7.

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«Continuerai ad osservarmi?» domandò Tobias per poi dare un morso al sandwich preparato da Cameron.

«Potrei, sì.» rispose ironico Cameron, senza distogliere lo sguardo chiaro dal viso delicato dell'amante.

Dopo una lunga doccia, Tobias aveva indossato un pantaloncino morbido grigio scuro e una maglia a maniche corte, bianca, di Cameron. I due stavano cenando silenziosamente già da qualche minuto e, nonostante Tobias fosse perfettamente consapevole dello sguardo dell'agente su di sé, cercò il più possibile di non dargli corda, fino a quel momento.

«Non mi dirai mai niente? Sarà solo un rapporto: "vengo a casa tua, mangio, scopiamo e non fare domande?"» continuò Cam, dando poi un sorso alla birra, ironico, solo in apparenza.

Tobias smise di mangiare. Lo osservò a lungo, con gli occhi ambrati e poi si passò una mano tra i capelli scuri, frustrato.

«Cosa vuoi sapere? Cosa ti cambia? Pensi che m'innamorerò di te e tu di me, che vivremo per sempre felici e contenti? Cazzo!» sbottò, quando con il coltello che teneva in mano, si tagliò il dito.

«Cazzo, cazzo, cazzo!» continuò, tenendosi con l'altra mano per fermare l'emorragia.

Cameron si alzò di scatto, prese la mano ferita del giovane e la portò sotto il getto di acqua fredda.

«Non è successo niente. Tranquillo.» mormorava, carezzandogli le dita con le sue con la scusa di levare via il sangue.

Prese un panno e lo avvolse attorno al dito per poi correre in bagno e prendere la cassetta del pronto soccorso, tirandone fuori un pacco di cerotti.

Tobias, seduto a terra con la schiena poggiata sul mobile della cucina, guardava la benda bianca, sporca di sangue, come fosse l'unica cosa che lo tenesse lontano dalla realtà.

Cameron, sospirando, si sedette accanto a lui, spalla contro spalla, e si voltò, osservandone il profilo: le ciglia, più lunghe del normale, sfioravano le guance ricoperte di efelidi e le labbra, carnose e imbronciate, erano in totale contrasto con il cerchietto di metallo, simbolo di una forza che dimostrava di avere, solo in apparenza.

Cameron, gli passò una mano tra i capelli, attirandone l'attenzione. Tobias, infatti, sussultò visibilmente a quel contatto, come se si fosse dimenticato di essere in compagnia dell'agente. Si voltò anche lui, ricambiandone lo sguardo e il biondo distinse chiaramente un velo sugli occhi ambrati, leggermente più scuri del solito.

Avrebbe potuto dirgli che non era importante, che non voleva risposte e che avrebbero potuto continuare così, vedendosi solo quando Tobias decideva che potessero farlo, facendo del sesso senza sentimento e nient'altro. Oppure, sarebbe potuto andare avanti con la sua vita, tirarsene fuori una volta per tutte e dimenticare quello strano ragazzo, così difficile e lontano, ma dolce e vicino nei momenti più inaspettati. D'altronde, non sapeva assolutamente niente di lui se non che, l'unica volta che si erano incontrati per caso, era stato proprio in un covo di spacciatori nel bel mezzo di una retata.

Eppure, nonostante tutte queste idee che contiuavano a frullargli in testa e la piena consapevolezza che avrebbe dovuto allontanarsi da lui, che sarebbe stata la cosa più saggia da fare, gli prese la mano, la strinse, senza fargli male e, con quella libera, gli spostò una ciocca dalla fronte, unendo poi le labbra con le sue.

«Andiamo a letto.»

**

La mattina successiva, Cameron venne svegliato dal solito raggio di sole che filtrava attraverso la finestra, la cui tenda era stata lasciata troppo aperta, di nuovo.

Aveva avvertito subito la solitudine tra le fresche lenzuola scure del suo letto. La sera prima, avevano fatto l'amore, Cameron ne era certo. La dolcezza con cui si erano uniti, come fosse la cosa più naturale del mondo, le carezze che si erano scambiati prima di dormire, insieme ai baci. Tutto nel più assoluto silenzio, in contrasto con i mille pensieri che affollavano le menti dei due amanti.

Si guardò allo specchio riconoscendo due profonde occhiaie violacee e la barba incolta di un paio di giorni, ispida, che gli ricopriva sensualmente il volto. Prese il rasoio, si cosparse di schiuma bianca e tolse via i residui di due giorni di stress per un'indagine che sembrava non volesse prendere piede.

Si fece una lunga doccia, ormai sbarbato, e poi proseguì vestendosi con la sua divisa personale: jeans sdruciti, scarponcini neri e maglia in tela, aderente, a maniche lunghe, dello stesso colore.

Arrivato al Distretto, si diresse direttamente nell'area ristoro. Non vedeva l'ora di bere il solito caffè nero e andare avanti con le indagini. Vince entrò proprio in quel momento, con il solito aspetto curato e lo sguardo furbo.

«Hai una faccia.» mormorò, affiancandoglisi per prendere anche lui del caffè.

«Già.» rispose, passandosi la mano sul viso.

«Problemi di cuore?» domandò ironico il moro.

Cameron lo fulminò con lo sguardo per poi mimare un sorriso.

«E tu, invece? Avrai mai le palle per chiedere alla donna che ami di uscire?»

Vince nascose il viso dietro la tazza nera.

«Amo...che parolone!» borbottò.

Cameron ridacchiò, certo di quello che aveva appena detto, poi gli diede una spallata e proseguì verso l'ufficio.


N/A

Piccolo capitolo da fine settimana! <3


I DID IT, FOR LOVE.Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin