«Wes te ne avrà dato sicuramente uno»
«Gli ho detto che non ci sarei andato, quindi no, non me ne ha lasciato nessuno, però...»
«Però cosa?»
«Ne ha lasciato da parte uno per te, e mi ha detto di dartelo nel caso fossi venuta a cercarlo» non sapevo cosa pensare, perchè credeva che sarei venuta a cercarlo?

Decisi di lasciar perdere le mie elucubrazioni per dare libero spazio ai miei istinti irrazionali, così aspettai che Sean mi andasse a prendere il biglietto e non appena me lo porse sfrecciai fuori dalla porta, diretta verso la macchina.
Il buio fuori inghiottiva tutto tranne dove la luce artificiale dei lampioni ancora imperterrita faceva il suo dovere. L'aria era fin troppo fresca e l'asfalto vivido un po' troppo familiare.

Erica guidava con tutta la calma del mondo. Prese anche qualche strada sbagliata anche se conosceva la cittá come il palmo della sua mano. Sicuramente lo faceva di proposito per guadagnare tempo nella speranza che io mi calmassi e decidessi di tornare a casa. Sfortunamente al tempo ero troppo testarda per notare quelle accortezze e seguire i suoi consigli.
Huan, invece, non smise per un  secondo di parlare del carcere, quella ragazza non aveva tutte le rotelle a posto, ne sono convinta tuttora.

Il luogo dove si giocava la partita era poco distante dall'università. Non sarà stato il Millenium Stadium né il Newlands, ma era un palazzetto abbastanza grande da contenere parecchi tifosi incalliti. C'era sempre stata una grande rivalità con la squadra di rugby dell'università di Newport. Wes era eccitatissimo per l'evento, ne parlava in continuazione.
Come diavolo avevo fatto a dimenticarmene?

Arrivammo quando ormai l'arbitro aveva suonato il fischio d'inizio da almeno mezz'ora buona, così trovai il mio posto a suon di gomitate e strattoni. Entrai nel bel mezzo di una mischia e un signore vicino a me non smise di imprecare per un solo secondo.

Distoglievo continuamente lo sguardo dal campo per fissare il contrasto tra la mia pelle e la gonna scura. La luce chiara e artificiale dei riflettori mi dava parecchio fastidio agli occhi. Perchè ero lì? Valeva davvero la pena rovinare quel momento così importante per Wes?

In fondo non ero nemmeno sicura che fosse stato lui; era molto probabile, ma non certo.
Avevo persino lasciato le ragazze ad aspettarmi di fuori.
Incrociai le mani sulla ringhiera di ferro davanti a me incatrando la mia fronte tra di esse per godermi il cemento e le bottiglie di vetro verde vicino ai miei piedi. Cercai con tutte le mie forze di pensare razionalmete a tutto ciò che stava succedendo.

«Non te la prendere bambina, non era serata»  mi rincuorò il mio vicino pensando che fossi abbattuta per le sorti della partita.
A quel punto le mie intenzioni si erano già tutte sgretolate.
Decisi che gli avrei parlato, ma con molta calma e chiedendogli semplicemente conferme. Nessuna scenata era più prevista.

A cinque minuti dalla fine decisi di andarlo ad aspettare nello spogliatoio, la partita ormai era persa e non aveva senso rimanere fino all'ultimo fischio.
Ero seduta su una delle panchine di legno chiaro davanti alla porta quando cominciai a sentire un vocio farsi sempre più nitido e vicino. Erano loro, e da quello che si poteva evincere erano parecchio demoralizzati da quella sconfitta.

Seth fu il primo a entrare e quando mi vide si girò per guardarsi alle spalle sapendo che Wes era proprio dietro di lui. La polo nera era completamente devastata e il bianco candido dei pantaloncini era ormai solo un lontano ricordo.
Non appena il suo sguardo incrociò il mio divorò la distanza che ci separava per stringermi in un abbraccio talmente forte che mi mancò per un attimo il fiato.

«Lo sapevo che saresti venuta, ti prometto che la prossima li stracceremo» mi disse posandomi una mano sui capelli.
«Toglimi subito le mani di dosso»
Wes seguì il mio consiglio facendo un passo indietro per guardarmi, ma i miei occhi erano ormai concentrati sugli altri membri della squadra che stavano varcando la porta proprio in quel momento.

Solo quando tutti ci oltrepassarono per entrare nello spogliatoio focalizzai di nuovo la figura di Wes.
«Non ti basta Kate, vero? Vuoi anche non dovermi più vedere?»
Il suo viso si pietrificò in un espressione di perplessità.
«Ma di cosa stai parlando?»
«Andiamo, pensavi davvero che nessuno mi avrebbe detto quelo avevi intenzione di fare?» tornai a fissare oltre le sue spalle.

«Aspetta un attimo. Questo era proprio quello che volevi! Urlarlo ai quattro venti così che io venissi fin qui a farmi umiliare davanti a tutti per l'ennessima volta, non è vero?»
«Non ho idea di cosa tu stia parlando» Il suo tono aveva completamente cambiato rotta, diventando freddo e impassibile.
«Darmi della poco di buono davanti a tutto il corso per poi lasciarmi un biglietto per la partita, ti sembra normale Wes?»

«Io non ho fatto nulla di simile. Si, ti ho lasciato il biglietto, ma solo perchè ero convinto che ti importasse ancora qualcosa di me» si passò una mano su un piccolo taglio del labbro inferiore che probabilmente si era procurato durante la partita. Continuava a fissare il sangue che gli aveva inevitabilmente sporcato le dita.

«Evidentemente mi sbagliavo»

No, non poteva farmi passare per la strega malefica di turno perchè era lui che mi aveva portato a quel punto, stavo per ribattere quando il mio telefono cominciò a squillare. Lo tirai fuori dalla tasca, un po' sollevata per quell'interruzione che mi avrebbe dato la possibilità di riflettere sulla mia risposta perchè a dire il vero non è che avessi grandi idee. Mi allontai di qualche passo da Wes dandogli le spalle. 

«Papa?»

«Bianca, sono quattro volte che ti chiamo» la voce filtrata dall'altra parte appariva veramente preoccupata,
«Era in modalità silenziosa, ora sono tutta orecchi» mio padre non chiamava mai per semplici domande di circostanza quindi c'era una notizia in arrivo.
«Tua madre vuole parlarti» e dov'era la novità? Chiamava tutti i giorni, ma io non rispondevo mai lasciando sempre che facesse amicizia con la voce registrata della segreteria.

«Dille che ho il telefono rotto e che la richiamerò non appena avrò tempo» ovvero mai se Dio voleva, ma questo evitai di precisarlo.
«Non hai capito, tua madre è a Swansea e con lei c'è anche Trevor» l'aria mi morì in gola e per un'attimo ebbi paura di essermi dimenticata come si respirasse.
«Bianca sei ancora lì?» la voce di mio padre continuava a richiamarmi.
Tutta quella giornata si era ridotta a quell'ultima frase. Non volevo più vedere quella donna in vita mia e lei si presentava proprio ora per fare il suo dovere e ricordarmi che le cose possono sempre andare peggio.

Legami a idrogenoWhere stories live. Discover now