Capitolo 8

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Mi sveglio con la solita sensazione di nausea che ormai accompagna ogni mio risveglio da una settimana.

La porta della camera da letto è completamente vuota e il lato sinistro del letto è vuoto e freddo, ma un odore di pancake e caffè si infiltra nelle mie narici prima che io riesca a mettere piede fuori dal letto.

Mi spingo verso le scale con fatica e le inizio a scendere con lentezza, il giramento di testa che insieme alla nausea mi accompagna da una settimana e mi costringe a scenderle con una mano poggiata al muro per evitare di cadere.

Dalla porta socchiusa della cucina l'odore è sempre più intenso e sento la nausea ritornare.

Entro a piccoli passi nella stanza dove trovo Federico intento a preparare dei pancake al mirtillo.

Prendo posto su una delle quattro sedie foderate da cuscini bianchi abbinate a un tavolo chiaro di legno, dove ad aspettarmi c'è un bicchiere d'acqua e un succo di frutta all'arancia entrambi in bicchieri trasparenti.

Iniziò a sorseggiare l'acqua a piccoli sorsi e quasi mi sento sollevata quando il mio stomaco non sembra rifiutarla.

"Buongiorno." Alzo lo sguardo e lo vedo dirigersi nella mia direzione con due piatti tra le mani.

Ne posa uno davanti a me e solo a guardarlo sento la nausea farsi sempre più prepotente ma distolgo lo sguardo, posandolo sul suo viso a pochi centimetri dal mio.

"Come ti senti?"

"Malissimo." Poggiò la testa sulla sua spalla e chiudo gli occhi, godendomi la sensazione delle sue mani calde a contatto con la mia pancia che sembra quasi rigenerarmi.

"Come va adesso?"

"Molto meglio." Rispondo sinceramente.

"Ho preparato questi pancake prima." Li indica. "Ho pensato che magari ti andava di mangiare qualcosa. Ti va di provarne qualcuno?"

Al solo pensiero di mettere qualcosa nello stomaco rabbrividisco, ma penso a quanto amore ha impiegato per prepararli e questo mi da la forza di prendere in mano la forchetta.

Ne mangio un pezzo masticandolo meccanicamente e mi costringo a mandarlo giù.

Mangio un altro pezzo. Poi un altro. Poi un altro ancora, ma quando sto per infilare in bocca l'ultimo pezzo, sento che mi sta ritornando su.

Corro al piano di sopra fino al bagno, dove mi inginocchio e vomito tutto ciò che c'era nel mio stomaco nel water.

Sento a malapena le sue mani tenermi i capelli e accarezzarmi la schiena quando un conato mi investe, le lacrime che si accumulano nei miei occhi dal dolore.

Le sue mani mi prendono da sotto le braccia e mi alzano in piedi, avvicinandomi fino al lavabo, lavandomi la bocca e il viso, dove le occhiaie che sfumano verso il rosso e cerchiano i miei occhi sono sempre più evidenti.

Appoggio la schiena alle piastrelle bianche e lisce e scivolo in basso, appoggiando la testa sulle ginocchia e circondandole con le braccia.

Le sue dita leggere mi scostano i capelli dal viso e lo accarezzano leggermente.

In quel momento un profondo senso di colpa mi assale pensando a ciò che è successo poco fa.

Incontro i suoi occhi nel momento in cui una lacrima solca il mio viso, ma che lui prontamente asciuga con il pollice, senza smettere di accarezzarlo.

"Scusami." La voce bassa e appena udibile. "So quanto impegno hai impiegato per prepararli."

"Non devi scusarti di nulla, la colpa non è la tua."

Un'altra lacrima scende dai miei occhi e affondo il viso nel suo petto, stringendo tra le mani il tessuto della maglia che indossa.

Federico aspetta che io mi sia calmata del tutto prima di prendere il mio viso tra le sue mani e incastrare i suoi occhi nei miei.

"Ascoltami. Prima ho chiamato il medico e ho preso un appuntamento per una visita questa mattina.
Questa cosa sta iniziando a diventare preoccupante e lui ti darà qualcosa per guarire. D'accordo?"

La sua espressione è quasi supplichevole e io mi limito ad annuire.

"Bene. Avviso la scuola per avvisare che questa mattina non andrai al lavoro."

Si alza e esce dal bagno, rimanendomi lì, da sola.

"Sei sicura di voler andare da sola? Non è un problema chiudere lo studio per una mattina."

"Tranquillo, posso andare anche anche da sola e non voglio farti tenere lo studio chiuso per colpa mia."

"Ne sei proprio sicura?"

"Sì, ne sono sicura." Gli sorrido per rassicurarlo.

"D'accordo." Sospira rassegnato. "Ma al termine della visita chiamami, voglio sapere ciò che il medico ti ha detto."

"Certo. Ora però devo andare, altrimenti perdo l'appuntamento e devi andare anche tu."

Lo saluto con un bacio prima di dirigermi verso la macchina.

Guido per le vie trafficate del centro di Modena fino a che arrivo a destinazione.

Entro nella sala d'aspetto, trovandola stranamente vuota.

Prendo posto su una delle sedie rosse e blu e distrattamente inizio a sfogliare una rivista, fino a quando le voci che mi giungono dall'altra parte della porta bianca non si interrompendo e un'anziana signora esce fuori con un grande sorriso.

Inizio a torturarmi le mani dall'ansia nell'attesa, cercando di concentrarmi su altro, fino a quando non sento chiamare il mio nome e senza che me ne accorga mi ritrovo seduta su una sedia identica di fronte al dottor Bernardi.

"Salve signora, cosa la porta qui?" Mi chiede con gentilezza.

"Da circa una settimana soffro di nausea continua. È iniziato tutto all'improvviso e non ho idea di cosa si tratti."

"Si sdrai pure sul lettino.
Faremo un'ecografia e potrò dirle di cosa si tratta."

Seguendo le sue istruzioni, mi stendo sul lettino posto alla mia destra e sfilo la maglia da sopra la testa, rabbrividendo al contatto della sostanza gelatinosa con la mia pelle calda.

Il suo sguardo è fisso sullo schermo di fronte a lui, ma d'improvviso, la sua espressione cambia completamente.

"Allora dottore? C'è qualcosa che non va?" Chiedo preoccupata dal suo cambio di espressione.

"No, anzi, è una bella notizia." Guarda un'ultima volta lo schermo per poi togliere gli occhiali dal viso e fissare i suoi occhi nei miei. "Lei è incinta. Aspetta un bambino"




Scusate per l'orario in cui pubblico questo capitolo e grazie immensamente per le 12.000 visualizzazioni.
Grazie di cuore 💕

You seth my heart on fire || Federico Rossi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora