Capitolo 2

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Lo passo nuovamente a Mr. Vegetale quì di fianco e osservo il minuscolo pezzo di carta bianco passare di mano in mano fino ad arrivare al tavolo della ragazza dalla doppia identità.
Non appena lo psicopatico seduto di fianco ad Amalia le batte la punta delle dita sulla spalla per farla voltare e le passa il bigliettino, la ragazza dai capelli rosa accenna un'enorme sorriso rispondendo al ragazzo con un "grazie" mimato con le labbra.
Aspetto la risposta scrutando con lo sguardo il piatto pieno di quella brodaglia disgustosa che ho vomitato qualche secondo prima.
Nonostante gliel'abbia promesso non ho intenzione di mangiare la roba che io stesso ho rigurgitato.
L'infermiera sembra capirmi al volo e dall'altro lato della mensa, viene verso di me con un altro piatto pieno.
Che gioia...
Prima che possa accorgermene mi ritrovo con il foglio piegato a metà un'ulteriore volta e la penna, appoggiati sulla gamba.
Lo apro velocemente e leggo la risposta... affermativa, ovviamente.
"Ok, spara. Ma niente di imbarazzante!"
Ci penso un secondo per non formulare una frase troppo compromettente.
"Chi è il ragazzo che ti è venuto a trovare durante l'ora d'aria?"
Meglio andare sul semplice.
Con un mezzo ghigno in faccia, lo do al bradipo qui di fianco, con una lentezza allucinante, imitando i suoi movimenti.
Non so dire se abbia o no capito il gesto di scherno, ma dal modo corrucciato in cui fissa la mia mano direi non l'abbia presa proprio bene.
Attendo con impazienza il ritorno del biglietto tamburellando con le dita sul tavolo e giocando col cucchiaio di plastica.
Dopo pochi secondi eccolo che ritorna.
"Solo questo? FACILE! Un mio amico di vecchia data... si chiama Will. Te lo presenterò se vuoi: ha promesso di venirmi a trovare ogni giorno! Ma perchè me lo chiedi?"
Ed ecco la domanda che speravo tanto di evitare, perchè neanch'io so la risposta.
Ci rifletto quanche secondo.
Vai sul vago Nico.
Fai l'indifferente.
"No, niente. Mi è sembrato un volto familiare, ma non conosco nessuno di nome Will."
La conversazione finisce così, ma il peggio non è ancora passato.
Ho promesso ad Amalia che avrei mangiato e, per quanto mi disgusti questa roba, i Di Angelo sono sempre di parola.
Mi avvicino lentamente il cucchiaio alle labbra e faccio una smorfia disgustata per l'odore che emana quella brodaglia.
Ingoio tutto d'un colpo e subito dopo bevo un sorso d'acqua dal bicchiere in plastica bianca per non vomitare.
Chiudo forte le palpebre cercando di trattenere la minestra (se così si può definire) all'interno del mio corpo.
Ne prendo un'altra cucchiaiata e finisco l'acqua nel bicchiere.
Il mio stomaco comincia ad emettere dei brontolii inquietanti e decido che per oggi basta così.
Mi volto verso la perfida ragazza a pochi tavoli di distanza che mi dedica un sorriso a trentadue denti e due pollici alzati.
Caroline mi si avvicina e mi appoggia gentilmente una mano sulla spalla ossuta.
D'istinto mi retraggo spostandomi bruscamente di lato e le lancio un'occhiataccia che se fossi stato figlio di Zeus sarebbe già un mucchietto di carbone sul pavimento.
-Scusami. Sei stato bravo. Ho visto che nonostante la fatica sei riuscito a mangiare qualcosa. Vuoi tornare in camera?-
Mi spalmo una mano sul viso e mi pettino leggermente indietro i capelli corvini con le dita.
-Mmh... okay.-
Appoggio le mani sul tavolo e mi alzo in piedi.
Ho bisogno di lei per non finire nuovamente col sedere sulla panca di legno.
Mi mette un braccio intorno alle sue spalle e, esattamente come siamo arrivati, usciamo dalla mensa.
○●○●○
-Bene. Non conosco ancora la tua routine, quindi in questi giorni dovrò tenerti d'occhio e appuntarmi alcune cose su di te. Per esempio: c'è qualcuno che viene a farti visita?-
Mi butto di peso sul materasso facendo cigolare rumorosamente le molle al suo interno.
Annuisco.
-Puoi dirmi il suo nome?-
Sospiro nervosamente aggrottando le sopracciglia.
Quante domande vorrà farmi ancora?
-Percy... Perseus Jackson, con la sua ragazza: Annabeth Chase e a volte mia sorella adottiva Hazel Levesque.-
La osservo scrivere tutte le informazioni su un foglio bianco nella mia cartella clinica ed annuire tra se e se, borbottando a bassa voce i nomi che le ho dettato.
-Vengono a trovarti spesso?-
Guardo l'orologio sopra la mia testa e il mio cuore perde un battito.
19:05
-Haz riesce a venire solo una volta alla settimana, mentre gli altri due di solito vengono quasi tutti i giorni, alla stessa ora, cioè esattamente tra cinque minuti, quindi la pregherei di fare in fretta, se possibile.-
La rossa mi guarda sbigottita per qualche secondo per poi fare un mezzo sorriso soddisfatto e appoggiarsi con la spalla allo stipite bianco della porta.
Ma che...?
-La pantera si è svegliata vedo! Tranquillo Nico, non ruberò altri minuti del tuo tempo, ma sappi che prima di entrare nella tua cella devono ottenere il permesso da me ora che sono diventata la tua tutrice.-
Il suo sguardo si addolcisce e appoggia il peso sull'altro piede, staccandosi dal metallo freddo della porta.
Ad un certo punto il rumore di passi e due voci particolarmente familiari mi fanno trasalire.
La donna lancia un'occhiata al corridoio mimandomi un "eccoli" con le labbra.
Non so con precisione da cosa li abbia riconosciuti, ma credo che non si vedano molto spesso due adolescenti che vagano per un manicomio senza supervisione.
Il figlio di Poseidone prende la parola e io posso intravedere il ciuffo di capelli scuri avvicinarsi sempre di più alla stanza numero 25.
-Salve! Siamo Percy Jackson ed Annabeth Chase. Siamo quì per vedere Nico Di Angelo. Possiamo entrare?-
Caroline mi lancia un'occhiata come per chiedermi il permesso ed io annuisco, forse troppo freneticamente, perchè sul volto le spunta un leggero sorrisetto furbo.
-Certo. Io sono la sua nuova tutrice, Caroline David, piacere!-
Porge la mano ai ragazzi, che ricambiano la stretta, sorridendo educatamente.
-Vi lascio soli, ma ricordate che potete restare quì massimo 10 minuti.-
Detto questo se ne andò e i miei amici entrarono nella mia cella fredda e buia.
-Ehy, Nick!-
Il ragazzo dagli occhi verdi mare si avvicina e mi da una pacca amichevole sulla spalla per poi sedersi accanto a me sul letto dalle lenzuola bianche.
La bionda mi abbraccia, come suo solito fare, e mi sussurra un "ciao" vicino all'orecchio.
Inutile dire che per sopportare quel contatto decisamente eccessivo mi serve tutta la forza di volontà e l'autocontrollo che ho in corpo, per impedirmi di tirare un ceffone a qualcuno.
-Allora... com'è andata oggi?-
Lascio cadere il busto sul materasso e allargo le braccia, mentre osservo minuziosamente ogni crepa di intonaco che spicca sul soffitto bianco.
-Pff! Come vuoi che sia andata, Percy? Questi mortali finiranno davvero per farmi impazzire un giorno.-
-Perchè? Che è successo?-
La figlia di Atena si siede a gambe incrociate alla mia sinistra e mi osserva curiosa, come un bambino davanti a qualcosa di nuovo.
-Bhe, per prima cosa sono in un manicomio. Quì i mortali sono anche più strani e...-
Nella mia mente passano in sequenza alcune immagini di pazienti che mi sono rimaste impresse: seduti a terra con lo sguardo spento, che dondolano avanti e indietro sussurrando non so cosa, che piangono a squarciagola o che ridono nervosamente.
Un brivido gelato mi attraversa la spina dorsale.
-...inquietanti.-
Retraggo una mano permettendo a Percy di appoggiare la schiena al muro.
Continuiamo a parlare del più e del meno e i dieci minuti a nostra disposizione si esauriscono velocemente.
Troppo velocemente.
-Okay Nick... ora dobbiamo andare o Caroline ci butterà fuori a calci!-
-Ci vediamo domani!-
Li saluto con un gesto della mano e prima che chiudano la porta butto un'occhio al corridoio.
Riesco a malapena a scorgere una chioma bionda e una maglietta arancione dirigersi verso la cella accanto: quella di Amalia.
-Will, eh? No. Non mi ricorda niente. Tuttavia...-
Mi sdraio sul materasso, sopra le lenzuola bianche e allungo lo sguardo in alto, verso la porta di ferro ormai serrata.
Senza neanche accorgermene, la mia mente incomincia ad elaborare pensieri complicati e contorti e nel giro di qualche minuto cado inaspettatamente tra le calde braccia di Morfeo.
●○●○●
Il rumore metallico e improvviso di una chiave che fa scattare la serratura mi strappa bruscamente dal mondo dei sogni.
Non mi muovo.
Cerco di rimanere più immobile possibile.
Non voglio che chiunque abbia aperto la porta scopra che sono sveglio.
La cosa che desidero di meno la mattina è essere costretto ad interagire con le persone.
-Signorino Di Angelo, sù! È ora di alzare il tuo bel sederino da quel letto e iniziare una nuova giornata super produttiva!-
Non posso credere che l'abbia detto davvero.
Caroline... quella donna mi farà impazzire più di quanto non sia già.
Apro faticosamente un'occhio ancora mezzo appiccicaticcio per la lunga dormita, poi l'altro.
La lunga chioma di capelli color sangue che mi copre la visuale del soffitto e l'espressione divertita che l'infermiera ha deciso di dedicarmi mi costringono a spostare lo sguardo sul suo viso giovane e stanco.
Le lancio un'occhiata annoiata ed alzo un sopracciglio.
In tutta risposta lei mi fa un enorme sorriso a trentadue denti...
Oh miei Dei, ascoltate la mia preghiera e portatemi via da quì!
-Forza, Nico! È ora di andare a fare colazione.-
Mi prende, contro la mia volontà, entrambi le mani tra le sue e si allontana di qualche passo.
Alzo gli occhi al cielo e interrompo bruscamente il contatto, appoggiando i palmi sul bordo del materasso e spingendo fino a distendere le braccia, in modo da alzarmi più facilmente.
Abbasso lo sguardo ed infilo con movimenti robotici, i piedi all'interno delle ciabatte dello stesso colore di tutto ciò che mi circonda: bianco.
Il colmo se consideriamo che prima di essere portato quì, i colori del mio guardaroba si riducevano a nero e grigio scuro.
Alzo gli occhi al cielo, mentre passo un braccio intorno al collo dell'infermiera, sperando che magari, un giorno riuscirò anche a camminare da solo.
Proviamo a fare qualche passo in avanti fino ad arrivare alla porta, rimasta aperta dall'entrata "trionfale" (quanto insopportabile) di Caroline nella cella.
Appoggio una spalla allo stipite freddo e leggermente arrugginito e chiudo gli occhi, cercando di non respirare troppo intensamente l'aria di questo posto squallido.
Ma la tranquillità è destinata a non durare...
A volte mi viene da pensare che Amalia ci si impegni a farmi sentire uno schifo, infatti, non appena riapro gli occhi, una chioma di capelli rosa chiaro mi sfreccia come un fulmine davanti al viso.
-ANDIAMO BEN! ABBIAMO FAME, MUOVITI!!!-
A questo punto avrà svegliato tutto il manicomio, ma poco importa.
Sposto lo sguardo verso l'infermiere Ben, ancora intento a chiudere a chiave la porta della stanza 26.
Come se ci fosse qualcosa da rubare là dentro!
Caroline mi fa gesto con la mano di andare avanti, così da poter serrare anche la mia di porta.
Ci vorrebbe uno psicologo solo per capire il motivo di questa cosa.
Emily ferma di colpo la sua corsa sfrenata verso la mensa e comincia a camminare all'indietro, sotto lo sguardo incuriosito di tutti i presenti.
Io assottiglio lo sguardo e la guardo dritta negli occhi, quando mi accorgo che ha deciso di "parcheggiare" proprio di fronte a me.
-Bhe? Che vuoi?-
La ragazza incrocia le braccia dietro la schiena e comincia a dondolare avanti e indietro sui talloni, proprio come farebbe una bambina di quattro anni davanti ad un giocattolo che le piace.
Al solo pensiero mi vengono i brividi...
-Hai bisogno di una mano per camminare fino alla mensa?-
Ok... ora sono seriamente preoccupato per lei.
Sgrano gli occhi e il mio sopracciglio destro ha un improvviso tic involontario verso l'alto.
Possibile che stiano esagerando con le medicine?
Oppure il suo stato mentale sta peggiorando e i suoi pochi neuroni stanno esplodendo uno dopo l'altro?
Sì, credo sia l'opzione più plausibile.
Non è mai stata molto normale, ma era una delle poche quì dentro che poteva ragionare lucidamente nonostante la sua personalità multipla.
E ora forse sto perdendo anche lei!
-Ma che droga usi? Non ho bisogno del tuo aiuto. Non ti ricordi la regola: niente contatto fisico? E poi, secondo te, che ci sta a fare quì Caroline?-
Si avvicina lentamente al mio viso e assottiglia a sua volta le palpebre fino a far diventare gli occhi due fessure.
La sua voce torna incredibilmente seria, tanto da cambiare tonalità di voce, il che la fa sembrare ancora più problematica.
-Mangia, Di Angelo. Ti tengo d'occhio.-
Detto questo, ricomincia la sua marcia verso il tanto atteso cibo, subito seguita dal povero Ben.
-Tutto ok, Nico?-
Chiede la dottoressa dai capelli vermiglio, avvicinandosi a me e passandomi un braccio intorno alla vita per aiutarmi a sorreggermi.
Annuisco debolmente ed insieme seguiamo i passi di Amalia e Ben, diretti anche noi verso la mensa.

Spazio sclero!

Ciao a tutti, personcine!
Come avete visto, sono tornata con una nuova storia, in questo caso, una Solangelo. (Always!♡)
Non chiedetemi perchè, semplicemente io li shippo talmente tanto che mi è venuto in mente di pubblicare uno dei tanti film mentali che mi sono venuti in mente.
Spero che vi piacerà l'idea che ho avuto per continuarla, vi avverto solo che i primi capitoli saranno leggermente noiosi... dettagli...
Detto questo passiamo alle cose importanti:
se per voi va bene ho deciso di aggiornarla una volta alla settimana, per adesso, il martedì.
Perchè martedì?
Non ne ho idea...
Ho semplicemente scelto un giorno a caso della settimana!
Ditemi tranquillamente nei commenti gli errori o ciò che non vi è chiaro e io vi risponderò!!! ;)
Per adesso come vi sembra?
Secondo voi la devo continuare? (Tanto la continuerò comunque perchè mi diverte troppo ;3)
Bene...
Ci becchiamo nel prossimo capitolo vestito da ape!!! (Capitemi, per favore... nero e giallo! No, eh?)

Sciauuuuu!!!☆

𝐍𝐨 𝐖𝐚𝐲 𝐎𝐮𝐭 ||𝐒𝐨𝐥𝐚𝐧𝐠𝐞𝐥𝐨||Where stories live. Discover now