2.

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«Via! Via! C'è la polizia! Muovete il culo!»

Cameron non fece neanche in tempo a mettere piede nella stanza dove, era sicuro, avrebbe trovato anche solo un piccolo indizio per poter iniziare le indagini sulla banda di Chapman quando, la folla, iniziò a correre da una parte all'altra per sfuggire alla polizia.

«Merda.» mormorò, guardandosi intorno e cercando di evitare le spallate dei tanti giovani che continuavano a correre per sfuggire agli sbirri.

«Mi dispiace, amico!» proferì il giovane spacciatore, scappando poi a gambe levate.

Cameron approfittò della confusione per entrare nella famosa stanza: piccola, scura, colma di fumo stantio. Un tavolo rotondo stanziava al centro, sei bicchieri trasparenti vi erano poggiati sopra, alcuni vuoti, altri ancora pieni di liquido ambrato, probabilmente liquore. Una sigaretta ancora accesa, bruciava da sola sul bordo di una tazzina da caffè all'italiana e della polverina bianca, suddivisa in tre strisce lunghe almeno una decina di centimetri, erano lasciate abbandonate accanto a una card in plastica per un abbonamento mensile in palestra.

«Toccata e fuga.» disse a se stesso.

«Ehi tu! Polizia di Boston! Metti le mani dietro la testa e non muoverti!» una voce bloccò i pensieri di Cameron che, sbuffando, fece quello che il collega gli stava ordinando.

«Cameron Brooksfield, narcotici, matricola 4772, Beacon Hill. Non potevate scegliere momento peggiore per fare questo teatrino.» proferì in risposta, con voce decisamente annoiata.

Voltò a metà il viso, sorridendo sornione al giovane agente che, confuso, continuava a puntargli la pistola addosso.

«Vorrei farti vedere il distintivo, ma devo tenere le braccia dietro la testa.» continuò, ironico.

«Cam, Dio santo.» la voce familiare di Vince, fece la sua entrata alle spalle dell'agente.

«E' un collega, abbassa questa cosa.» continuò il moro, portando una mano sulle braccia dell'agente e facendogli abbassare l'arma.

«Scu-scusate. Non potevo saperlo.»

«Eppure mi sembrava di avertelo detto.» rispose Cameron, muovendo il collo da una parte all'altra come se dovesse sgranchirsi per poi fare un cenno con la mano al giovane agente, dicendogli, tacitamente, di togliersi dalle palle.

«A quanto pare qualcuno della zona ha chiamato per la musica.» disse Vince, facendo un passo avanti e guardandosi intorno.

«Ero ad un passo così dal conoscere gli spacciatori di questo posto di merda.»

«Dobbiamo cominciare da capo.» rispose Vince, riportando gli occhi verdi, in quelli di Cameron.

«Forse no.» rispose il biondo, avvicinandosi alla card plastificata, abbandonata sul tavolo.

«Solo un idiota potrebbe lasciare la propria tessera nominativa in un posto pieno di cocaina, nel bel mezzo di una retata.» sorrise, mostrando la piccola tessera, al collega.

«Un idiota che non esiterà a parlare, trovandosi in difficoltà.» continuò Vince, ricambiando il sorriso.

**

«Ecco il vostro uomo: Chris Delaney, classe 1987, figlio di Rob Delaney, il proprietario della Sun Food. Un ricco figlio di papà cocainomane, abbastanza stupido da farsi beccare in un covo di spacciatori.» proferì Jane, incamminandosi sinuosamente verso la scrivania di Cameron, sotto lo sguardo attento di Vince.

«Non ci resta che andare a trovarlo.» mormorò il biondo, osservandone il fascicolo.

«Capo, stamattina sei divina.» disse Vince, guardando con occhi languidi Jane, tenendo la mano sotto il mento.

I DID IT, FOR LOVE.Where stories live. Discover now