Sorrido a leggere quel nominativo e premo con il dito su quel piccolo pulsante, producendo un suono squillante.

Resto in attesa per dei brevi minuti, fino a quando la porta non si spalanca e Federico compare davanti la porta.

"Ehi amore, che sorpresa averti qui." Sul suo viso si forma un sorriso di stupore misto a felicità.

Apro la bocca per ricambiare il saluto, ma le parole mi si bloccano in gola, mentre con lo sguardo percorro tutto il suo corpo: la maglietta bianca leggermente aderente macchiata di vernice in alcuni punti gli aderisce al corpo, mettendo in risalto i suoi muscoli, i jeans leggermente stracciati e anch'essi sporchi di vernice.

"Tutto bene?"

La sua voce mi risveglia da quella sorta di stato di trans e solo in quel momento mi accorgo di essermi incantata a guardarlo.

"Si, tutto bene." Aggiusto una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Ho portato il pranzo." Aggiungo indicando il sacchetto bianco tra le mie mani.

"Grazie amore." Mi sorride e mi bacia, appoggiando la mano sul mio fianco e attirandomi leggermente a sé.
"Entra, ti mostro a che punto sono con i lavori."

Entro in quella che dovrebbe essere la sala d'aspetto, quasi irriconoscibile sotto tutti quegli scatoloni e i muri ancora da finire di tinteggiare.

"Questa immagino che sia la sala d'aspetto."

"Esattamente. C'è ancora molto lavoro da fare ma sono a buon punto, anche se non sembra." Mi prende per mano e mi conduce in un'altra stanza. "Questo invece è il mio studio. Ci ho lavorato per tutta la mattina e i muri sono ormai completati.
Mancano solo alcuni mobili da montare e tutta l'attrezzatura, ma sono soddisfatto del risultato che sta venendo fuori."

Appoggio la busta contenente il nostro pranzo sulla scrivania e mi guardò intorno, passando dai muri pitturati di un arancione chiaro fino a un piccolo armadio dalle ante di vetro destinato a ospitare dei medicinali.

"Sta venendo fuori proprio un bel lavoro." Affermo guardandomi intorno. "Sono fiera di te." Aggiungo avvicinandomi a lui e circondandogli la vita con le spalle.

Per un attimo osservo il suo sorriso e il luccichio nei suoi occhi, posando poi le mie labbra sulle sue.

Mi stacco lentamente e lo guardo ancora una volta negli occhi.

"Mangiamo?" Chiede dopo alcuni istanti di silenzio.

"Sì." Rispondo dirigendomi verso il tavolo.

Prendo i due cartocci fumanti e gliene passo uno tenendo l'altro per me.

Iniziamo a mangiare in silenzio, fino a quando Federico non rompe il silenzio che si è creato.

"Come è andata oggi a scuola?"

"Bene. Anche meglio di quanto immaginavo."

"Oh. Mi fa davvero piacere." Mi sorride.

Sposto un pezzo di pollo con la forchetta di plastica e prendo un profondo respiro.

"Ho conosciuto una bambina oggi.
Si chiama Alessandra. L'ho vista piangere in silenzio con la testa appoggiata sul banco, agli ultimi posti e nascosta da tutti. A quel punto l'ho presa per mano, l'ho portata fuori dall'aula e ho capito subito il motivo della sua tristezza."

"Come mai stava piangendo?"

"Voleva la sua mamma." Butto fuori l'aria che non mi ero accorta di trattenere e mi giro a guardarlo negli occhi, sforzandomi di sorridere, ma con scarsi risultati.

Non abbiamo parlato dei miei genitori dal giorno dell'incidente.
Di certo non posso fare a meno di considerarli un minimo responsabili di ciò che è successo, ma non posso nemmeno negare che in tutto questo tempo ho avuto bisogno di loro.

Quasi come a leggermi nel pensiero, Federico lascia cadere la forchetta e avvicina la sua sedia girevole alla mia.

Mi stringe tra le sue braccia e appoggio la testa sul suo petto, respirando il suo profumo a occhi chiusi che molte volte ha placato la paura lasciata dai demoni dei miei incubi.

You seth my heart on fire || Federico Rossi Where stories live. Discover now