Capitolo 4

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Steven Sallivan si svegliò di soprassalto fissando il soffitto, sentiva mille voci nella sua testa, mille pensieri lo attorniavano senza dargli pace, era tutto tremendamente confuso, tremendamente sbagliato.
Non riusciva a non guardare la foto della sua oramai ex moglie che aveva sul comodino, incastonata in una cornice argentata con dei piccoli intarsi blu. Era una donna molto bella ed elegante anche se a volte aveva degli scatti d' ira, dei piccoli momenti in cui tutto le sembrava oscuro e senza soluzione, come se il male rappresentasse l'unica luce. Per questo motivo, l'ultimo ricordo che la rappresentava felice e sorridente non si sarebbe dovuto trovare accanto ad una scatola di antidepressivi quasi vuota, dopo tutto quello che aveva dovuto passare il minimo era darle una sistemazione decente.

 Steven gettò rabbiosamente a terra quel maledetto flacone lasciando che il suo contenuto si rovesciasse sul tappeto rosso sotto di lui, dopodiché tornò a fissare il soffitto e stringendo i pugni gli tornò in mente l' ultimo giorno in cui vide Abigayle. Il ricordo del suo viso rigato dalle lacrime e la sua espressione di rabbia mista a ribrezzo le fece quasi tenerezza.

"Sei solo un frocio!"

Quelle parole gli rimbalzavano di nuovo nella testa facendo eco nella stanza fino a sopprimere qualsiasi altro rumore, forse aveva ragione, era solo un frocio, un malato. Infondo chi se non una persona con disturbi si ingozza di anti depressivi per sopravvivere? 

 Chiuse gli occhi tentando si scacciare via quel marasma dalla sua testa ma la questione peggiorò, vide infinite immagini scorrergli di fronte. La prima di esse fu la più struggente e per un attimo percepì lo stesso tuffo al cuore e ancora una volta nessuno era lì per consolarlo: Abigayle stava per uscire di casa con una mano occupata dalla valigia e l' altra a stringere Joseph, se la ricordava di spalle con suoi lunghi capelli neri che formavano delle onde che una volta gli ricordavano il mare ma ora non più.Adesso sono l' emblema del momento in cui si vide portar via suo figlio.
La scena cambiò di colpo nella mente del Signor Sallivan e lo portò all'esatto istante in cui il divorzio fu reso ufficiale, in quel momento il suo problema non furono i sentimenti ma i soldi che non aveva, la vita che stava perdendo, e il suo sentirsi tremendamente inadeguato, e quella sensazione non andò più via, nemmeno quando la sua ex moglie se ne andò in un incidente stradale. Era probabilmente troppo ubriaca e quello stupido vizio le era costato la vita. Steven pianse prima di tristezza per la perdita di colei con cui aveva trascorso gran parte della sua vita e poi di felicità quando suo figlio gli fu affidato in via definitiva. Da quel momento furono solo loro due in lotta contro il mondo e in perenne conflitto l' uno contro l' altro. Joseph non è mai riuscito ad accettare la separazione e la morte di sua madre ma, soprattutto, non capiva e non voleva capire che suo padre non avrebbe mai amato nessun altra donna, anche se la verità era che nella sua vita Steven non aveva mai amato una donna. Per tutta la vita si era sentito come un rifugiato, un emarginato in continua fuga da se stesso, il non poter essere  come era lo divorava a poco a poco, e ogni giorno della sua vita era stato per lui come una continua partita a nascondino. Eppure Steven aveva un' esistenza discreta, un lavoro soddisfacente poiché possedeva un piccolo negozio di Souvenir nel centro di Londra e , cosa principale, aveva un figlio che amava da morire, un figlio che non avrebbe mai potuto avere se le cose fossero andate diversamente, se i suoi genitori lo avessero accettato così com'era.

"Steven, è solo una fase, ti passerà presto!"

"Mamma ho ventun'anni! Io sono così e basta!"

"Non dire sciocchezze perché se non ti passa questa cosa dell' essere gay ti porteremo da uno psicologo, io sono tuo padre e non accetto queste cavolate in casa mia!"

Li sentiva ancora, udiva le loro voci, i loro urli e i loro pianti soffocati che erano l' eco dei loro sogni infranti e delle loro speranze distrutte. Chi si è veramente quando non si è più nessuno? Quando si è recitato troppo a lungo la parte di qualcun altro? Sentiva un eterna solitudine gravargli dentro come un macigno che gli sfondava lo stomaco. Si ritrovava solo poiché nessuno gli attribuiva un significato o un' identità, lui viveva ma era inutile.

La sveglia suonò irrompendo nella mente del venditore di souvenir e lasciò che i suoi pensieri si disperdessero almeno quelli più nascosti, almeno per quel momento. Ora doveva concentrarsi su suo figlio, doveva tirarlo fuori dal casino nel quale si era cacciato, un qualcosa più grande di lui, più grande di qualsiasi cosa gli fosse mai accaduta. In quel momento si rese conto che l'amore in quella famiglia era stata solo una maledizione che dapprima li aveva uniti, poi divisi e poi portati negli abissi.

Quasi in automatico e senza pensarci scese dal letto e si recò nella camera dell' unica persona che gli era rimasta vicina ma che contemporaneamente era lontanissima dal suo cuore, aprì la porta nello stesso ed esatto modo che lo caratterizzava da oltre sette anni, lasso di tempo in cui lui e Joseph hanno vissuto insieme.
Diede un piccolo colpo di nocca al legno color noce e poi piano piano tirò giù la maniglia fino a far cedere la serratura e a trovarsi in una piccola camera piena di oggetti, c'era di tutto il quel luogo:  dalla collezione di astronavi di Star Wars, ai dischi dei Beatles, fino ad arrivare a giochi di guerra per la play station. C'era ogni cosa utile ma non c' era Joseph, se ne era andato non per costruirsi una vita come dovrebbe fare ogni ragazzo della sua età, ma per rovinarsela in un luogo fatto da sbarre grigie e pareti polverose. Una lacrima solitaria e gelida scese dagli occhi di Steven nell'immaginare il suo adorato e unico figlio in quel luogo, non sarebbe potuto più tornare in piscina a nuotare e sentirsi libero da ogni peso, non si sarebbe più addormentato tra le coperte con il profumo di bucato, non avrebbe più mangiato i pancake alla Nutella che tanto adorava. Niente. La sua vita sarebbe stata solo un susseguirsi di vuoti incolmabili, di corse nel cortile della prigione e lui odiava correre, di coperte grigiastre e sudice con cuscini piatti di colazioni disgustose e, soprattutto, non avrebbe più avuto la possibilità di amare e spezzare quella specie di maledizione. Le lacrime presto si trasformarono in un mare di tristezza alimentato da fiumi di rabbia che scorrevano impavidi fuori dal suo cuore. Steven piangeva per Joseph ma anche per se stesso, per due vite spezzate da amori diversi, violenti e incontrollabili, amori che avevano portato a sbagli e tragedie. L' amore non è solo una grande forma di dolore?

"Non voglio vivere con te, sono stufo che i miei compagni mi prendano in giro!"

"Perché dovrebbero farlo?"

"Perché ti piacciono gli uomini, è orribile, tu sei orribile!"

I singhiozzi echeggiarono per tutta la casa in maniera incontrollabile, rimbombavano tra le pareti e tornavano alle sue orecchie sotto forma dei peggiori momenti della sua vita, quelli in cui non riusciva farsi amare nemmeno dalla creatura che lui stesso aveva contribuito a mettere al mondo, il sangue del suo sangue. Fra tutto quel frastuono orribile ci era però un' unica certezza, la pura e semplice convinzione che avrebbe tirato via Joseph da quell'inferno e vi era solo un modo per farlo, solo una strada e solo una possibilità.


Billy BrownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora