Capitolo 4

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PAIGE

Riuscirono ugualmente a trascinarmi nella loro stanza, nell'edificio dei dormitori maschili del college.

«Qual è il vostro problema? È così difficile lasciare in pace una persona?» chiesi ormai esasperata da quel tira di qua e spingi di là.

«Sì, considerando il fatto che siamo abituati ad avere un branco di ragazze e ragazzi sempre intorno.» rispose Alec sorridendomi.

«Io sono più un lupo solitario...» mormorai, alzando gli occhi al cielo. Non mi piaceva stare in mezzo alle persone.

«Nella vita si cambia idea, Mousse.» gracchiò facendomi l'occhiolino.

Entrammo in una stanza al primo piano, la numero 16, era piena di poster di gruppi famosi e palle di vari sport. I due letti paralleli erano in condizioni disumane ed il tappeto era ricoperto di magliette e jeans.

«Vedo come siete abituati ad avere ragazze che vi girano intorno.» commentai.

Nell'angolo a destra era posizionata una batteria, a fianco ad una chitarra elettrica.

«Oh mio Dio! Questa è...» sussurrai avvicinandomi, non riuscendo a spiccicare parola.

Mio padre ne aveva una simile, la stessa chitarra che suona Matthew James Bellamy, cantante, pianista e chitarrista della mia band preferita.

«Esatto bellezza.»

Aiden mi si avvicinò, osservando lo strumento con totale ammirazione.

«Mi è costata una fortuna.» aggiunse poi, prendendola tra le mani ed indicando l'autografo del mio beniamino.

Sarei potuta svenire da un momento all'altro.

La osservai come un bambino osserva le caramelle. Sentii un'improvvisa voglia di suonarla, di toccarla, sentire il suono stridulo che emetteva e provare quella sensazione di immensa libertà insieme ai brividi costanti.

«Sai suonare?» mi chiese.

Lo guardai stupita. In fondo ero lì proprio per quello. Nel college di arte e musica sicuramente non per studiare diritto o scienze umane...

«Ovviamente.»

«Vuoi?» domandò, ed in quel momento cominciai a scontrarmi con la razionalità e la volontà.

Volevo suonarla... ma non potevo. Perché poi? Avrei potuto benissimo. Ed avrei dimostrato loro anche quanto fossi brava a suonare la chitarra elettrica. Mi tolsi la catena che portavo al collo e ne liberai il ciondolo, ovvero un plettro blu notte regalatomi dai miei fratellini. Mi feci dare la chitarra e mi preparai a suonare una delle mie canzoni preferite: Dead star dei Muse. Chiusi gli occhi e mi lasciai andare. Con quelle note espressi tutto ciò che mi passava nel cuore e tutto quello che a parole non avrebbe avuto lo stesso valore. Canticchiai nella mente anche le parole e quando terminai, riaprii gli occhi, lasciando l'ultima nota fluire e rimbombare nella stanza. Allontanai il plettro dalle corde e sospirai: mi era mancato il suono di quel magnifico strumento.

«Wow.» soffiarono i due fratelli all'unisono.

«La vostra sorpresa mi offende.» dissi incrociando le braccia al petto, dopo aver riposto la chitarra sul letto. Rimisi il plettro al collo e mi avvicinai alla porta.

«Dove vai?» chiese Alec.

«In camera mia?» domandai sarcastica. Era ovvio che non mi sarei trattenuta in quella stanza un secondo di più.

«Avanti Mousse, ci divertiremo! Vieni, siediti qui.» esclamò Alec, indicando il letto.

«No. Me ne vado. Ho troppe cose da fare.» e proprio in quel momento mi squillò il cellulare. Lo presi dalla tasca dei jeans e guardai il mittente: Kayla.

SORRIDIMIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora