(R)Capitolo 6: Quando la strega sdentata si pose sulla nostra via

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- Hai la pancia caldissima - fu il suo unico commento, prima di addormentarsi, la testa poggiata sullo zaino.

Io lo seguii poco dopo, finalmente col coraggio di dormire senza temere che qualche bestia feroce mi aggredisse. Mi sentivo un po' più protetto, vicino a qualcuno.

***

La mattina seguente fummo svegliati dal frusciare degli alberi e i raggi del sole che riuscivano a penetrare nel tronco. Con la luce tutto era bello e rassicurante, e uscimmo all'aperto. Arty sembrava un'altra persona.

- Che bella giornata! - esclamò, saltellando qua e là.

Cercò subito di accendere quel maledetto fuoco: non avevamo nessuna intenzione di passare un'altra notte di terrore, tuttavia i suoi tentativi si rivelarono inutili. Io frugai nello zaino col muso e raccolsi il manuale di Delia coi denti, posandoglielo sulle ginocchia. Doveva esserci qualche soluzione, lì dentro.

- Ehm... grazie - farfugliò Arty, con un sorriso dubbioso.

Sfogliò il libro, lo scosse, lo guardò prima da vicino, poi da lontano, lo girò in ogni direzione.

Fu allora che capii.

- Non sai leggere - dissi, articolando una frase coerente per la prima volta nella mia vita. Di solito pronunciavo solo parole disarticolate.

Arty emise una specie di verso soffocato, diventando rosso quanto i suoi capelli.

- Ma certo che so leggere! - ribattè, tenendo il libro bene aperto.

Strizzò gli occhi, avvicinando il viso fino a immergere il naso fra le pagine.

- Il... il... dra... dri... drago! - esclamò, trionfante. - D... deve... essere... ten... tan... tenuto. Al... al... caldo.

Oh, per tutti i draghi, ci avremmo messo l'intera giornata!

Gli sottrassi il libro e tornai a riporlo nello zaino. Era inutile, così. Meglio trovare altri modi per accendere il fuoco.

Arty, avvilito, si fece da parte, mentre io cercavo della legna secca, che prendesse fuoco più facilmente. Avevo visto Delia accendere il fuoco sfregando un bastoncino contro un legno secco e fibroso, non come aveva fatto il piccolo Athi la notte precedente, usando legna umida.

Cercai di fargli capire come doveva agire, ma lui non riusciva a comprendere.

- Fuoco - dissi, mettendogli il bastoncino e il legno largo in mano. - Fuoco, fuoco.

- Non so come si fa! - gemette lui, quasi in singhiozzi. Mi mostrò i palmi delle mani, ricoperte di vesciche, alcune delle quali erano scoppiate. - E mi sono anche fatto male.

- Fuoco? - chiesi, sedendomi a terra, scoraggiato.

- No, niente fuoco.

Restammo lì ad avvilirci per un po', poi Arty si fasciò le mani e ritentò un'ultima volta.

E... miracolo.

Un sottile filo di fumo si innalzò dal legno secco, per poi trasformarsi in una fiammella.

- Fuoco! - esclamai, entusiasta. Allora non era un buono a nulla.

- Sì, fuoco! - ribatté lui, altrettanto felice.

Nell'impeto dell'emozione, fece cadere della paglia sulla fiammella.

Ci fu un sonoro "wooomp", e le fiamme si espansero a una velocità allucinante.

- Fuoco! - urlai, terrorizzato, saltandogli in braccio.

Anche Arty cominciò a gridare.

- Fuoco, fuoco, fuoco! - ripetemmo, correndo in tondo attorno alle fiamme, senza sapere cosa fare.

Arty ebbe l'idea di prendere la sola coperta che avevamo, bagnarla nel torrente e gettarla sopra alle fiamme, che si estinsero con un "shhhhhh".

Ci lasciammo entrambi cadere a terra, esausti.

- Incapace - mi venne spontaneo dire.

Sarebbe stata una delle parole che avrei imparato ad usare meglio.

- Scusa - gemette Arty. - Non l'ho fatto apposta.

- Incapace! - ripetei, con più convinzione. - No fuoco!

Una risata pervase la radura, mozzandoci il fiato in gola.

Scattammo a sedere.

Poco lontano, una vecchietta di statura nanica ci stava osservando, e se la rideva di gusto. Indossava una palandrana nera, aveva lunghi capelli candidi e ispidi, raccolti in una serie di treccine, e il suo volto cotto dal sole era una maschera di rughe.  Aveva occhi quasi biancastri, segno che era cieca. Le sue labbra, raggrinzite, si schiudevano su una bocca sdentata.

Di fronte a quell'apparizione terrificante, saltai in braccio ad Arty, che mi strinse, altrettanto intimorito.

- Ma guarda un po', chi abbiamo qui? - domandò la vecchia, avvicinandosi con l'aiuto del suo bastone.

- Chi sei? - chiese Arty, indietreggiando. - Una strega?

- Forse - sogghignò lei, puntandoci contro il bastone.

Entrambi trattenemmo il respiro, temendo di trasformarci in rospi da un momento all'altro.

La vecchia rise ancora.

Ci stava prendendo in giro.

- Vi ho sentiti gridare dall'altro capo della foresta - disse, in tono più gentile. - Ho pensato aveste bisogno d'aiuto. Su, avanti, venite.

- Bonnie mi ha sempre detto di non fidarmi degli sconosciuti - balbettò Arty, indietreggiando ancora.

- Bonnie ti ha insegnato bene - disse la vecchia. - Ma io non sono una sconosciuta. Mi chiamo Nonna Nube e tutti mi conoscono, qui nel bosco. Sono la nonna di chiunque abbia bisogno d'aiuto. So che hai un cucciolo da proteggere, lì con te, e stai aspettando il ritorno della vostra amica.

- Come fai a saperlo? - chiese Arty, sbalordito. - Sei davvero una strega!

- Diciamo che degli uccellini me l'hanno detto - disse la vecchia, e un passerotto si appoggiò sulla sua spalla, cinguettando. Lei gli accarezzò la testa con l'indice e l'animaletto sembrò apprezzare, prima di spiccare di nuovo il volo.

- Posso darvi una casa e del cibo caldo - ci tentò, avvicinandosi.

Arty stavolta non si mosse. Sia la sua che la mia pancia brontolavano dolorosamente da quella mattina. Il cibo di Delia non era sufficiente. Aveva pensato che Arty mi avrebbe aiutato a cacciare con i consigli del manuale, ma la Athi aveva chiesto troppo a un bambino quasi analfabeta, cresciuto in mezzo a straccioni.

- Davvero? - gorgogliò Arty, con l'acquolina in bocca.

- Ma certo - disse la vecchia, grattandogli la nuca.

Avvertii un cedimento nei muscoli del bambino, che si rilassò e sorrise.

- E posso anche insegnarvi a fare un fuoco. Un fuoco decente. - sogghignò Nonna Nube, facendoci cenno di seguirla.

- Fuoco! - esclamai io, deciso. - Fuoco, fuoco.

- Sì, esatto - confermò lei. - Un fuoco focoso.

Quella donna mi piaceva. A differenza di Arty, sapeva quello che stava facendo.

- Con lei - dissi, rivolto al bambino.

- Ma non la conosciamo - mormorò lui, accarezzandomi la schiena per placarmi. - Delia tornerà tra due giorni, non possiamo non esserci...

- Con lei - ripetei, mordicchiandogli un braccio.

Arty, sconfortato, non sapeva cosa fare.

Ci pensò Nonna Nube a sciogliere il suo ultimo dubbio.

- Non temere. Torneremo prima che la vostra amica venga a prendervi. Vi accompagnerò qui, poi farete tutto da soli. D'accordo?

Arty ci rifletté per un lungo istante, poi si arrischiò ad annuire.

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