(R) Capitolo 2: Grattatine alla pancia

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Artigern


- Arty, vai! - mi sibilò Bonnie nell'orecchio destro, spingendomi verso la bancarella.

Sebbene avessi fatto il palo per tante volte, non avevo mai partecipato attivamente ad un furto, e non sapevo cosa fare.

La guardai a bocca aperta, le mani che tremavano.

- Vuoi mangiare o no, stasera? - chiese lei, severa, fulminandomi con i grandi occhi neri.

- Sì - rantolai, con un filo di voce. La mia pancia brontolò per sottolineare il concetto, e vi posai sopra una mano, avvilito. Era da giorni che mi accontentavo degli avanzi. - Ma io non sono bravo a rubare le cose. Perché non posso fare la guardia, come sempre?

- Perché devi imparare a procurarti il cibo da solo! - sbottò Bonnie, dandomi una scrollata. - E adesso tu andrai lì e ruberai quella pagnotta.

- Mi vedranno - farfugliai, con le lacrime agli occhi.

- Non azzardarti a piangere! - rincarò lei, dandomi uno spintone.

Ormai fuori dal nascondiglio, mi ritrovai in mezzo alla folla.

Avevo dieci anni, ma ero piuttosto basso per la mia età, all'incirca sul metro e venti, così passavo per un bambino più piccolo. Non avevo ancora idea che quella sarebbe più o meno rimasta la mia altezza per il resto della vita.

In mezzo a tutte quelle persone più grandi di me, che mi apparivano come giganti, persi quel poco autocontrollo che mi rimaneva.

Ci trovavamo nel bel mezzo del mercato di Kurna, quella sera particolarmente affollata per via della presenza dei saltimbanchi. I circensi se ne andavano in giro con indosso costumi che ritraevano gli dei della natura, nascondendo i volti dietro maschere grottesche e variopinte, decorate da piume di uccelli esotici. Alcuni di loro camminavano su dei trampoli, gettando petali di fiori secchi sulla gente sottostante.

I commercianti si sporgevano strillando e invitando i passanti a comprare qualcosa dalle loro bancarelle che offrivano cibo, profumi esotici, armi di ogni sorta e animali, soprattutto cavalli e draghi. Quest'ultimi erano le bestie da soma più apprezzate nell'intera valle: erano forti, instancabili, e trainavano meglio il carro rispetto a qualunque bovino. Ormai da decenni erano stati addomesticati e, più erano entrati a contatto con l'uomo, più si erano ammansiti, perdendo la capacità di sputare fuoco. Le loro ali si erano atrofizzate ed erano diventate del tutto inservibili: il merito andava tutto a delle solide fasciature che venivano poste loro sin dalla più tenera età, in modo da impedirgli di scappare. Per renderli innocui, gli veniva praticata anche la smussatura degli artigli. Per quanto riguardava le zanne, erano mansueti e non mordevano nessuno, sebbene ogni tanto potesse scapparci un ferito. In tal caso veniva messa una museruola al drago impazzito, e gli si riservava la stessa sorte cui erano destinati i cani rabbiosi.

In mezzo a tutta quella confusione, con la gente che gridava e mi urtava da tutte le parti, i draghi che emettevano dei sonori stridii e i cavalli che nitrivano, qualcosa attirò la mia attenzione. Un punto fisso nel caos.

I miei occhi si incatenarono a quelli di una bambina, poco più alta di me. Mi stava osservando dall'ingresso di una bancarella dall'altro lato della strada, e aveva splendide iridi color argento, la pelle ramata e lunghi capelli rossi. Ci misi qualche secondo per capire che, anziché essere una bambina, si trattava di una donna. Lo dicevano i vaghi accenni di rughe sul suo viso armonioso, il seno prominente e le altre curve del suo piccolo corpo elegante. Indossava un abito da danzatrice dai colori caldi, e in testa portava una coroncina di metallo luccicante.

Ne fui letteralmente ipnotizzato. Non so cosa mi attrasse in lei, ma mi ritrovai ad avanzare in sua direzione, strascicando i piedi come un sonnambulo. Volevo parlarle e chiederle qualcosa da mangiare, anziché rubare. Aveva l'aria di essere una persona gentile. Era passato tanto tempo da quando avevo mangiato un buon pasto e dormito in un letto caldo. Non ricordavo nemmeno come fosse avere una casa: da quando avevo memoria avevo vissuto con gli altri bambini straccioni della città, e Bonnie si era presa cura di me. Forse, se fossi stato un bravo bambino, quella donna avrebbe potuto portarmi via da quel postaccio. Chissà se sarebbe diventata la mia mamma; non ne avevo mai avuta una e non avevo idea di come ci si sentisse ad avere una famiglia come quelle che descrivevano i cantastorie.

Il Nido del DragoUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum