Memo 10 - Il giorno e la notte

94 12 0
                                    

Arrivammo in poco tempo nel punto del bosco in cui avevamo deciso ci saremmo fermati quella volta. Il Sole era da poco sorto dietro l'ombra fitta dei rami e la mattina era ancora tutta davanti a noi, insieme ad un panorama in miniatura di alberi pronti a perdere le foglie, ormai imbrunite e macchiate di giallo ed arancione. Continuavo a guardarmi attorno, stupefatto come ogni volta dalla bellezza di quel posto che sembrava dimenticato da ogni uomo sulla faccia della Terra.

"Vuoi lasciare quella roba, prima di metterti a guardare in giro?"

"Sì, un momento" le risposi, abbandonando alla rinfusa i bagagli sul terreno asciutto, "questo posto mi sembra ogni volta più bello."

"Hai ragione. Mi sembra strano che non ci sia mai nessuno qui, che tutti preferiscano andare dall'altra sponda del lago, nei campeggi attrezzati."

Heather sistemò ogni cosa accanto ad un grosso ramo caduto e cominciò a tirar fuori dalle borse il necessario per montare la nostra tenda.

"Vado al lago" le dissi, allontanandomi e dandole le spalle.

"Grazie per l'aiuto, tesoro."

"Ti serve una mano?" chiesi, voltandomi di scatto e vedendo i suoi occhi scuri e imperscrutabili.

"No, vai pure, tanto ce la faccio da sola."

Non le risposi e mi incamminai tra gli alberi verso la riva del lago. Avevo imparato col tempo a conoscere alla perfezione quel posto. Accarezzavo gli alberi quando passavo loro accanto, come fossero degli amici di vecchia data che non vedevo l'ora di rincontrare. Mi faceva sentire in pace abbracciarli; così ero sicuro di non essere di disturbo nel loro spazio.

"Eccoti di nuovo qui" dissi tra me e me, riferendomi al lago.

Era sempre lo stesso. Non cambiava mai, non invecchiava. Era eterno, indistruttibile. Le sue acque quiete erano sempre fredde al primo tocco, poi sempre più tiepide, sempre argentate dalle nuvole grigie di passaggio che si riflettevano in esse. I porticcioli sull'altra sponda ogni anno aumentavano di numero e di lunghezza a dismisura, ma non ci badavo più di tanto, non facevano parte del mio angolo di paradiso "personale". Non che avessi acquistato quel luogo, però lo sentivo mio, come una parte del mio stesso corpo, senza la quale avrei sentito per sempre la mancanza di qualcosa. Inspirai a fondo quell'aria fresca e pulita, violata solo dal volo delle ali degli uccelli mattinieri. Mi sfilai il cappuccio della felpa grigia, liberando i miei capelli al soffio del vento. Il Sole andava e veniva, scomparendo per poco dietro le nuvole sempre più fitte e minacciose di pioggia, per poi ritornare ad abbracciare tutto con la sua luce.

"Ciao."

Mi voltai indietreggiando, spaventato da quella voce estranea che non avevo previsto.

Era un ragazzo con i capelli biondi. Mi sorrideva, increspandosi il volto con decine di rughette intorno agli occhi chiari, al naso e alla bocca dalle labbra sottili. Poteva avere la mia stessa età o forse era solo di poco più piccolo. Era comunque estremamente strano trovare qualcun altro lì.

"Ciao" gli risposi semplicemente, non trovando null'altro da dire.

Lui mi guardò per un po' senza fiatare, forse aspettando che dicessi qualcos'altro. Distolsi lo sguardo, gettandolo in lontananza, tra le montagne dai picchi già leggermente innevati. Mi aveva messo in soggezione.

"Cosa fai qui intorno? Non credevo ci fossero altre persone che preferissero essere più isolate."

"Neanch'io lo credevo. Vengo qui da anni, quasi ogni weekend, e ho sempre pensato di essere il solo."

Memo - RaccontiWhere stories live. Discover now