Le grida delle persone che sedevano sugli spalti erano fastidiose ed assordanti, ma Alec non sembrò nemmeno accorgersene: continuò a camminare fino a che non ci fermammo davanti a delle panchine vuote.

«Mettetevi qui, tra poco comincia la partita, ci vediamo più tardi.» disse, per poi sparire nuovamente, lasciandoci tutte interdette.

Ci raggiunsero anche Chad e Brad, che si sedettero accanto a noi, mentre Elias si stava preparando per la partita insieme ai compagni.

Quando cominciò ne persi subito l'interesse, diciamo che non ero un'amante di quello sport.

Trascorsi il tempo a giocherellare con il cellulare, ed a messaggiare con Kayla, nonostante a casa fossero le due di notte. Lei aveva già cominciato le vacanze estive, mentre a Londra io avrei cominciato il giorno successivo e non riuscivo a trattenere la felicità che provavo nel tornare a casa e festeggiare il Natale e Capodanno con la mia famiglia, ma soprattutto, tornare alla calda estate australiana.

«Canestro!» esclamò Mia alzandosi in piedi per esultare insieme agli altri. Io scossi la testa ed appoggiai il mento sopra al pugno chiuso , sospirando. Quanto sarebbe durata ancora quella dannata partita?

«Emozionante, eh?» mi chiese poi la ragazza, rimettendosi a sedere al mio fianco.

La guardai con la coda dell'occhio, per poi tornare a fissare un punto impreciso davanti a me «Tanto..» sussurrai.

L'unica cosa positiva di quella serata fu vedere una squadra di ragazzi con un fisico ben allenato e sudati che continuava a correre davanti ai miei occhi, regalandomi una bella visuale.

Al fischio che segnò il termine della partita, la squadra del nostro college era in vantaggio, quindi la vittoria schiacciante fece nascere un boato di esulti in tutta la palestra.

Mi alzai anche io per applaudire e festeggiare con gli altri, fino a quando Alec non si avvicinò e, senza lasciarmi il tempo di allontanarmi, mi abbracciò e mi sollevò da terra.

«Sei tutto sudato, diamine!» sbottai arricciando il naso e facendolo ridere.

Mi rimise a terra ma non mostrò nessuna voglia di lasciarmi andare, riuscii solo a liberare le braccia ed a premere con forza le mani sul suo petto, che si alzava e si abbassava velocemente, per cercare di allontanarlo. Cosa che non accadde.

«Allora?» chiese poi, sempre sorridente.

«Allora cosa?»

Lui ridacchiò ma non si scompose e mi fece girare, in modo da mettersi tra me e gli altri «Ho vinto, non merito alcun premio?»

Scossi la testa «È solo una partita di basket, non hai vinto l'Oscar.» attestai.

«Non si fa così, Mousse...» piagnucolò imbronciandosi.

«Io non ti ho promesso nulla, ergo tu non puoi aspettarti nulla da me.» precisai.

«Per favore...» mugolò.

Mordicchiai il labbro inferiore quando incatenò il suo sguardo al mio. Mi riuscii a perdere in quei buchi neri e lì, in quel momento, si ruppe qualcosa e mi sentii leggera, dopo tanto tempo. Mi sentivo... felice.

Riuscii a sorridergli solo qualche istante dopo e rilassai tutti i muscoli, compreso il cuore, che in quel momento stava battendo all'impazzata.

Con un braccio stretto attorno ai miei fianchi, l'altro si alzò e sentii la sua mano calda sfiorare la mia guancia sinistra, fermando l'indice lì dove si era andata a formare la fossetta. La guardò attentamente, poi tornò a guardarmi negli occhi.

SORRIDIMIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora