Uno sferragliare sinistro riportò Nate alla realtà. Il treno cominciò a muoversi  facendo un gran fracasso. Alcuni si sedettero nel pavimento umido e maleodorante, altri rimasero in piedi cercando appigli di fortuna per non cadere addosso ad altre persone durante la marcia.

Il treno scorreva velocemente sulle rotaie provocando un clangore ritmico e regolare. Qualcuno parlava. Un bambino di tre anni si divertiva a battere le mani nella parete metallica del vagone. Questi erano gli unici suoni udibili, la maggior parte delle persone stava in silenzio. Un silenzio snervante che rendeva l'atmosfera dura e cupa.
-Credi che troverò mai un ragazzo?- gli chiese Gilb improvvisamente.

Nate si girò di scatto, e lo guardò scettico. -Ma che dici Gilb?-

-Sì lo so. Non ti sembra il momento, ma non mi importa. Rispondi.-

Era vero, non era né il luogo né il momento secondo Nate.

-Hai paura che ti sentano? Che ti importa? Tanto qui siamo tutti condannati.-

Gilb aveva ragione, non c'era niente di cui vergognarsi. Ma Nate non capì comunque.

-Perché mi fai questa domanda?-

-Perché non ho mai avuto un ragazzo. E probabilmente non ce l'avrò mai, però mi piace sognare. È l'unica cosa che posso fare per scacciare i brutti pensieri.-

Nate lo guardò, non più con scetticismo ma con ammirazione. Fino a poche ore fa Gilb era spaventato e disperato. Ora invece era rassegnato e stranamente "sereno".
Dunque era questa la fase successiva della tragedia? L'accettazione di essa?

Nate decise di rispondere.
-Visto che ti va di sognare, allora sì, lo avrai.-

-E credi che sarà bello?-

-Più che bello, moro con gli occhi verdi, come piacciono a te, no?-

-Sì, esatto! E avrà un bel fisico anche! E dimmi, secondo te dove vivremo?-

-In un cottage in campagna. Circondati dalla natura.-

-Spero gli piaccia leggere!- disse con voce sempre più rauca.

-Oh sì, adora Jules Verne, proprio come te.-

-Sembra proprio perfetto.- disse Gilb.
Nate si sentiva ridicolo, ma gli piacque l'idea del suo amico. Alleviare le tensioni è tipico di Gilb. Lo osservò. La testa poggiata sulla parete, gli occhi rivolti verso l'alto, come se stesse guardando le nuvole nuotare nell'immensità del cielo.
I suoi occhi sognanti brillavano.
Anche Nate guardò verso l'alto, e in un attimo si sentì sollevato.
Gli sembrò di vedere un incantevole notte stellata, che andava pian piano assumendo una tonalità purpurea. Il cielo cambiava sempre di più, ora aveva meno stelle, ora non sembrava più un cielo... e ora non era altro che puro metallo.
Non c'era nessun cielo. Nessuna casa e nessun ragazzo moro con gli occhi verdi. Solo il triste tettuccio del vagone.
Gilb posò la testa sulla spalla di Nate- Non è giusto... non è giusto Nate.- ripeté con voce rotta dalle lacrime.

***

Tre giorni fanno in fretta a passare quando non ci pensi.
Ma quando ci pensi sembrano infiniti.
Tre giorni di viaggio, senza alcuna interruzione. Senza cibo, senza acqua e naturalmente, senza latrina.
Il freddo si fece sentire. Questo fece capire alla mente ormai intorpidita di Nate che si stavano avvicinando alle terre del Nord. In Germania, presumibilmente.

L'umidità si aggiunse alle tante sofferenze. Il bambino di tre anni che fino a qualche giorno fa giocava ignaro, ora piangeva e tremava in un angolo.

Nate, stava sempre seduto nello stesso punto, con Gilb al suo fianco. Si riscaldavano a vicenda.

Nate osservò il bambino, solo e infreddolito. Non osò chiedersi dove fossero finiti i genitori. Non ce la fece più.
Si alzò improvvisamente, e si fece spazio fino a lui. Le gambe addormentate lo fecero barcollare un po'.
Quando lo raggiunse si tolse la giacca della divisa e l'avvolse intorno al piccolo. Poi lo prese in braccio e lo portò con sé vicino a Gilb.
-Ti riscaldo io, tranquillo.- sussurrò al piccolo orecchio congelato del bambino.

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1943. Tre Passi per Sopravvivere.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora