3.

3.1K 162 5
                                    

Ian sedeva sulla sporca panchina di fronte al grande edificio sbarrato, ormai da mesi,ogni mattina, passava almeno mezz'ora fermo a fissare i grandi cancelli che circondavano il carcere. Era diventato il suo modo di cominciare la giornata. Doveva alzarsi prima del dovuto per arrivare a lavoro in orario, ma secondo lui ne valeva la pena.
Tutto era cominciato qualche mese prima: un giorno era tornato a casa per prendere un cambio e, in fondo al cassetto, aveva trovato una vecchia camicia hawaiana verde con disegni floreali stampati sopra. Era veramente orribile, ma Mickey la adorava, diceva che lo rendeva più sexy. Senza neanche accorgersene Ian aveva stretto la camicia a se mentre calde lacrime iniziavano la loro lenta discesa sulle guance. Aveva iniziato a cercare per tutta la stanza, nella speranza che, molto tempo prima, Mickey avesse dimenticato più di una schifosa camicia colorata. In effetti aveva trovato un sacco di roba, tra cui magliette, calzini, foglietti pieni di stronzate che Mick si divertiva a scrivere nei momenti di noia. C'era anche un vecchio paio di mutande parecchio trasandate.
Da allora aveva smesso di andare a dormire da Caleb, a lavoro cercava di evitarlo e le rare volte che uscivano lui faceva di tutto per far finire la serata dopo poche ore. Aveva smesso persino di ridere alle sue battute. Anche solo passare del tempo con quel ragazzo lo metteva a disagio.
All'inizio aveva dato la colpa alla malattia, Caleb non lo obbligava a prendere le medicine, ma lui aveva comunque ricominciato.
Quando finalmente aveva iniziato ad accettare che il motivo di tanta ostilità fosse l'uomo che portava il suo nome (sbagliato e infetto) tatuato sul petto, aveva iniziato a presentarsi davanti alla galera con l'idea di entrare. Ovviamente aveva rinunciato sempre e continuava a sedere sulla stessa fredda e sudicia panchina, aspettando l'ora di andare a lavoro.

Quel giorno però non doveva tornare a lavoro, doveva aspettare ancora qualche oretta per l'orario di visita ed era completamente concentrato. Aveva imparato il discorso a memoria (lo aveva scritto la prima volta che si sedette su quella panchina) ed ora era lì, su quella schifosa panchina, con la camicia hawaiana decisamente troppo stretta a fasciargli il petto.
"Cazzo" imprecò guardando l'orologio per la decima volta, frustrato dal fatto che il tempo fosse così fottutamente lento, cominciò a pensare che ci sarebbe morto su quella panchina.

Qualche ora più tardi i grandi cancelli si aprirono, permettendo ai pochi visitatori di entrare per parlare coi propri cari. Ian balzò in piedi preso dall'agitazione, entrò quasi correndo, firmò e fece ogni controllo necessario. Quando varcò la soglia della sala da visite, fu invaso dall'ansia non riuscendo a trovare il volto tanto sognato tra i detenuti che lentamente prendevano posto dietro alle vetrate. Stava quasi per andarsene quando qualcuno bussò sul vetro della postazione accanto all'ingresso. Due occhi blu lo scrutavano attenti e duri, le mani tatuate e solcate da tagli, incrociate davanti alla tuta arancione che metteva in risalto tutte le cicatrici bianche. Ian quasi si tuffò sulla sedia afferrando la cornetta in modo goffo. Il discorso andò a puttane nell'esatto istante in cui l'altro fissò lo sguardo nel suo.
"Ciao" disse il rosso torturandosi una ciocca di capelli sfuggita al gel, lo sguardo intimorito che vagava sul volto dell'altro "Grazie per avermi chiamato."
"Grazie per essere venuto" disse Mickey con tono severo "Hai ancora quella vecchia camicia?" disse poi ammorbidendosi un po' mentre osservava stupito la sua vecchia amata camicia che fasciava il corpo del più giovane, un sorriso nostalgico gli affiorò sulle labbra. Ian sorrise teneramente "L'ho trovata nel mio cassetto, ho pensato di portarla con me oggi. Tu la adoravi" Mickey annuì rapido "È fantastica. Fottutamente sexy" disse in un sorriso che l'altro ricambiò raggiante "Ma se è orribile e puzza" Mick gli lanciò uno sguardo truce "Potevi anche lavarla." scosse la testa riprendendosi, non era per la camicia che lo aveva fatto venire "Credo tu debba spiegare alcune cose." disse con la voce improvvisamente seria, l'altro annuì piano.
"Mi dispiace, quando ti ho lasciato ero sconvolto. Monica mi ha influenzato con le sue folli idee. Diceva che nessuno poteva capirci e per questo non ci accetterete mai. Cercate di cambiarci. Tu eri sempre così pressante, con le medicine e tutto il resto e io...cazzo, eri diventato una fottuta infermiera. Ti...ti avevo trasformato in...eri diverso ecco. Cercavo di proteggere entrambi. Ho fatto una cazzata, eh?" concluse con un sorrisetto triste, Mickey lo scrutò per un istante prima di rispondere "Una grossa cazzata. Peccato che te ne sia accorto a distanza di tre anni. In tutto questo tempo tu ti creavi una bella vita col pompiere e io ero qui a marcire aspettando una cazzo di visita da parte tua. Grazie tante."
Ian rimase immobile, lo sguardo fisso davanti a se. L'altro si inumidì le labbra prima di aggiungere schifato "Immagino che questo bel pompiere del cazzo non ti faccia nemmeno prendere le medicine. Altrimenti non saresti rimasto con lui per tre anni. No?" Il rosso scosse la testa e tirò su col naso, le lacrime che spingevano per uscire "No, ma io le...le prendo. Sono stato dal medico qualche giorno fa, dice che nelle ultime settimane ci sono stati miglioramenti. Mick, credimi, mi dispiace. Se potessi tornare indietro..." "Ma non puoi." lo interruppe Mickey tradendo un leggero tremore nella voce "Non puoi ridarmi gli ultimi tre fottuti anni. Non puoi cambiare quello che è successo. Non puoi fare un cazzo. NOI non possiamo fare un cazzo. È tutto finito."
Si toccò il naso cercando di rimandare le lacrime a più tardi, al sicuro nella sua cella solitaria.
Ian fu invaso dal disperato bisogno di stringerlo e, nell'impossibilità di farlo, posò una mano sul vetro. "So che hai passato l'inferno, lo so che alla fine l'unico ad aspettare sei stato tu. Ma ti prego, dammi una seconda opportunità. Ti dimostrerò che non sono il coglione che credi tu. O meglio...lo sono, ma sto cercando di migliorarmi" Il moro si lasciò sfuggire un piccolo sorriso e allungò la mano verso il vetro per poi ritrarla prima di toccarlo. Ian, incoraggiato dal gesto, continuò "Ti prometto che non farò più cazzate e per il pompiere non..." fu interrotto da una guardia che annunciava la fine dell'orario di visite. Mickey fece per alzarsi, ma l'altro riprese a parlare "Posso tornare domani?" Chiese cercando di nascondere l'emozione "Fa come vuoi." Rispose vago il ragazzo, mantenendo però il sorrisetto compiaciuto.
Ian si alzò sorridente, accarezzando un lato della camicia.
Forse avrebbe dovuto dirgli che l'unico motivo per cui non l'aveva lavata era che quella camicia aveva ancora il suo odore addosso.

BUONSALVE
Questo capitolo fa schifo, lo so. Ma nell'ultima settimana sono stata parecchio impegnata e l'ho scritto solo all'ultimo minuto quindi chiedo perdono se non è molto realistico ed è scritto male e robe varie. Sorratemi🌿🌿

Aspetterò | GallavichWhere stories live. Discover now