Capitolo XV

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<<Cosa venne dopo?>>proseguì Sol anticipando le domande del professore.
<<Ebbene... Venni inviato sul pianeta. Ero assieme ad un gruppo di soldati ed una corvetta provvista di equipaggiamenti medici. L'intero equipaggio sceso sul pianeta si era misteriosamente ammalato. Tutti! Nessuno escluso... Sentivo una pessima sensazione divorarmi dall'interno, l'angoscia mi distruggeva... A cosa stavamo andando incontro? Dove ci aveva abbandonati il capitano Vaghne? Conoscevo Cascalia per fama ma... Non avrei mai immaginato nulla di simile...>>ricordò Sol, poi proseguì<<Ci invitarono a scendere nella loro fortezza, così da poter parlare con i nostri rappresentanti. Venni inviato solo io, l'unico fra tutti i membri del consiglio di emergenza... Non sapevo cosa volevano, sapevo solo che uno di loro, Jord, voleva parlare con noi a nome dei Cavalieri.>>
<<Non ho capito però perché i Cavalieri non abbiano provato a parlare anzichè essere così rudi.>>commentò lo scriba.
<<Me lo avrebbero spiegati poi: il loro primo intento era di uccidere i trasgressori, poi capirono che avremmo potuto essergli utili.>>
<<Le leggende sulla Cattedrale... Sono vere?>>domandò il kalsirr.
<<Maestro Grahoon... Quel giorno compresi che le leggende ed io nostro mondo sono un'unica cosa. Quel giorno capii che le epoche di pace e prosperità si erano interrotte per un motivo. Quel giorno, le leggende divennero realtà.>>

Le profondità di Cascalia

La corvetta scese nel centro della piazza. Sol scese in mezzo ad una dozzina di soldati latieti. Si fece strada fra questi, così da arrivare in prima fila, davanti ai sottoposti. Ammirò la Cattedrale.

Era enorme, imponente. Alta come una montagna, massiccia ed elegante. In splendida pietra bianca, vetrate nere e bandiere rosse che sventagliavano sul tetto, dove i vari pennacchi la facevano apparire ancora più alta. La bufera perenne continuava ad imperversare. Stava quasi scendendo la notte su quel pianeta freddo ed apparentemente abbandonato dal Signore. Sol si strinse nelle sue vesti, coprendo il collo mentre tossiva fortemente. I suoi passi scricchiolarono sulla neve, dei rumori come una sentenza mentre si avvicinava alla schiera di cavalieri in sella ai loro minacciosi destrieri.

Un brivido lo percorse lungo la schiena ma non sapeva perché. Si sentiva al sicuro al cospetto di quegli uomini, ad inquietarlo era l'ambiente. Le folate di vento parevano sussurri maligni, ogni sferzata di aria gelida sembrava una frustrata, il movimento di una entità aggressiva e letale. Raccolse le proprie attenzioni al gruppo e parlò.

<<Chi di voi è Jord Orgnega? Chi di voi mi ha chiesto di parlargli?>>si appellò Sol.

Una viverna spiccò un piccolo balzo in avanti, adagiandosi con le sue sottili zampe sul ghiaccio che copriva la pietra del cortile. Contorse leggermente il corpo permettendo al cavaliere di avvicinarsi al suo interlocutore. La testa del rettile era talmente vicina da permettergli di odorare il cloro che colava dalle sacche nella sua bocca. Il pungiglione sulla coda si agitava, come se la fiera fosse in quel momento fortemente nervosa.

<<Io sono Jord, pupillo di Higarde, futuro comandante del sacro esercito di Tinùvial. Ti do il benvenuto nelle nostre desolate terre in cui viviamo in eremitaggio. Devi essere tu Pavel Sol, capitano della nave da cui provengono i soldati presi da noi prigionieri.>>disse finalmente il guerriero, nascosto nella sua pesante corazza rossa.
<<Sì. Sono io. Voglio che portiate subito i miei uomini sulla corvetta. Se quel che dite è vero, hanno bisogno immediato di cure mediche.>>gli ordinò Sol con un pizzico di arroganza.
<<Non così in fretta Latieta. I tuoi uomini possono entrare e prestare i primi aiuti ai malati ma tu, Pavel Sol, devi venire con me. Una persona attende di parlarti.>>gli rispose Jord.

Sol si voltò guardando i soldati dietro di sé. Fece un cenno al caporale, il più alto in grado dopo di lui. Tornò a guardare di fronte a sé. Lo sguardo si soffermò un istante sulla belva subito di fronte a lui, poi si concentrò di nuovo sul cavaliere.
<<Portami da lei.>>acconsentì Sol.

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