Capitolo 1 (revisionato)

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Paziente: Nico Di Angelo
Numero di stanza: 25
Data di nascita: 28/01/1996
Età: 16 anni
Luogo di nascita: Italia
Tutore/i legale/i: Chirone Brunner
Disturbi: dislessia, iperattività, allucinazioni, disturbi del sonno
Annotazioni: Il paziente si sveglia ogni notte urlando per via di incubi particolarmente invasivi. Si rifiuta di riferirci le sue visioni, si pensa siano dovute a qualche trauma infantile o a qualche ricordo sgradevole. Sì rifiuta di ingerire qualunque tipo di cibo solido. Afferma di essere perseguitato da allucinazioni riguardanti soggetti paranormali, ma è l'unica informazione che ci è fornita volontariamente. Dopo un'accurata osservazione ai filmati delle telecamere possiamo confermare la sua iperattività e la sua dislessia.
Dott. Harrison

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Questo è quello che avevano scritto sul fascicolo della mia cartella clinica.
Quello che diceva era giusto: non avevo intenzione di raccontare più del necessario a nessuno li dentro.
Avevo provato a parlare dei miei genitori a delle infermiere, con la speranza di trovare qualche altro semidio disperso nell'ospedale.
Ma la fortuna non è mai stata dalla mia parte, tantomeno in quel periodo.
Nessuno, a parte i miei amici al Campo, conosceva la mia vera natura.
Passavo le mie giornate cercando una vita d'uscita poco sgamabile per poter tornare da loro, ma ero bloccato.
In quel manicomio squallido non c'erano entrate diverse da quella principale e dalle finestre, troppo piccole perfino per un bambino.
Ogni tanto, guardandomi intorno e vedendo gli sguardi vuoti dei malati, rimpiangevo di non essere stato abbastanza prudente quel giorno.
Mi portarono lì dopo un combattimento con una Benevola nei bagni della Yancy circa un mese prima.
Probabilmente qualcuno mi aveva visto sguainare la spada, ma la Foschia ha un effetto allucinogeno sui mortali.
Probabilmente la mia arma sarà assomigliata ad una baguette e il mostro a un piccione.
Durante i primi giorni provai a convincere i medici della mia sanità mentale, ma era proprio quello che avrebbe fatto un malato.
Percy veniva a trovarmi quasi tutti i giorni, talvolta con la sua fidanzata Annabeth.
Ah, quella ragazza...
Vittima di anni ed anni di sdegno da parte mia.
Solo in quel periodo avevo cominciato ad apprezzare veramente la sua compagnia.
A dirla tutta saremmo andati anche piuttosto d'accordo se non fossi nato testa di cazzo.
Fortunatamente anche mia sorella Hazel mi stava vicino e mi sopportava.
Ogni settimana si faceva chilometri di strada per venirmi a trovare tra i matti.
Lo adoravo per questo.
La serratura della mia cella scattò, cogliendomi in un momento di riflessione profonda e la solita testa rossiccia e riccioluta spuntò dalla porta.
I suoi occhi grigi e stanchi squadrarono la stanza, soffermandosi su di me, seduto a gambe incrociate con la schiena al muro.
Probabilmente se non fosse stato per i miei capelli corvini e i miei occhi scuri non mi avrebbe neanchè notato in mezzo a tutto questo bianco.
Perfino lo pseudo pigiama che ero costretto a indossare era color della neve.
Noioso.
Mi alzai di scatto vedendolo, maledicendomi subito dopo per movimento affrettato.
Alla mia pressione sanguigna piacevano particolarmente le montagne russe.
E anche la fame giocava brutti scherzi.
Le schifezze liquide che mi facevano ingerire non riuscivano a sfamarmi e il mio stomaco si lamentava già da diversi giorni.
Barcollai trascinando i piedi fino alla porta.
L'infermiere, Rob mi pareva si chiamasse, si spostò verso destra per farmi passare, tenendo lo sguardo puntato su di me come se potessi scappare da un momento all'altro.
Non aveva tutti i torti.
Uscii dalla stanza-prigione, desiderando con tutte le mie forze di rientrarci il prima possibile.
Sarei scappato, sì, ma dall'ospedale.
L'unico posto in cui ero realmente al sicuro era quel buco della mia cella, lontano da potenziali psicopatici o sadici.
Ma l'ora d'aria era l'unico momento in cui potevamo girovagare liberamente per il manicomio senza essere riportati di forza dentro.
Molti lì non aspettavano altro per tutto il giorno e quando l'ora giungeva al termine contavano i minuti per quella del giorno dopo.
Sarebbe stata una cosa rilassante sedersi sul morbido giardino del cortile a contare gli uccelli che passavano sopra la mia testa, se non avessi avuto una paura costante di chi avevo intorno.
Mi avevano sequestrato la baguette: ero disarmato.
Camminai per il corridoio cercando di non incrociare lo sguardo con quello di qualche paziente seduto a terra.
Lasciai che la guardia mi aprisse la porta che conduceva al cortile.
Non sapevo di cosa avessero paura.
Di una portata in faccia?
Scesi il piccolo gradino che mi separava dal prato, ma non appena poggiai entrambi i piedi a terra le gambe iniziarono a tremare.
Restai immobile per qualche secondo, per riprendermi.
Ci mancava solo quello.
Ignorai la sensazione e mi guardai intorno, cercando un volto conosciuto tra un gruppo di ragazze sedute a terra in cerchio.
-Amalia?-
La ragazza dai capelli di un rosa sbiadito sobbalzò e si voltò verso di me.
-Nico!-
Si alzò ignorando le lamentele inquietanti che provenivano dal suo gruppo.
Non capivo come riuscisse a frequentarle.
Erano decisamente più inquietanti di lei.
Amalia era l'unica con cui era possibile intrattenere una conversazione.
Non eravamo amici, anzi, litigavamo spesso, ma sembrava essere l'unica che riuscisse a capirmi.
Aveva solo un piccolissimo problema di personalità multipla decisamente irritante.
In caso di manifestasse l'unica cosa utile da fare era andarsene.
Non c'era altra soluzione.
-Puoi tornare da loro se vuoi.-
Lei fece una smorfia, scuotendo la mano in aria con fare ovvio.
-No. Preferisco parlare con qualcuno che capisce la mia lingua.-
Capivo il suo punto di vista.
Annuii e lei mi indicò un punto indefinito davanti a noi sull'erba.
Feci un passo incerto.
Poi un altro.
E infine caddi.
-Nico! Che hai? Stai male?-
Cercai di tranquillizzarla scuotendo la testa e facendole vedere che dopotutto riuscivo pure ad alzarmi, ma mi sorbii ugualmente cinque minuti di interazioni impanicate tra lei e il suo alter ego Emily.
-Credo sia ovvio! Non mangia da quando lo conosciamo!-
-Sta zitta e fa qualcosa!-
-E che devo fare? Niente contatto fisico, ricordi?-
Già, non mi piaceva essere toccato.
-Amalia... o Emily, chiunque tu sia, sto bene non vedi?-
Non ero sicuro fosse stato Zeus direttamente dell'Olimpo o lo sguardo di rabbia della ragazza ad aver spedito quella scarica elettrica, restava il fatto che la mia spina dorsale aveva tremato per un momento.
-Devi mangiare. Da oggi in poi ti controllo Di Angelo.-
La sua testa ebbe uno scatto simile ad un tic e un angolo della sua bocca si inclinò verso l'alto.

𝐍𝐨 𝐖𝐚𝐲 𝐎𝐮𝐭 ||𝐒𝐨𝐥𝐚𝐧𝐠𝐞𝐥𝐨||Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang