Capitolo 40: Luna rosso sangue - Parte III

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Artigern

Una volta che fu tutto finito, mi divincolai dalla presa di Mulkin, e corsi più velocemente che potei verso Oberon.

Gli umani avevano fatto qualche passo indietro, come se avessero realizzato ciò che avevano appena fatto, e nessuno di loro mi ostacolò.

Mi inginocchiai di fronte al muso dell'orso, con le mani tremanti, e lo accarezzai, scosso da un pianto irrefrenabile. Il terreno era zuppo di sangue argentato, e da esso stavano nascendo una serie di boccioli bianchi, di una bellezza e un profumo indescrivibili. La luna prese una sfumatura più cupa.

- Oberon? - sussurrai, accarezzandogli ancora il muso, passandogli una mano dietro l'orecchio sinistro.

Lui non diede segno di vita. La sua bocca era semiaperta e la lingua giaceva su un lato, inerte.

- Oberon - ripetei, tirando su col naso.

Mi appoggiai contro di lui, la testa affondata nella sua morbida pelliccia. Il suo corpo era ancora caldo.

Alle nostre spalle, la quercia si stava sfaldando in una pioggia di petali, mentre la nebbia cominciava a diradarsi, annientata dal profumo dei fiorellini bianchi.

La terra riprese a tremare, e tutti, tranne Mulkin, fuggirono.

- Oberon, puoi prendere me - sussurrai nel suo orecchio. - La tua energia non deve morire, ricordi? Io non sono importante, ma tu sì. Se tu morissi, tutti quanti ti seguirebbero. Gli alberi, gli animali, gli umani... tu sei il più importante. Cosa sono io in confronto? Niente. Ti prego, fallo, prima che sia tardi. Io mi offro come sacrificio.

Dall'orso provenne una specie di sospiro, e feci un passo indietro, ancora seduto nell'erba.

La sua figura si sfaldò, dissolvendosi in una nebbiolina fresca, primaverile. Io la inspirai, e mi sentii mancare.

Tutto il mondo cominciò a girare come una trottola. Mi tremarono le braccia e scivolai a terra, accasciandomi al suolo, mentre continuavo a respirare quella nebbiolina dolce. La mia mente si offuscò, mentre una dolce sensazione di tepore invadeva il mio corpo. Era molto piacevole, mi faceva venire voglia di schiacciare un pisolino. Era come trovarsi in un rifugio caldo e morbido, come quando l'odore della colazione preparata da Nonna mi solleticava le narici, facendomi emergere parzialmente dal sonno, ma non del tutto.

Emisi un sospiro e mi addormentai.

La luna si stava schiarendo.

*

Sparviero

Artigern non era nel laboratorio. Non era da nessuna parte.

Maledizione, dove poteva essere finito?

- Albio, se ci stai prendendo in giro... - sibilai, furibondo.

- No, no! - gemette lui, sconcertato. - Vi giuro che era qui! Dev'essere qui!

- Beh, io non lo vedo.

In quel momento, la terra cominciò a tremare.

- Cosa sta succedendo? - gridai, spaventato.

- E' già la seconda volta che succede - urlò Melina, per sovrastare il frastuono del terremoto. - Se Artigern non è qui, dev'essere riuscito a scappare. Forza, andiamo fuori.

Stavamo per dirigerci verso l'uscita del laboratorio, attraversando l'ampia porta spalancata a misura di drago, quando due figure si stagliarono davanti a noi.

Come non riconoscerli?

Erano Reod ed Elwyn.

Il primo sembrava eccitato di vedermi, come se stesse solo aspettando il momento propizio per assaltarmi, mentre il secondo aveva gli occhi fuori dalla testa e un'espressione folle.

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