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Stava ancora tremando quando arrivarono davanti alla porta dell'appartamento e anche quando entrò in casa.
Non c'era neanche l'ombra di Ethan e Cassie fu a dir poco sollevata. Se lui l'avesse vista in quello stato, probabilmente le avrebbe fatto un mucchio di domande e, subito dopo aver saputo che cosa era successo, sarebbe andato ad uccidere Daniel con le sue stesse mani.
Arrivarono davanti alla sua stanza e, senza chiedere il permesso, Nathan entrò insieme a lei.
– Mi spieghi per quale motivo sei andata la sotto? – Era arrabbiato, molto arrabbiato. Lo capì non solo dal tono ma anche da modo in cui stava reagendo il suo corpo. Si era messo dritto dritto e aveva incrociato le braccio sul petto. E poi c'era quella piccola vena sulla fronte che, tutte le volte che si arrabbiava, iniziava a pulsare.
– Dovevo parlare con Daniel.. Avevamo lasciato un discorso a metà e...
– Avrebbe potuto ucciderti! – la incalzò lui.
– Non lo affatto – rispose lei seccata.
– Se non fossi arrivato in tempo... – Sospirò e si sedette sul bordo del letto. La rabbia era passata e aveva lasciato il posto a qualcosa che Cassie non riuscì a percepire. Senso di colpa? Paura? – Devi smetterla di fare così, okay?
Così come?
Nathan sospirò – Quando capirai che non puoi continuamente mettere in pericolo la tua vita? – Le venne da ridere – Cosa ci trovi di divertente?
– Mi fa ridere il fatto che cerchi ancora di prendermi in giro, di farmi capire che t'importa anche minimamente di me.
– A me importa di te. Mi è sempre importato di te!
Quella frase avrebbero dovuta farla saltare di gioia, se solo le avesse ritenute sincere – Non si direbbe. Soprattutto dopo che...
– Dopo che me ne sono andato? – sbottò lui alzandosi in piedi – Si, me ne sono andato e ti ho lasciato sola in un momento particolare, forse quello in cui avevi davvero bisogno di me. Me lo avete detto tutti! Robert, Maia, Ethan, tuo fratello e infine anche tu! – Era rosso in viso per via della rabbia ed era abbastanza chiaro che si stesse sforzando per non urlarle contro. Sa che non sopporto quando mi urlano contro, pensò – Non sono andato via perché volevo farlo. Credi che mi abbia fatto piacere stare lontano da te? Avevo finalmente la possibilità di stare con la ragazza che amavo. Eri viva, tutto si era risolto...
– Che amavi ? – chiese con un fil di voce.
Nathan distolse lo sguardo – Si...
– Perché parli al passato? Che cosa è cambiato? – Poi, come una stupida, diede voce ai suoi pensieri – Eri con Isabelle?
– Isabelle? No, per niente!
– E allora che cosa è successo? Che cosa ti ha fatto cambiare idea?
Si alzò da letto e gli andò incontro. Non aveva voglia di litigare. Voleva solo capire che cosa era successo, che cosa gli stesse passando per la testa. Voleva dare una risposta a tutte le domande che si era posta durante i mesi in cui lui non c'era stato. Non appena gli fu vicina, però, lui indietreggiò.
– Non credo che sia il momento giusto per parlarne – disse a un tratto – Ethan sta per tornare e potrebbe sentirci.
– E allora? A lui non importa.
– Lui pensa di essere innamorato di te – disse tutto d'un fiato e nella sua voce le parve di sentire un po' di tristezza.
– No, lui..
– Anche tu temi che lui sia innamorato. Ho notato il modo in cui cerchi di evitare il suo sguardo.
– Non lo evito!
Nathan sorrise – Si invece. Non capisco il motivo. Ethan è un bravo ragazzo, saprebbe darti tutto quello di cui avresti bisogno e sono sicuro che lui non andrebbe mai via.
Cassie sospirò. Era vero, lei temeva che Ethan si innamorasse di lei e sapeva benissimo che lui sarebbe stato in grado di starle accanto, che l'avrebbe amata con tutto il suo cuore. Ma lei? Sarebbe riuscita a innamorarsene? A cancellare quello che provava per Nathan? Sarebbe riuscita a vivere con il senso di colpa perché fingeva di amare qualcuno che in realtà non amava?
– Non capisci – disse. Voleva evitare di guardarlo gli occhi ma lui si fece avanti.
– Tu credi di amarmi, non è vero? – Si sentì avvampare e indietreggiò – Non è davvero così Cassie. Tu pensi che io sia la persona giusta per te, che insieme potremmo vivere tranquilli ma non sono sentimenti veri.
– Che ne sai tu? – Era sull'orlo di una crisi di nervi.
Nathan le prese la mano e le fece cenno di sedersi sul letto. Poi si sedette al suo fianco e prese un gran respiro. Stava per dirle qualcosa che non le sarebbe piaciuto, ne era certa.
– C'è una cosa di cui dovrei parlarti...
– Stai con un'altra?
Nathan sorrise – No e anche volendo non potrei stare con un'altra – rispose. Quelle parole le diedero un po' di speranza. Allora anche lui provava ancora qualcosa per lei! Poi, Nathan inizò a parlare. – Quando sono stato in Antartide, ho incontrato uno stregone. E' fuggito da Parigi circa cento anni fai perché, se non lo avesse fatto, probabilmente lo avrebbero ucciso. Ha lasciato qua la sua famiglia, sua moglie e i suoi bambini, per proteggerli da quello che aveva fatto.
– Che cosa aveva fatto?
– Nel palazzo di Agostin Winkler viveva uno stregone di nome Nicholas. Era il braccio destro del capostipite e gli era tanto federe da sporcarsi le mani di sangue al posto del suo padrone.
Un giorno Agostin gli affidò un compito che lo avrebbe portato fuori dalle mura del palazzo: doveva uccidere il capostipite della Famiglia Leighton. Nicholas accettò e partì quasi subito.
Arrivò a palazzo e si spacciò per un povero mendicante in cerca di un pasto e di un tetto sotto cui dormire. Sebastian Leighton e sua moglie, Marianne, lo accolsero e lo fecero mangiare insieme a loro.
Nicholas notò che anche i loro servi e i loro cacciatori, che ai tempi erano solo nephilim, mangiavano insieme a loro. Quella cosa lo stupì. Il suo padrone non aveva mai fatto mangiare nessuno insieme a lui, non si era mai abbassato al livello dei suoi servi.
Nicholas cominciò a sentire un grosso peso sullo stomaco e dubitò che sarebbe riuscito a uccidere quell'uomo tanto buono. Come se non bastasse, Marianne era in attesa del loro bambino e lo stregone non se la sentiva di togliere a una donna il proprio marito né tanto meno di far crescere quel bambino senza un padre.
– E cosa fece? Non poteva ribellarsi al suo padrone...
– E invece, in un certo senso, si ribellò. Mandò una lettera alla moglie e l'avvisò di non preoccuparsi per lui, che sarebbe tornato il prima possibile e che l'amava. Decise di rimanere a palazzo ancora qualche giorno con la speranza che Agostin non andasse a cercarlo ma, evidentemente, sottovalutò il suo padrone.
Pochi giorni dopo aver spedito la lettere alla moglie, qualcuno bussò alle porte del palazzo dei Leighton. Agostin non solo era andato a riprendersi il suo stregone ma aveva portato con sé un vasto esercito.
Il capostipite dei Winkler accusò Sebastian Leighton di avergli sottratto un uomo e di averlo tenuto prigioniero e, quando Sebastian spiegò che in realtà l'uomo era suo ospite da giorni, Agostin gli rivelò che lo stregone era stato mandato la per ucciderlo.
A quel punto lo stregone venne condannato a morte per alto tradimento da entrambi i capostipiti e tra loro scoppio una lite su chi avesse dovuto avere il compito di ucciderlo. Secondo Agostin toccava a lui in quanto Nicholas era di sua proprietà mentre secondo Sebastian toccava lui in quanto lo stregone lo aveva ingannato spacciandosi per un pover uomo quando in realtà era un assassino.
Nicholas, indignato dal comportamento dei due Nephilim, lanciò loro una maledizione.
– Che genere di maledizione? – Si era talmente appassionata alla storia che, quando parlò, quasi non si rese conto che quella era la sua voce. Quel racconto l'aveva portata indietro nel tempo e quasi si vedeva la, testimone di quello che stava accadendo, come se ci fosse stata anche lei.
– Tanto era forte e distruttivo il loro odio reciproco e tanto sarebbe stato l'amore che avrebbero provato i loro discendenti.
– In parole povere mi stai dicendo che Nicholas ha gettato una maledizione secondo cui Winkler e Leighton dovessero innamorarsi e stare insieme?
– Non proprio – disse lui distogliendo lo sguardo – Nicholas parlava di un amore struggente, forte e, soprattutto, pericoloso. Avrebbe potuto portare alla morte di uno dei due innamorati. Il loro amore, in un certo senso sarebbe stato proibito ma allo stesso tempo non avrebbero potuto fare a meno di innamorarsi.
– Però mio padre stava per sposare tua madre...
– La maledizione salta una generazione ed evidentemente tuo nonno, scaltro com'era, pensava che facendo sposare suo figlio con mia madre, sarebbe stato in grado di spezzare la maledizione. Purtroppo le cose sono andate diversamente... – La guardo negli occhi – Tu non sei davvero innamorata di me, è la maledizione che te lo fa pensare – Cassie non sapeva assolutamente che cosa dire. Doveva credere a quello che le stava raccontando? Oppure doveva pensare che fossero un mucchio di stupide leggende? – Non possiamo stare insieme – disse lui interrompendo i suoi pensieri – Quello che proviamo l'uno per l'altro non è reale e potrebbe portare davvero alla distruzione.. Pensi che quei vampiri ci abbiano attaccati così? Perché non avevano nulla di meglio da fare? – Fece una breve pausa – Quando tuo padre mi ha detto che eri in pericolo, che qualcuno poteva ucciderti, non si riferiva a un estraneo ma a me! Il mio amore per te potrebbe ucciderti..
– Mio padre? Quando lo hai visto?
– Quando ero in Antartide... Lui si trovava la...
– E come hai fatto a rintracciarlo? Avresti avuto bisogno di un incantesimo di localizzazione e Maia non ti avrebbe mai aiutato! – La risposta, però, venne sola – Amanda. E' stata lei ad aiutarti, non è così?
– Non avevo scelta! Dovevo capire un po' di cose... Avevo letto della maledizione in un libro che riguardava le famiglie ma non ci credevo. Quindi ho voluto averne la conferma e chi avrebbe potuta darmela se non proprio un Winkler che stava sposando una Leighton? Lui stesso mi ha indirizzato verso lo stregone.
Il fatto che gli avesse tenuto nascosto una cosa del genere la fece infuriare. Lo odiava, con tutto il suo cuore. Più lo guardava e più si chiedeva come avesse fatto a pensare per tutto questo tempo che lui era la persona giusta, che lo amava e che lui amava lei.
– Forse hai ragione sai? E' la maledizione che mi fa pensare di provare qualcosa per te – Nathan la guardò con aria interrogativa – Non potrei mai essere innamorata di uno come te.
– Uno come me? – le fece eco lui.
Cassie alzò gli occhi. Era arrabbiata e confusa allo stesso tempo e lui dovette accorgersene perché tentò di avvicinarsi, come se volesse consolarla, ma lei lo spinse via. Sentiva le lacrime scendere e bagnarle il volto e si sarebbe voluta prendere a schiaffi per aver mostrato una simile vulnerabilità.
– Non potrei mai amare un bugiardo come te.
Nathan sembrò ferito, sia dal suo gesto sia dalle sue parole. Aprì la bocca, sicuramente per protestare, ma alla fine non disse nulla. Si avvicinò alla porta e, poco prima di uscire, sussurrò ­­– Mi dispiace.
Non appena la porta si richiuse prese la prima cosa che le capitò tra le mani, e la scagliò contro di essa. Si accovacciò a terra e, solo allora, si rese conto che l'oggetto che aveva fatto frantumare, non era un oggetto qualunque.
Prese quello che rimaneva della bambolina di legno, l'unico ricordo che le era rimasto di sua madre, e se la strinse forte al petto. Sua madre l'aveva intagliata personalmente, quando lei era ancora in fasce. Non aveva i soldi per comprarle un vero giocattolo e quindi ne aveva ricavato uno da un vecchio pezzo di legno.
Le rivennero in mente un mucchio di ricordi che risalivano alla sua infanzia. Come per esempio il suo primo giorno in una scuola umana. Pensava che avrebbe deluso sua madre una volta che le avrebbe raccontato che non era riuscita a controllarsi, e invece lei era stata fiera ed era felice per il fatto che ci avesse anche solo provato. E poi il primo giorno a Holding. Lei era felice di essere in mezzo a persone come lei e anche sua madre sembrava felice di essere tornata a casa.
Ripensò a quando le aveva detto che voleva diventare una cacciatrice, a quando gli anni del pre-addestramento erano finiti e sua madre le diceva di concentrarsi per superare gli esami, come se ci tenesse più lei che Cassie.
E, infine, le tornò in mente quella bruttissima scena. Ancora oggi provava dolore e non era del tutto anormale, pensò Cassie, infondo non era passato nemmeno un anno da quando l'aveva trovata in una pozza di sangue.
Si rannicchiò sul pavimento, consapevole del fatto che a terra c'era ancora qualche scheggia di legno, e si abbandonò a un pianto liberatorio. Odiava piangere e odiava ancora di più il fatto che in quegli ultimi mesi lo aveva fatto troppo spesso per i suoi gusti. Stava diventando debole o lo era sempre stata? Poco importava. In quel momento nessuno la stava vedendo ed era meglio così.
Sarebbe andato tutto bene e sarebbe stata forte, pensò. Ma non in quel momento.

Era rimasto dietro la porta per tutto il tempo. Sapeva che le aveva detto troppe cose in una volta e che questo avrebbe potuto confonderla, ma non pensava che avrebbe scatenato in lei una reazione simile.
Non sapeva che cosa avesse lanciato contro la porta ma, a giudicare dal rumore che aveva fatto, si era sicuramente distrutta e adesso giaceva in mille pezzi sul pavimenti, proprio come Cassie.
Nel suo sguardo aveva visto la paura, la disperazione e la rabbia e adesso si sentiva tremendamente in colpa. Forse non sarebbe dovuto tornare. Sarebbe dovuto rimanere in Antartide e magari lasciare che qualche demone lo uccidesse. Sicuramente sarebbe stato meno doloroso di dover stare lontano da Cassie. Maledizione o meno, lui amava quella ragazza e non pensava che sarebbe riuscito ad amare nessun'altra. Ma, era la maledizione a impedirglielo o lui stesso?
Sentì dei passi provenire nella sua direzione ma non alzò la testa.
– E' tutto vero? – chiese Ethan con un fil di voce.
– Hai sentito la nostra conversazione?
– Vuoi sapere se ho sentito che le hai detto che sono innamorato di lei? Si, ho sentito anche quello.
– Mi dispiace, non avrei dovuto farlo. E' solo che... – Si prese la testa tra le mani e socchiuse gli occhi. Non gli era mai capitato di stare così e non sapeva come gestire la cosa.
Sentì un calore al suo fianco. Ethan si era seduto accanto a lui – Non preoccuparti. Hai solo paura di perderla.
– Non puoi perdere qualcosa che non puoi avere – La risposta gli venne fuori così, spontaneamente.
– Credi davvero che si tratti di una maledizione?
Annuì e sentì Ethan che sospirava. Sarebbe dovuto essere felice, finalmente poteva avere la persona che amava, eppure sembrava stranamente dispiaciuto.
Ethan allungò un braccio e lo strinse goffamente a sé. Nate non sapeva cosa fare quindi lasciò che il fratello lo abbracciasse. Improvvisamente si sentì al sicuro, quel genere di sicurezza che solo un fratello può trasmetterti.
– Ti prometto che troveremo un modo per risolvere questa situazione.
Nate avrebbe voluto rispondere che non c'era un modo, che non si poteva risolvere nulla. La maledizione non poteva essere spezzate. Ma rimase in silenzio e, per qualche istante, fece finta che fosse così, che avrebbero davvero trovato una soluzione.

La Cacciatrice Ibrida 2Место, где живут истории. Откройте их для себя