89. Il mio angelo.

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89. Il mio angelo.

Lasciai l'ospedale mentre Ashton continuava a tenermi saldamente al suo fianco con un braccio attorno alle mie spalle, come se stessi per svenire da un momento all'altro. Mio padre stava dall'altra parte, con una mano sulla mia schiena, protettivo quanto Ashton da quando ero arrivata in ospedale.

Brook, che era stato indirettamente ma deliberatamente colpevole del rapimento, era stato anche responsabile del mio riscatto. Dopo essere scomparso il giorno in cui Mark mi aveva rinchiuso, grazie alla sua bravura con la tecnologia, riuscì ad entrare in contatto con la polizia delle città con cui Mark non aveva legami, ed è così che dopo pochi giorni, cinque per la precisione, insieme alla polizia ci raggiunsero in tempo.

Arrivai in ospedale messa parecchio male, con una grave disidratazione che avrebbe potuto porre fine alla mia vita se fossi rimasta in quel posto ancora un altro giorno, a causa della mancanza di acqua nel mio corpo, a mala pena riuscii ad andare in bagno in quel posto infernale, ma in ogni caso prevalsero le vertigini, la sensazione di stanchezza, e quasi perdita di conoscenza. La malnutrizione fu un altro problema che trovarono quando arrivai in ospedale, anche se lieve. La cosa più grave di tutte fu la ferita inflitta da Mark sulla pelle, la quale cicatrice mi sarebbe rimasta a vita e mi avrebbe ricordato le torture a cui fui sottoposta da uno psicopatico.

-I ragazzi sono a casa, hanno fatto una festa di bentornata ma posso dire loro di andarsene se hai bisogno di riposare o se non ti senti bene.- Mi disse mio padre, ed io scossi la testa sorridendo. Durante quel mese e mezzo in cui rimasi in ospedale, Luke, Travis, Chris, Beezus e persino Jodie mi vennero a far visita spesso. Il rapporto con Jodie era pacifico da quando avevo perdonato la sua disonestà come lei aveva perdonato la mia quando avevo detto a Travis che "fosse" il padre del bambino, ma non potevamo essere amiche, per la freddezza che era rimasta, non la volevo nella mia vita e lei lo aveva capito, in ogni caso rimase una bellissima conoscente. Brook non si era degnato di presentarsi in ospedale nemmeno una volta e capii la sua decisione, tutti gli sarebbero saltati addosso ed io non volevo vederlo, nonostante mi avesse salvato la vita, ironia della sorte, era anche uno dei colpevoli per cui la stavo per perdere.

-Luke mi ha chiesto le chiavi così da poter entrare prima che arrivassimo noi, se quello stronzo entra nella mia stanza...- Mormorò Ashton preoccupato sedendosi sui sedili posteriori mentre io sul sedile del passeggero.

-Oh, andiamo.- Risi piano. -Piuttosto la tua stanza lo spaventa.

-Ti ricordi la prima volta che abbiamo litigato la prima settimana qui?- Disse mio fratello, e sorrisi inconsciamente anche se non avrei dovuto, tutto sembrava così lontano, quella stupida litigata che hanno avuto perché Luke aveva sussurrato qualcosa ad Ashton mentre si allenavano, ma che non mi vollero mai dire.

-Si.

-Le sue parole furono "Il giorno in cui ti fiderai di me da farmi entrare in casa tua, la prima cosa che farò sarà fotografarmi con le tue mutande, cognato".- Ora risi ad alta voce, era nello stile di Luke.

-Ed è per questo che avete avuto quella stupida litigata?- Mio padre si schiarì la gola mentre continuava a guidare.

-Mi infastidiva già da un po', con quella frase sono scoppiato.- Scrollò le spalle ed io scossi la testa.

-Vi conoscevate da tre giorni.

-Ed era abbastanza.- Disse con asprezza infantile, ed alzando gli occhi al cielo. Ashton e Luke erano sempre stati gli stessi, così infantili ed immaturamente uguali. Parlando del mio bel biondo, era arrivato in ospedale pieno di lividi ma niente di grave, e non aveva lasciato l'ospedale per me se non per andare a farsi la doccia e dormire, anche Rosalind di tanto in tanto mi era venuta a trovare, al che, inevitabilmente, non potevo non guardarla diversamente. Appena mio padre parcheggiò, scendemmo dall'auto e ci incamminammo verso casa.

Rebellion || L.H. [ Italian traslation ]Where stories live. Discover now