Capitolo 24

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Quando ero piccola, amavo nascondermi su di un albero, non uno qualunque, un albero ben preciso, su cui incisi anche le mie iniziali sul suo tronco.

I rami si incatenavano tra di loro mescolandosi con le foglie mosse più e più volte dal vento, o come definivo io, le accarezzava, formando, in questo modo, un maestoso intreccio che nascondeva qualunque cosa, anche l'esile corpo di una bambina, che si rifugiava su di esso pur di sfuggire al mondo esterno.

Lì sopra, che accarezzando le foglie il vento accarezzava anche i miei lunghi capelli castani, spesso fermati da un fiocchetto rosso, sentivo che qualunque cosa, bella o brutta che sia, sarei riuscita ad affrontarla.

Un giorno, però, nel tentativo di spingermi più in cima, l'equilibrio sfuggì, facendo aderire, in questo modo, tutto il mio corpo, e la schiena in particolare, al suolo duro e bagnato a causa delle piogge.

Un dolore lancinante partì dalla spina dorsale fino a raggiungere in poco tempo ogni parte del corpo.

I polmoni sembravano completamente vuoti, privi di ogni minima parte di aria che sembrava uscire anziché entrare, ed in questo momento, sulla soglia di casa e la porta di casa, ciò che provo è esattamente lo stesso.

Improvvisamente vorrei gridare, vorrei prendere il dolore che mi sta lancinando il cuore e buttarlo fuori sotto forma di urla, per poi scappare e rifugiarmi su di un albero immaginando che tutto questo non sia mai successo, ma la voce rimane rintanata nella mia gola e le gambe, improvvisamente immobilizzate, rimangono ferme.

"P-posso entrare?" Quasi a fatica riconosco la sua voce, dato che dopo molti anni, quel suono era quasi scomparso.

"Si." Rispondo, e a fatica, riconosco anche la mia.

Quando la mia risposta le arriva alle orecchie, alza il capo che fino a poco tempo fa aveva tenuto chinato e sulle sue labbra, si forma quello che a me sembra l'ombra di un sorriso, ma lo china di nuovo dopo aver incontrato i miei occhi, e di sicuro, dopo averci letto emozioni troppo forti per lei.

Con mille domande in testa, le faccio strada, indicandole con un semplice cenno della mano la poltrona su cui lei prende posto, e poco dopo, la seguo anche io, sedendomi sul divano di fronte a lei.

Quello che segue, è un silenzio quasi straziante, in cui le domande che continuano a girarmi in testa vorrebbero uscire, ma la voce bloccata nelle corde vocali me lo impedisce.

"È davvero una bella casa." Commenta dopo molti minuti di silenzio per cercare, in questo modo, di romperlo, ma con scarsi risultati.

"Già." Mi limito a rispondere, quasi stupita dal suo tentativo di instaurare una conversazione.

"Di sopra ci sono le camere da letto?" Continua a chiedere velocemente.

"Per quale motivo sei qui?" Le parole escono dalla mia bocca prima che io possa fermarle.

Il tono freddo che ho usato la colpisce particolarmente e ciò riesco a notarlo dal suo cambio d'espressione, ritornata di nuovo come prima.

"Io, ecco..." Inizia a torturarsi le mani nervosamente nel tentativo di trovare le parole adatte. "Sono qui perché dovrei dirti una cosa, una cosa molto importante, che avrei dovuto dirti un po' di tempo fa."

"Non abbiamo nulla da dirci." Mormoro a denti stretti e con tono basso.

"Si invece." Ribatte, ma prima che io riesca a risponderla, mi pone una domanda del tutto inaspettata. "Perché sei scappata via?"

Ciò fa scattare qualcosa in me, e faccio appello a tutte le mie forze pur di non urlarle contro. "Hai anche il coraggio di chiederlo?"

"Abbiamo cercato di dare una risposta a questa domanda per tutto questo tempo, ma invano."

You seth my heart on fire || Federico Rossi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora