18.

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Vince aveva capito che qualcosa non andava nel momento stesso in cui, messo piede in ufficio, non aveva trovato il suo migliore amico con il solito sorriso sghembo, ad attenderlo, con in mano la tazza di caffè fumante.

Aveva provato a chiamarlo la sera prima almeno un paio di volte ma, convinto che fosse nudo, sul letto, probabilmente con quel ragazzino, aveva lasciato perdere.

L'indizio, però, che l'aveva portato a preoccuparsi di più, fu proprio il fatto che, a un'ora dall'orario di arrivo al distretto, ancora, continuava a non rispondere al cellulare.

Con la solita Chrysler, si avviò verso l'appartamento del partner, sfrecciando nel traffico con un brutto presentimento addosso. Aveva provato a bussare più volte, invano, poi, aveva preso la sua personale chiave, aveva aperto il battente ma, a parte uno Spookey scodinzolante e un paio di pipì sul pavimento, niente. Nessuna presenza di Cameron.

«Merda, merda, merda!» aveva urlato, lanciando in aria la chiave, ancora tra le sue dita.

**

«Buongiorno Principessa!» urlò uno degli scagnozzi di Dorian, aprendo la porta di legno del seminterrato in cui vi era chiuso dentro Cameron.

Il biondo, che aveva dormito poco e niente per via del dolore, fisico ma, soprattutto, mentale, che lo stava trafiggendo, lo osservò seduto all'angolo con le braccia incrociate sul petto.

«Voglio parlare con lui.» mormorò, a denti stretti.

«Con la tua fidanzatina? Spiacenti, è impegnato in questo momento.» proferì il tizio, avvicinandosi sempre più.

Cameron strinse i pugni, trattenendo un gemito per via del dolore alla costola, probabilmente rotta, che nella parte sinistra del corpo gli impediva qualsiasi movimento.

«Voglio Dorian.» rispose, a denti stretti.

L'uomo fece un fischio e, in un paio di secondi, altri due uomini arrivarono alle sue spalle, con un aspetto per niente rassicurante.

«Avete sentito? Vuole Dorian...» proferì con tono di scherno.

Gli altri due uomini proseguirono verso l'agente con un sorriso maligno sul volto. Uno dei due, decisamente possente e ricolmo di tatuaggi, continuava a darsi pugni sul palmo della mano, come se stesse pregustando di farlo sul viso di Cameron.

«Sei solo un lurido sbirro...e una checca. Non avrai mai niente da noi.»

Cameron indietreggiò, per quanto gli fosse possibile, spingendosi coi gomiti, fino a sbattere la schiena sulla parete sporca.

«Cosa c'è, micetto? Hai paura dei lupi?» Fu in quel momento che, Cameron, si promise di spaccare, letteralmente, la faccia a tutti e tre una volta guarito, se fosse sopravvissuto.

«Cosa state facendo?!» una voce, molto familiare, arrivò alle spalle dei tre delinquenti.

«E' arrivata la fidanzatina.» mormorò uno dei tre.

Tobias, con passo svelto, fronteggiò proprio il protagonista della battuta, fronte contro fronte, con il pugno stretto nel colletto della t-shirt dell'altro.

«Ti faccio vedere di cosa è capace una checca?» lo minacciò, a denti stretti, senza mai staccare la presa né la fronte, da quella dell'uomo.

Quest'ultimo, con un gesto di stizza, e di resa, fece un passo indietro, sistemandosi la t-shirt.

«Solo perché sei il figlio di Dorian altrimenti...»

«Altrimenti, cosa?» lo riprese subito, Tobias, pronto ad attaccare di nuovo.

Gli uomini rimasero a fissare Tobias ancora per qualche secondo, finché uno dei tre non parlò:

«Andiamocene, non ne vale la pena.» e così fecero.


Cameron osservò duro Tobias, incollando gli occhi di ghiaccio in quelli del ragazzo che, fino a qualche ora prima, sapeva di amare con tutto se stesso.

«Me la sarei cavata anche senza il tuo intervento.» mormorò, più che altro parlando con se stesso.

Tobias lo osservò silente, per poi infilare le mani in tasca, come faceva sempre.

«Quindi questa è la realtà? Sei il figlio di un ricercato e sei anche fiero di esserlo?»

Tobias fece spallucce, come se non gli importasse.

«Perché io?» domandò, ancora, il poliziotto.

«Perché è stato facile.» rispose, il moro.

Cameron si passò una mano tra i capelli, trattenendo un gemito di dolore per via della costola rotta.

«Facile...assurdo.» mormorò acidamente.

«E' stato un caso. Non sapevo fossi un poliziotto finché, la prima notte, non ho dato un'occhiata ai tuoi documenti. E' stato...facile.» continuò, il ragazzo, ripetendo la stessa parola, passandosi una mano sulla mascella e grattando sopra uno strato di barba incolta.

«Qual è lo scopo di tutto questo?» domandò Cameron, con gli occhi rossi, esausto.

«Vogliamo delle informazioni ma, soprattutto, abbiamo bisogno di un'esca.» proferì Dorian, entrando nella stanza e prendendo in mano la conversazione.

Cameron lo guardò confuso.

«Il famoso agente Brooksfield è sparito.» mormorò come fosse il titolo di un giornale, virgolettando con le dita le sue stesse parole «Tutta la polizia di Boston si starà mobilitando. Tutti gli agenti saranno impegnati nella ricerca di un loro acclamato collega e, nel frattempo, non ci sarà nessuno a tenere sotto controllo la situazione...» continuò, avvicinandosi a Cameron abbastanza da poterlo guardare negli occhi, una volta inginocchiatosi. «E così...nel frattempo, un carico da dieci milioni arriverà dritto dalla Colombia. Roba buona, roba che mi farà guadagnare abbastanza da potermi mettere in proprio.» sorrise, con gli occhi luminosi. Come se avesse appena rivelato la verità assoluta.

«E quando mi troveranno?» domandò, con sfida, Cameron.

«Non ho dubbi che lo faranno, anzi, ho lasciato qualche indizio qua è là.» di nuovo quel sorriso. «A dirtela tutta» riprese «non vedo proprio l'ora che lo facciano. Immagina la faccia del tuo caro amichetto...quell'italo-americano, quando ti troverà morto come una bestia dentro questa stanza.» rispose, per poi rimettersi in piedi e dirigersi verso la porta, portandosi dietro un silenzioso Tobias.

«Mio caro Agente Brooksfield, in questo momento, sei il dado e, questa, è la mia mano fortunata.»


I DID IT, FOR LOVE.Onde histórias criam vida. Descubra agora