16. Annegata nei problemi.

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Passati due minuti, sbloccai la porta uscendo e con mia grande sorpresa, le ritrovai ancora lì ad aspettarmi, Jodie mi guardava mentre si mordeva il labbro preoccupata, cosa stava succedendo?

-Sai? In ogni caso, sei troppo piccola per stare con Luke.

-Cosa vuoi Samantha?

-Umiliarti.- Sputò quelle parole con freddezza.

-Potresti lasciarmi in pace?

-No.

-Fanculo.- Sussurrai dirigendomi verso l'uscita dei bagni, ma la sua mano mi bloccò afferrandomi un polso.

-Cosa hai detto?

-Vattene a fanculo, puttana.- Sputai quelle parole guardandola con rabbia e sentendo alleggerire sempre di più la sua presa, fino a quando la sua mano andò a sbattere contro la mia guancia, in quel momento tutta la pazienza che potevo avere con quella ragazza arrivò al limite, e cinque secondi dopo, ci ritrovammo sul pavimento una sull'altra a tirarci i capelli e aggiungendo anche qualche pugno da parte mia. Sentii Jodie urlare per chiamare qualcuno ma a me non importò, la mia principale preoccupazione, in quel preciso momento, era staccare ad una ad una tutte le extensions che aveva quella bionda.

-Basta!- Sentii qualcuno dire, ma ignorai anche quella voce e Samantha sembrò fare altrettanto dal momento che mi colpì di nuovo la guancia, ma con molta più forza. Quella ragazza faceva raramente a botte. Proprio come me, solo che io, guardando la boxe in televisione con mio fratello da piccola, ero riuscita ad imparare qualche tecnica.

Sentii come una mano mi circondò la vita e mi tirò lontano da Samantha e vidi come un'altra persona, che non riuscii ad identificare, fece lo stesso con lei.

-Lasciami andare!- Gridai scalciando in modo da poter liberarmi dalla persona che mi stava trattenendo.

-Mickie, calmati.- Sussurrò al mio orecchio la sua inconfondibile voce. Non poteva essere nessun'altro, dopo una settimana, Hemmings era tornato a parlarmi.

-Lasciami andare!- Ripetei e Luke mi portò fuori dal bagno mentre riuscii a sentire alcuni singhiozzi di Samantha che gridava come una pazza, insultandomi in mille modi diversi ed io non desideravo altro che andare da lei a romperle il naso, con un pugno, con una testata, con qualsiasi cosa, l'importante era farle male. Notai come Luke allentò la presa lasciandomi seduta sul pavimento mentre il mio sguardo pieno d'ira si posava su tutto tranne che su di lui, non volendo guardarlo.

-Si può sapere cosa è successo lì dentro?- Luke incrociò le braccia sul petto davanti a me per impedirmi di scappare ed andare in bagno, aspettando delle spiegazioni. Il mio cuore iniziò a battere freneticamente a causa dell'affanno di ciò che era appena successo, mentre le mie guance ed il collo iniziarono a prudere, probabilmente, per i graffi datami da Samantha.

-Ha iniziato lei, mi ha provocato per tutta l'intera settimana.

-E per questo c'era bisogno di attaccarla?- Chiese guardandomi.

-Cosa? Lei ha iniziato!- Mi difesi.

-Mickie, Samantha per quanto può essere crudele, la conosco abbastanza per sapere e dire che non avrebbe mai fatto nulla che potesse danneggiare la sua pelle.- Rispose facendomi spalancare gli occhi dalla sorpresa.

-Non mi credi? Io non mento!- Gridai anche se non era vero, però in quel momento stavo veramente dicendo la verità.

-Io non ne sarei così sicuro.- Rispose Luke guardandomi e ricordandomi tutte quelle volte che avevo mentito. Per lui. Perché lo avevo fatto per lui.

-Luke, sto dicendo la verità.

-La violenza non sempre è la soluzione per tutto, ora a quanto pare preferisci questo al fuggire.- Disse facendomi paralizzare. Ne avevo avuto abbastanza per oggi, non avevo nessuna intenzione di affrontare un'altra persona, ne avevo incassati abbastanza di commenti ed opinioni stupide sullo stesso argomento.

-Puoi andare al diavolo.- Osservai delusa Luke mentre mi portavo lo zaino in spalla per poi girarmi con l'intento di lasciare la scuola, perché era meglio non continuare le lezioni per oggi. Ero stanca di tutto, e per un giorno, volevo fare qualcosa che volevo.

-o-

Erano le otto di sera, il cielo di Holmes Chapel era ormai coperto da nuvole grige che gli donavano un tocco più deprimente di quello che già aveva dal mio punto di vista. Mi alzai dall'erba su cui mi ero sdraiata, pulendomi con la mano il retro dei miei pantaloni e incamminandomi verso casa. Restai sdraiata lì tutta la mattina e il pomeriggio. Avevo spento il telefono, non volendo sapere niente di niente e di nessuno.

Tornai a casa verso le nove di sera, la luce della cucina era accesa e, passando, trovai mio padre seduto ad osservarmi, non c'era nessuna traccia della sua solita bottiglia di alcool, ma sapevo che ero lo stesso ubriaco.

-E' l'ora di tornare questa?- Mi accusò facendomi irrigidire di più di quello che già ero.

-Mi sono trattenuta un po' di più a scuola.

-Questa è una bugia, mi hanno chiamato diecendo che avevi litigato con una ragazza e non eri più tornata in classe.- Aggravò il suo tono di voce pronunciando quelle parole. -Forse pensi che io sia stupido?- Urlò afferrandomi gli avambracci ed affondando le sue dita sulla mia pelle.

-Ha iniziato lei, papà.- Mi difesi ma anche la sua mano si scagliò contro la mia guancia, solo che, a differenza di Samantha, questo contatto mi aveva fatto cadere a terra.

-Io ti ho creato perché fossi una fottuta ribelle che va a picchiare e creare liti?- Mi accusò afferrandomi dal collo e sollevandomi da terra per poi scontrami contro il muro. -Rispondimi!

-No.- Sussurrai con quel poco di aria che mi era rimasta in gola.

-Sei una disgrazia come figlia.- Sputò quelle parole mentre io tramavo, per la tensione della sua mano contro il mio collo e per quelle forti parole offensive. Lasciò cadere le mani per poi uscire dalla cucina mentre io scivolai lungo il muro, portandomi le mani in faccia e soffocando le mie grida.

Rebellion || L.H. [ Italian traslation ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora