Cap. 9

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«Alya!» esclamò Marinette appena la sua migliore amica rispose al cellulare. «Meno quattro giorni alla sfilata!» urlò eccitata, non vedendo l'ora del grande giorno.
«Il vestito?» domandò l'altra. «L'hai concluso?»
«Sì, l'ho finito.» canticchiò in risposta, entusiasta del suo lavoro.
«Foto. Ora!» esclamò la ragazza dall'altra parte dell'apparecchio, non vedendo l'ora di dare un'occhiata all'abito fatto dalla sua amica.
«Appena lo indosso ti mando una foto, ora devo riordinare un po' camera mia perché è il disordine assoluto.» la rassicurò, per poi salutarla e riagganciare, siccome l'amica doveva fare da babysitter ai suoi fratelli.

Marinette, in meno di venti muniti, sistemò camera sua ed ebbe l'occasione di provare il vestito per la prima volta: per fortuna non aveva sbagliato con le misure e le calzava al pennello; i fiori di pizzo, che al centro avevano un punto luce, erano incollati a dovere e non sembravano staccarsi; la gonna semitrasparente rossa arrivava a terra, ma, siccome avrebbe indossato i tacchi, l'altezza era perfetta. Tutto era perfetto. Persino la scollatura che le lasciava scoperta la schiena.

La corvina si fece una foto allo specchio, inviandola ad Alya che, in meno di un secondo dalla comparsa delle spunte blu, le scrisse che stava divinamente, con tanto di emoji con gli occhi a cuore; dopo averla ringraziata, si tolse il vestito, riponendolo nell'armadio, e rimettendosi il pigiama, con l'intento di tornare a dormire: la sera precedente era stata in piedi fino alle due del mattino per incollare i punti luce sui fiori al posto del pistillo.

Era stato un lavoraccio, ma n'era valsa la pena visto il risultato ottenuto.

La ragazza si abbandonò sul letto, dando la buona notte a Tikki, che ridacchiò e rispose che erano le undici del mattino, per poi tornare a sgranocchiare i suoi biscotti, lasciando riposare la sua custode.

Pochi minuti dopo che Marinette si addormentò, si sentì la voce di Sabine che la chiamava dal piano inferiore; fu il suo kwami a svegliarla e a dirle di scendere.

La corvina, svogliata e spettinata, scese da camera sua, irrigidendosi quando, in salotto, vide seduta Lila.

«Marinette, una tua amica è venuta a farti visita.» le fece notare la madre, quando vide la reazione del figlia.
«Già... Mamma, perché non vai a prenderci dei biscotti?» domandò, volendo rimanere da sola con la mora.

Non sapeva ciò che voleva, visto il loro rapporto, ma una cosa era certa: guai in vista.

Dopo che la donna chiuse la porta, la corvina poté parlare: «Che cosa vuoi?»
«Non posso venire a trovare una mia amica?» ridacchiò l'italiana, passandosi una mano tra i capelli.
«So che non è vero. Che cosa vuoi?» ripeté acida, battendo il piede sul pavimento.
«Ok, sarò diretta allora. –rispose, alzandosi in piedi e sistemandosi i vestiti stropicciati.– Io so qualcosa che nessuno sa, nemmeno il tuo dolce Adrien: sei Ladybug.»
Marinette s'irrigidì, iniziando a sudare freddo: «N-Non dire cavolate. Io sono una ragazza come tutte le altre, non sono Ladybug.»

Lila le si avvicinò, con un luccichio negli occhi, come un leone che aveva messo in trappola la sua preda: «Sappiamo entrambe che ho ragione, eroina.» ridacchiò, ammiccando.
«Non hai prove per dire questo.»
«Ne sei sicura?» domandò, con un ghigno di divertimento.

Lila si diresse verso la porta dell'appartamento, aprendola. «Un'ultima cosa: ti consiglio di chiudere le finestre di camera tua, un gatto nero ha la strana abitudine di entrare.»

Marinette non poté ribattere: restò immobile ad osservare l'adolescente uscire da casa sua con un sorriso divertito.

«Come ha fatto a scoprire la mia identità?» domandò la ragazza appena Tikki uscì dal nascondiglio tra i suoi capelli, con aria preoccupata.
«Forse era lei la causa di quando ti sentivi osservata: lei ti seguiva!» sbottò la kwami, fluttuando davanti alla sua portatrice.
«Ora lo scopriremo. Tikki, trasformami.»


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