11.

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Vi ricordate quando vi ho detto la celeberrima frase di Nick: «riposatevi, ci vediamo a cena?»
Ecco, vi ho mai fatto notare che il mio capo dice sempre cazzate? Beh, in ogni modo penso che la maggior parte di voi lo abbia capito da sé.
Tralasciando suspense e misteri, e senza girarci tanto intorno, dopo un'ora e mezza di lavoro arretrato (che giustamente mi sono portata dietro) Philip mi ha chiamata, dicendomi che Nick ci aveva proposto di farci una passeggiata fino in centro.

Per una come me non è niente di che, ma il problema è che il centro è molto distante, dato che il nostro hotel è al limite dei centri abitati. Se poi vogliamo anche aggiungere il fatto che non sappiamo la strada, mi viene anche l'istinto di soffocarmi sotto il cuscino.
Se da piccola avessi potuto sapere che mi aspettava una vita simile, probabilmente mi sarei allenata il doppio, avrei studiato il doppio e...insomma, mi sarei preparata meglio. Non voglio cambiare vita, dico, quella che ho è molto bella; è forse troppo...piena, in questo momento.
Poi le poche esperienze di Harry non mi aiutano. Harry non mi aiuta più di tanto in queste situazioni.

Penso tuttavia che da una parte sia un vantaggio, perché gli ostacoli di Harry, che dal momento che stiamo insieme sono anche miei, seppur piccoli e quindi facili da superare, aiutino a rafforzare la nostra coppia.
Per cui sì, la mia vita ha i suoi vantaggi e svantaggi.

Esco dall'hotel senza telefono, perché è scarico (penso lo dovrò cambiare, la batteria non regge più), e cominciamo a camminare. «Avevo in mente di andare a prendere un caffè, che ne pensate?», ci propone Nick.
«Ma vi prego, niente lavoro.», scuoto io la testa.
«Promesso», ribatte Philip.

Sorrido, e alzo la testa, camminando.

···

«Penso che l'accordo finirà bene, dobbiamo solo riuscire ad essere convincenti ragazzi. Preparatevi, non so, un discorso conclusivo.»
Si è fatto tardi, nel frattempo. Abbiamo (hanno, io sarei volentieri andata a letto subito) deciso di cenare fuori, in una pizzeria.
E sì, hanno mantenuto la promessa del lavoro, ma tipo solo per i primi venti minuti.
Gli uomini, ah.

Così adesso sono mezza infreddolita dal vento, in attesa di un taxi. Che poi passano, ma tutti pieni, e mi verrebbe voglia di tornare nuotando sull'asfalto. Mi sono congedata prima di loro con la scusa che fossi stanca, ma in realtà vorrei solo stare un po' da sola, per chiarire le idee, riordinare la mente.
Fortunatamente, poco prima che Olaf di Frozen mi venga a prendere, passa un tassista libero, che mi porta "a tutto gas" (parole mie) all'hotel.

Non appena entro in stanza, mi metto qualcosa di comodo (finalmente), per non arrivare all'esasperazione. Mi preparo tutto nel minimo dettaglio e inizio a farmi la valigia, nel caso in cui seriamente domani tornassimo.
Chiamo la reception chiedendo se posso avere una tazza di caffè, e loro mi rispondono che me la possono portare subito, li ringrazio e mi stendo un attimo sul letto in attesa di ciò che mi aiuterà a lavorare.
Guardo il telefono e noto che Harry mi ha bombardato di messaggi e mi ha chiamato due volte.

Leggo quasi ogni singolo messaggio, dove sclera e poi si calma scusandosi, e dicendogli che gli manco, e che vorrebbe dormire accanto a me stasera.
Gli rispondo dicendo di non preoccuparsi, ma gli voglio fare una sorpresa riguardo al tornare prima.
Gli scrivo anche che lo chiamerò domani, così si mette l'anima in pace.

Quando la cameriera, tirata in divisa e di tutto punto mi consegna il caffè, noto dai suoi occhi che anche per lei non è stata proprio una giornata con i fiocchi. Le lascio un po' di mancia: «Almeno anche tu vai avanti con il lavoro senza collassare, eh?»
Lei mi sorride ed annuisce, forse rimarrò impressa nella sua mente per anni.
O forse per qualche ora, perché probabilmente vede così tanta gente diversa che a volte fatica a ricordare il suo nome o il nome di un suo collega.
Chissà quanto resterò impressa nella vita di Harry.

Voglio dire, siamo giovani, potrebbe capitarci di tutto: potremmo litigare e lasciarci, potrebbe nascere quel senso di affetto ma che comunque non ci terrà più insieme; o forse il nostro amore potrebbe crescere ancora.
Odio tutti i forse di questa vita, perché sono infiniti. Incredibile quanto i nostri pensieri vadano oltre alla nostra vita. Intendo dire: in una semplice domanda formulata a se stessi, si può racchiudere lo stesso pensiero ideato da miliardi di milioni di persone esistite, e magari questa domanda, che è stata ripetuta nelle menti di più persone per migliaia di anni, viene posta alla tua mente in venti secondi.

È incredibile anche ciò che mi metto a pensare, ovvio.
Inizio a lavorare, cercando di sbrigare prima gli affari più semplici e veloci, quelli in cui sono già decisa.
Quando stacco gli occhi dalle scartoffie, perché ormai le palpebre mi si chiudono da sole, guardo fuori: il cielo è completamente buio. Il caffè l'ho finito da un pezzo, e mi rimprovero mentalmente di andare a letto, perché è tardi.

Sarà mezzanotte passata da poco, penso, poco prima di accendere lo schermo del cellulare.
E invece no, sono le tre del mattino. Ma la cosa più strana è che io non mi sono accorta di nulla. Posso solo immaginare quanto io sia fumata in questo momento, perché mi sono lasciata indietro più due ore.
Vado a letto senza pensarci, non oso guardarmi allo specchio.

Se penso che tra poco sarò a casa, che potrò riabbracciare Harry e magari non avere più questi strani incubi che mi tormentano da quando sono partita, mi viene voglia di urlare dalla gioia. Chiudo gli occhi.
La suoneria del telefono squilla ed io apro gli occhi, che mi fanno male.

Perché non mi lasciano mai in pace? Noto che mi sta chiamando Nick. Rispondo. «Pronto?»
«Cloe, dove sei? Sono dieci minuti che ti aspettiamo!»
Guardo l'ora: sono le sette e trenta del mattino. Ho dormito così poco che nemmeno mi sono accorta di averlo fatto.
Riporto il telefono all'orecchio. «Arrivo, dammi il tempo di prepararmi.», rispondo calma.
L'appuntamento per la colazione è alle sette, ma non arriviamo mai lì in orario, per cui non si sono allarmati.

Alle otto e mezza dobbiamo vedere i miei ormai nemici per il decreto finale (speriamo bene, altrimenti sgozzo tutti) e quindi, tirando le somme, devo sbrigarmi.
Mi alzo, mi faccio una doccia veloce e mi preparo, prendo la tazza del caffè e la porto giù, mentre raggiungo il tavolo dei miei colleghi lo consegno al barista di turno, che mi ringrazia.
Per colazione bevo solo un caffè e poi partiamo.

I miei occhi hanno ancora bisogno di riposo, mi fanno così male che sembra mi ci abbiano sparato.
Non appena arriviamo, i due signori del giorno prima, ci sorridono. «Volete un caffè?»
Nick e Philip annuiscono, mentre io nego: meglio smettere di assumere caffeina o poi mi farò da qui a Londra correndo. Ci sediamo in un tavolino di un bar, poi, quando arrivano le tazzine, i due rappresentanti delle aziende parlano. «Abbiamo parlato con i rispettivi capi», comincia quello più vecchio, «e senza tanti rigiri di parole, decidiamo di accettare un patto.»
Sorrido.

UH UH

Lo so che aspettavate un mio aggiornamento ヽ(^。^)丿
Ammettetelo!

No dai, sono contenta (nonostante il capitolo faccia pena) di essere riuscita a sciogliere uno dei tanti nodi di questa storia. Mi sono rifatta comunque con 1200 parole :3

Passate a leggere Rebels, sta per finire!

Al prossimo capitolo u.u

La foto lì sopra è parte della copertina di His Prey!

His Life - Sequel Of His Prey //H.S//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora