II. Missione di recupero

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Ore 22:37, vicino al carcere di Racket City_

<Dove stiamo andando, Al? Camminiamo da molto.>
L'adolescente bionda si fermò un attimo, il petto scosso dagli ansimi.
Quella salita era piena di sassi, cespugli e rami caduti.
Già diverse volte aveva rischiato di perdere l'equilibrio mentre i suoi due amici non sembravano sentire la fatica.
<Eh sì> disse uno dei due, fingendo di controllare l'ora sull'orologio da polso. <Stiamo camminando da ben 15 minuti. Dovrebbero farci uno show di sopravvivenza> continuò a schernirla.
La ragazza gli diede uno spintone, ma il corpo massiccio non si spostò di un millimetro. Il gesto non fece che ingrandire il ghigno sul volto del ragazzo.
<Finitela!> urlò il ragazzo davanti a loro, senza prestargli tanta attenzione.
Si era fermato a fissare le ombre del luogo fino a quando non riuscì a distinguere la sagoma di quello che stavano cercando.
<Siamo arrivati> enunciò riprendendo a camminare.
La ragazza brontolò dietro di loro e li raggiunse sotto l'entrata della struttura distrutta. Ecco il carcere, macabro e avvolto dall'oscurità.
Gli adolescenti puntarono le torce davanti a loro.
La bionda deglutì terrorizzata. <Dobbiamo per forza?>
<Se hai paura ritorna pure a casa ad abbracciare il tuo orsacchiotto rosa> la schernì Al, superandola in un paio di falcate.
<E va bene, ma rimaniamo al piano terra>, girò attorno ad un masso caduto dalla struttura e raggiunse i due amici.
Si addentrarono nel carcere camminando tra le macerie. Dei cavi elettrici penzolavano dal soffitto come liane della giungla, la polvere e l'odore di umidità erano insopportabili e gli spifferi gelidi li faceva rabbrividire.
Tutto di quel posto li invitava ad andare via.
<Non c'è nulla da vedere> disse lei, <possiamo tornare a casa.>
Fece per girarsi quando venne bloccata dal suo amico, il quale l'aveva fermata per il cappuccio della felpa. 
<Hai fretta?>
Lei aprì la bocca ma l'altro la interruppe.
<Vediamo se possiamo andare in un altro piano e poi torniamo a casa.>

<Non è una buona idea. Per niente>, con le mani infilate nelle tasche in cerca di calore, la ragazza guardava male i due impegnati a forzare una botola arrugginita in mezzo al pavimento scheggiato e irregolare.
Finsero di non udirla e riuscirono ad aprire la botola usando un tubo d'acciaio trovato nelle vicinanze. Un fastidioso cigolio proveniente dalla ruggine della botola si espanse su tutti i piani dell'edificio abbandonato.
<Dopo di te> si inchinò scherzoso Al.
Mark lo precedette. Saltò giù per primo, seguito da Al e da una timorosa Chloe.
<Non è una buona idea> continuò a farfugliare come un mantra. Esplorarono il piano sotterraneo, tutto messo sotto sopra con i tavoli ribaltati, sostanze colorate rovesciate a terra, fiale ridotte in frantumi e fogli sparsi ovunque. Inoltre le pareti e il pavimento rigato erano macchiati di sangue.
Chloe sobbalzò quando delle piccole scintille esplosero dai cavi elettrici sopra di lei.
<A-andiamocene, ora!>
Non ricevette risposta. Li vide accovacciati per terra a fissare chissà cosa. <Ehi! Ho detto di andarcene!>
<Cos'è questa cosa?> chiese Mark.
<Non lo so. Non ho mai visto una cosa del genere.>
<Oh, santo cielo!> la ragazza li raggiunse con passo tremante, <che diavolo state guar- Ahh!> l'urlo si propagò sotto terra.


Due giorni più tardi, centrale di polizia, ore 14:22_

Scarlett attendeva suo zio nel suo ufficio.
Si era accomodata sulla sedia girevole, gambe distese con i piedi appoggiati alla scrivania. Una mano giocava distrattamente con una penna, facendola roteare tra le dita, e l'altra reggeva un caffè americano con zero zucchero e poco latte.
Il calore delle bevanda era molto piacevole e le riscaldò la gola.
Quella mattina si risvegliò con una leggera influenza, cosa che lo zio non mancò a fargliela pesare. 
Così impari a passeggiare tranquillamente sotto alla pioggia!, le disse già diverse volte in poche ore.
Scarlett alzò gli occhi al soffitto, in preda alla sonnolenza.
<Scarlett!>
Per poco non si rovesciò addosso il caffè. Si mosse veloce sulla sedia, sedendosi composta con una gamba accavallata sopra l'altra e lontane dalla scrivania. Riprese a sorseggiare il caffè, sollevata dall'averlo salvato.
<Sempre a urlare, eh zio?>, sentì qualcosa appiccicarle la mano e osservò truce i rivoli di caffè uscire dal coperchio.
<Lascia perdere quel caffè. Ho una missione->
<Sì, e io devo rimanere alla centrale. Buona buona, alla larga dai guai e da risse. Conosco la prassi, tranquillo.>
<Devi venire con noi in missione.>
Scarlett strabuzzò gli occhi rimanendo a bocca aperta, lo fissò come se gli stesse per spuntare un'altra testa
<Sei serio?>
<Se vuoi venire sbrigati, ma se vuoi restare quì...>, fece per chiudere la porta aspettando una risposta dalla nipote.
Si guardarono reciprocamente con lo stesso sorrisetto, poi lei scattò come un fulmine. Lo sorpassò contenta andando a prendere le armi di protocollo.
Bill chiuse la porta, con il caffè abbandonato sulla sua scrivania.
Scarlett stava prendendo l'equipaggiamento quando scoprì chi fossero gli altri agenti selezionati per la missione.
Li riconobbe all'istante: Jeysen Care e Brad Joan.
Li aveva conosciuti anni fa all'accademia di polizia ed erano gli unici che la trattavano come una di loro.
<Chi si rivede!> disse una sorridente Scarlett, andando ad avvicinarsi a Brad.
<Ho sentito di nuovo voci sul tuo calcio stordente. Brava ragazzina!>
Lui le scompigliò i capelli e lei, per ripicca, gli diede un leggero pugno sul braccio muscoloso.
<Ti ricordo che abbiamo la stessa età!>
<Ma io li porto meglio>, le fece la linguaccia e ridacchiò sentendo un grugnito da parte della ragazza. Alla risata si unì Jeysen, il quale aveva appena finito di prepararsi.
<Certaim.>
<Care.>
I due si strinsero la mano destra in segno di saluto.
<Vedo che siete quasi pronti>, Bill li raggiunse immediatamente e raccolse dall'armadietto il suo giubbotto antiproiettile.
Ognuno prese una pistola regolamentare, Brad prese il suo amato fucile mentre Jeysen, essendo anche un medico, mise un kit medico dentro uno zaino. Bill allacciò la fondina ascellare contente la sua Magnum e Scarlett invece quelle cosciali contenti le pistole doppie, inoltre aveva dei pugnali nascosti nei vestiti.
Una volta pronti, si misero in cammino.
<Allora... di che si tratta?> chiese Scarlett salendo nei posti di dietro della macchina, Jeysen occupò il posto a fianco. 
<Tre adolescenti sono scomparsi qualche notte fa> iniziò Bill mentre usciva dal parcheggio. <Dei loro amici hanno detto di averli sentiti parlare di una prova di coraggio. Sapete come si svolgono, no? Le solite prove stupide che coinvolgono case stregate o cimiteri in piena notte. Dei passanti dicono di avere avvistato degli adolescenti nei dintorni del carcere.>
La nipote alzò un sopracciglio, la bocca si contorse in una smorfia.
<E mi hai incluso nella squadra perchè conosco il posto, vero?> indovinò lei sentendosi offesa.
Lo zio le diede uno sguardo fugace attraverso lo specchietto, gli occhi azzurri lo fulminarono. <Affermativo> proferì fissando la strada.
Scarlett sbuffò e, una volta arrivati, scese con molta calma stendendo le gambe.
<Quanto odio le macchine della polizia. Sono molto scomode> mormorò.
<Se vuoi possiamo cambiarle con delle limousine, ma dubito che sia la scelta migliore per i culi dei criminali.>
Scarlett annuì alla logica di Brad e si ritrovò davanti al carcere.
Di giorno e da fuori è tutta un'altra cosa, pensò lei. Sebbene lo trovasse in ogni caso un luogo inquietante. 
La recinsione era completamente distrutta, i pochi fili rimasti si attorcigliavano alle caviglie delle persone abbastanza stupide da volerci entrare.
I pochi alberi avevano un che di spettrale, alcuni spogli in parte, e alcuni avevano dei rami privi di foglie. Sembravano che ti mostrassero la via per la morte.
Le ricordavano gli alberi dei film - cartoni di Tim Burton.
Neri, spettrali e forse anche vivi.
Il tetto dell'edificio crollò in parte, da esso si poteva vedere l'interno dell'ultimo piano con solo una parete e mezza ancora in piedi, il resto era finito ai piani inferiori portando le loro macerie fino al piano terra. Solo l'entrata e pochi metri del piano terra erano ancora accessibili.
<Pronti?> chiese il capitano Bill. Gli agenti annuirono, pronti, Scarlet sbadigliò con la mano inguantata davanti alla bocca.
<Andiamo.>

Ephimeral Brain - Chaos Where stories live. Discover now