e alla depressione."

'Vaffanculo.' Sbotto.

Lancio il libro lontano e prendo il telefono dalla tasca della felpa.

'Non riuscirò mai a dare questo cazzo di esame', odio Freud e il suo avere sempre ragione.

Quando ho scelto di studiare Psicologia ho messo in conto tutte queste cose. L'ho fatto sul serio.
Una lunga lista mentale di tutti i pro e i contro. In cima ad essa, la mia malattia.
È assurdo pensare che sia stata proprio quella a convincermi di potercela fare.

Non mancano i periodi di grande sconforto. Quelli in cui mi è difficile sperare e vorrei solo spegnere tutto.
Per questo motivo cerco di prendere le cose un giorno alla volta e, quando un giorno sembra essere troppo, un'ora alla volta.

'Minuto per minuto' sussurro sovrapensiero.

Impulsivamente digito un messaggio.

A: Isak Kosegruppa
-Come stai?-

Lo scrivo e con la stessa foga lo cancello.
Non posso commettere passi falsi. Non dopo tutto questo tempo.

Non ho mai creduto alla cazzata del 'se ami qualcuno rendilo libero'. Mai prima di Isak.
Ad un certo punto e senza rendermene conto però, la sua felicità contava più di qualsiasi altra cosa. Più della mia.

Lo amo. Voglio dire, in fondo l'ho sempre amato.
E so che anche lui ricambiava. Un sentimento puro ed innocente come i suoi diciassette anni.
Potevo percepirlo dal suo modo di stringermi quando le cose andavano davvero male, dentro la mia testa. Petto contro schiena per ripararmi dal freddo. Respiri sospesi nell'attesa di un bacio pieno di timore, ma anche di amore.
L'ho desiderato con tutto me stesso, nonostante la consapevolezza che non sarebbe bastato.
Non posso davvero pensare di rendere felice qualcuno se spesso mi guardo allo specchio e non so chi sono.

Asciugo una lacrima che scorre malinconica fino all'angolo della mia bocca.
Una doccia fredda è quello che ci vuole per tornare con i piedi per terra.

Sono le 22.22 quando arrivo alla festa.
La musica assordante risolleva subito il mio cattivo umore, così ordino un drink e mi dirigo verso il gruppo di persone che ho riconosciuto a bordo pista.

'Even, non contavo di vederti.' La biondina mi getta le braccia al collo.

'Sarah! Come procede la serata? Ho sfanculato Freud e ho deciso di farmi due drink. Stavo letteralmente impazzendo.'

'Come darti torto!
Dicevo, la festa è fantastica ed io sono davvero troppo ubriaca per stare ferma. Andiamo in pista, SEGUIMI.'

'Ho finito la scorta', sollevo e scuoto il bicchiere vuoto.
'Vi raggiungo subito' le sorrido mentre mi riavvio verso il bancone del bar.

Butto giù il mio terzo gin tonic. Tutto d'un fiato.
Sento il liquido bruciarmi in gola e la testa farsi più leggera.
Così passo al rum. Il contrasto tra i due sapori rischia di soffocarmi.

Entro in pista sulle note della versione remixata di 'Drunk in love'. La calca di gente è impressionante e, nell'aria, prevale l'odore di alcol e sudore. Mi avvicino agli altri sorridendo, poi chiudo gli occhi e mi lascio trasportare dalla musica.

'Ti sta mangiando con lo sguardo.'

'Cosa?'

'Ho detto che non ha smesso di fissarti da quando sei arrivato.'

'Sarah, non capisco a chi ti riferisca.'

'Voltati!' Posa le sue mani sui miei fianchi e mi gira verso di lui.

Rimango incantato.

Occhi e capelli scuri a valorizzare la pelle chiara.
Bocca semiaperta in un sorriso in cui si intravedono i denti bianchissimi.
Camicia di lino bianca a fasciare il suo torace muscoloso.
Il viso arrossato e la fronte imperlata di sudore a rendere il tutto ancora più sensuale.

Sorrido imbarazzato mentre si avvicina disinvolto. Posso sentire il suo respiro sul mio collo.
Non smette di fissarmi, neanche mentre mi sussurra all'orecchio.

'Ti va di ballare?' La sua lingua gioca col mio lobo.

Sento ogni fibra del mio corpo elettrizzarsi a quel contatto.
Inebriato dall'alcol inizio a muovere i miei fianchi verso di lui, come un automa.

La musica cambia mentre le sue mani scorrono lente sul mio corpo.
Dai capelli alle spalle.
Dalle spalle alla schiena.
La sua bocca sulla mia gola.

"...And I wanna kiss you, make you feel all right"

Le nostre lingue si scontrano in un bacio poco casto.

"I'm just so tired to share my nights..."

Un'emozione intensa ma fugace, che si dissolve dopo pochi attimi.

"...I wanna cry and I wanna love, but all my tears have been used up"

Un senso di vuoto si insinua dentro di me.
Mi sento stupido ed inadeguato.

'Io-non so cosa sto facendo-devo andare-perdonami' interrompo bruscamente quel contatto.

'Aspetta!' Mi afferra il braccio.
'Dimmi almeno il tuo nome.'

'Adrian-Adrian Eksett' mento.

Mi volto e, senza ascolare la sua risposta, mi dirigo verso l'uscita.

L'aria gelida della notte mi colpisce in pieno volto, come uno schiaffo. Sul muretto davanti all'ingresso, un gruppo di ragazzi ride e fuma marijuana. Sembrano felici.

Percorro a piedi l'intero isolato, senza una meta precisa. La luce dei lampioni si riflette sulla strada deserta. L'unico rumore è quello dei miei passi.

Sbronzo. Infreddolito. Triste. Ferito. Solo.

Solo, con tutti questi miei pensieri.
Pietrificato, mentre realizzo di trovarmi sotto casa di Isak.

'Che cosa sto facendo?', esclamo mentre mi accascio a terra esasperato. Testa fra le mani.

'E-Even?!'

Sento una voce in lontananza...

THE BOY WHO COULDN'T HOLD HIS BREATH UNDERWATERWhere stories live. Discover now