Capitolo 2

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PAIGE

La mattina seguente fu Mia a svegliarmi, quel giorno ci sarebbe stato il discorso del preside, la presentazione delle squadre di rugby, football e basket e le iscrizioni a quella delle cheerleader.

Rimisi gli anelli e mi stropicciai gli occhi. Cercai di sistemare quel groviglio castano che mi ritrovavo ogni mattina in testa e mi alzai dal comodo letto.

Non appena fui davanti allo specchio, la prima cosa che notai furono i miei occhi scuri che emanavano tutta la disapprovazione di quel momento. Poi notai anche il debole accenno di occhiaie ed una riga rossastra sulla guancia: un piccolo regalino del cuscino.

«Paige sbrigati! Abbiamo pochissimo tempo: in sette minuti esatti dobbiamo trovarci fuori e contando che ti devi ancora vestire, lavare e truccare e prendendo in considerazione il fatto che per le scale troveremo quasi sicuramente qualche intoppo, arriveremo tardi!» esclamò sbucando alle mie spalle.

La guardai in malo modo «Sei una perfettina, eh?» sbottai poi.

«Esattamente, e gradirei che si seguissero delle regole dato che dovremo convivere per il resto dell'anno. Una di queste è la puntualità.» affermò con convinzione.

Alzai gli occhi al cielo e le feci un gesto con la mano per mandarla via.

Finii di prepararmi, indossando dei jeans scuri e strappati sulle ginocchia con sopra l'unica canottiera bianca che possedevo e la giacca in pelle nera, dato che quella mattina era abbastanza freddo all'esterno.

Raggiunsi la mia compagna di stanza ed insieme andammo nel luogo dove si sarebbero radunate tutte le matricole.

Il preside era immerso in un discorso patriottico, facendo salire sul palco dei ragazzi, probabilmente i capitani di rugby, basket e football che fecero un lungo discorso di incoraggiamento alle varie squadre. Quando tutta quella perdita di tempo ebbe fine decisi di sgattaiolare via, presi il computer e tornai al mio muretto isolato.

Durante il tragitto, un ragazzo alquanto imbranato mi venne addosso, ma ebbe anche la prontezza -fortunatamente per lui- di prendermi per un braccio per evitarmi una brutta caduta.

Mi rimisi velocemente composta e mi risistemai, inspirando profondamente per cercare di mantenere la calma.

«Dovresti stare più attenta...» mi disse il ragazzo con una voce abbastanza profonda e calma.

Quando lo guardai meglio, notai che fosse uno dei tre ragazzi saliti sul palco poco prima, ma decisi di fare finta di niente e mi limitai a guardarlo in cagnesco.

«Sì, sono il capitano della squadra di basket.» disse dando voce ai miei pensieri.

«Non mi importa.» sbottai con non curanza.

Lo sentii ridere, una risata quasi coinvolgente, che mi fece comparire sul volto una mezza smorfia.

Prima di fare altre figure del genere decisi che fosse arrivato il momento di andare, così mi avviai, senza nemmeno salutarlo, verso il muretto.

Mi ci sedetti sopra ed aprii il computer, accendendolo ed attaccandoci le cuffie. Poco dopo arrivò il ragazzo di qualche istante prima, quella volta non era più solo ma circondato da un gruppo di una decina di altri ragazzi.

Fantastico... pensai alzando gli occhi al cielo.

«Ciao, Mousse.» ammiccò poi verso di me.

Rimasi immobile a pensare a ciò che aveva appena detto. Mi aveva chiamata Mousse? Per quale motivo?

Anche se, in fondo, non ero certa che stesse parlando proprio con me, quindi rimasi zitta e continuai a fissare lo schermo del mio computer.

SORRIDIMIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora