1. Scelte sbagliate.

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«Tu, Calamity Smoke, giuri di dire solo la verità, nient'altro che la verità, in favore della legge dello Stato americano e di Baltimora, la tua città?» il giudice sembra guardarmi con aria di sfida da sopra la sua cattedra. Questo è il decimo processo in due settimane. La mia accusa? Sono stata parte di un gruppo di ragazzi che rubavano gioielli e li vendevano ad una gang mafiosa molto famosa qui a Baltimora. Vi starete chiedendo se è vero, se sono una ladra sul serio, e siccome vi state prendendo il disturbo di leggere la mia storia, forse è il caso che vi dica la verità: sì, ho fatto parte di questa banda e sì, sono una cattiva. L'unica cosa che ho di buono, forse, è che ho avuto le palle di raccontare tutto alla polizia nel momento in cui mi sono resa conto che la situazione stava degenerando, ossia quando Harry, il mio ex ragazzo, ha ucciso una persona.
Sapete, non ho mai avuto bisogno di soldi: mio padre è uno dei detective più famosi della città, perciò le mie azioni, di fronte ad un giudice, sono sembrate completamente scervellate. Mi hanno descritta come una ragazzina talmente complessata che nel proprio momento di ribellione adolescenziale ha deciso di mettere i bastoni fra le ruote alla carriera del proprio padre. Per non parlare delle fandonie che stanno raccontando i giornali sul fatto che la mancanza di una figura materna mi abbia resa aggressiva. Di sicuro non è per colpa di quella stronza che mi ha messo al mondo se ho fatto quello che ho fatto. Il vero motivo, che tutti continuano a rifiutare perché troppo simile alla trama di un romanzetto rosa da quattro soldi, è che mi sono innamorata.
Ho conosciuto Harry al liceo un paio di anni fa e subito tra noi è scattata la scintilla. Facevamo sesso una volta al giorno, in alcuni casi anche due, ed eravamo la coppia più bella di tutta la scuola. Non eravamo i classici quoterback-cheerleeder o i comuni ragazzaccio-ragazzaccia, no, noi eravamo più la coppia che si bacia in ogni momento, quella che nessuno sopporta perché mette a disagio gli altri con la sua passione. Poi, quando abbiamo finito entrambi la scuola, abbiamo capito che non potevano vivere per sempre alle spese dei nostri genitori, così abbiamo deciso di metterci in proprio e di unirci a Trevor e la sua banda, saccheggiando tutte le gioiellerie di Baltimora e vendendo il bottino alla gang che ora sto denunciando.
«Lo giuro.» prometto quasi annoiata.
«Perfetto, signorina Smoke.» l'avvocato dell'accusa si alza, pronto a porre nuove domande contorte per mettermi in difficoltà. «Allora, abbiamo sentito tante ipotesi sui motivi che l'hanno spinta ad unirsi a quella banda, ma ancora non ci è chiaro quale sia la vera...»
«Avvocato Roth.» lo chiamo, dopo dieci processi ormai non devo neanche leggere il suo cartellino per sapere il suo nome. «Non capisco come questo possa avere a che fare con il mio processo. Mi sono consegnata da sola alle autorità, questo non dovrebbe bastare per garantirmi l'incolumità?»
Forse mi sono dimenticata di dirvi che, tra un furto e l'altro, studiavo legge in un college di Baltimora, per questo non ho un avvocato: esattamente come nella vita reale, so benissimo difendermi da sola. Sono una contraddizione unica, non trovate?
«Certo e siccome nel processo precedente abbiamo appurato che lei non è stata parte fondamentale per le rapine, avevamo preso un accordo secondo il quale suo padre avrebbe dato un riscatto alle gioiellerie derubate, mentre tutte le accuse su di lei sarebbero cadute. Il punto è che per concludere ci deve dare maggiori informazioni sulla gang al quale vendevate i gioielli.» Roth mi guarda dritto negli occhi, aspettandosi qualche segnale di cedimento. Tutte le volte che veniamo in tribunale, Roth si aspetta che io confessi qualcosa del quale non sono a conoscenza.
«Tutto quello che sapevo ve l'ho detto. Come ho già ribadito più volte, io ero solo una pedina in questo gioco. Non so assolutamente nulla del resto della banda che ci controllava.»
Finalmente il giudice arriva in mio soccorso: «Basta. Direi che ci siamo dilungati fin troppo: è ovvio che la ragazza non sa nulla, altrimenti avrebbe parlato. Con l'aiuto della commissione dichiaro Calamity Smoke non colpevole, in quanto, come ha detto lei, pedina di un gioco del quale non sapeva nulla. Il padre pagherà una somma in riscatto alle gioiellerie derubate, ma la ragazza non verrà perseguita penalmente in quanto ha aiutato la polizia a incarcerare Harnold Styles, assassino di una commessa dell'ultimo negozio in cui il loro gruppo ha commesso un furto. Calamity, mi dispiace averti fatto fare così tanti processi. Per quanto ci riguarda, direi che puoi tornare a casa e alla tua vita. La sentenza è tolta.» il giudice mi sorride poco prima di andarsene.
È durata meno di quanto mi aspettassi.
Tiro un respiro di sollievo e mi alzo, raggiungendo mio padre.
«È finita.» mi dice mettendomi un braccio intorno alle spalle, visibilmente sollevato.
«Papà, io...» cerco di trovare le parole adatte per scusarmi, non volevo metterlo in un casino del genere.
I suoi occhi verdi, così simili ai miei, mi osservano sereni: «Tesoro, ascoltami, tu non hai assolutamente nulla di cui scusarti. Hai fatto delle scelte sbagliate, ma già solo il fatto che hai avuto il coraggio di denunciare tutto alla polizia non può che rendermi orgoglioso di te. Mi sono preso una settimana di ferie: preferisco stare a casa con te.»
Annuisco felice: «Papà, dici che mi riprenderanno al college?»
«Credo che dovrai aspettare un pochino prima di riprendere gli studi.» raggiungiamo la macchina senza difficoltà: per fortuna questa volta i giornalisti sono stati fatti allontanare dal parcheggio. Penso che se fossero stati qui anche oggi non mi sarei fatta fermare da mio padre e avrei mollato un bel pugno al primo che mi chiedeva se amassi ancora Harry. «Hai appena denunciato una banda mafiosa di Baltimora, è pericoloso che tu vada troppo in giro da sola.»
«Va bene, ma che faccio nel frattempo?»
«Finché avrò le ferie potrai stare a casa con me, nel frattempo ho contattato il Programma Protezione Testimoni e so che quando io tornerò al lavoro avrai un ragazzo pronto a proteggerti.»
Non posso fare a meno di ridacchiare dell'idea: «Papà, non penso che trovarmi una guardia del corpo risolverà le cose...»
«Calamity, non sarà semplicemente una guardia del corpo. Sarà i miei occhi e le mie orecchie quando io non ci sarò.»
«Papà, so difendermi benissimo da sola. Hai visto in tribunale, no?»
«Tesoro, credo che una gang mafiosa munita di qualsiasi tipo di arma esistente sia molto peggio di una banda di avvocati. A proposito, hai fatto un ottimo lavoro con Roth. Lo hai steso.» mi porge il pugno, ghignando soddisfatto, poi torna serio. «So che sei una con le palle e lo hanno notato tutti, ma lasciami fare il ruolo del padre protettivo almeno per questa volta.»
«Beh, speriamo almeno che sia sexy.» lui sbuffa bonariamente ed entrambi scoppiamo a ridere. Poi mette in moto la macchina e finalmente andiamo a casa.

Non ho più un cellulare: il mio IPhone l'ho gettato dalla finestra di camera mia (al primo piano) perché ero stufa marcia di leggere messaggi falsi da parte di tutti i miei amici. Sono una ragazza sola, forse, ma lo sono per scelta. Una settimana è passata in fretta, tra pomeriggi passati di fronte alla TV a guardare maratone di Harry Potter, il Signore degli Anelli e Hunger Games con mio padre e serate insonni in compagnia di un buon libro.
Questa mattina, finalmente, sono a casa da sola perché lui è tornato al lavoro. Non gli hanno tolto il distintivo, ma i suoi colleghi hanno dei comportamenti diversi nei suoi confronti. Mi ha assicurato che se ne infischia, perché è orgoglioso del comportamento che ho avuto, ma questo non mi impedisce di sentirmi in colpa. Non volevo causare tutto questo male.
Scendo in cucina, dove mi preparo una tazza di latte e cereali. Mi hanno impedito di uscire di casa per ancora qualche settimana. Dicono che la gang mi sta cercando. Non so molto di loro, solo che il capo si chiamava Mark e che non era originario di Baltimora. Aveva un accento tedesco, io l'ho sentito parlare al telefono solo una volta, ma ho capito subito da dove provenisse. Non l'ho mai visto in faccia, per questo sono così inutile per la polizia. Sicuramente, però, quei bastardi hanno visto me e il non sapere che nemico ho di fronte mi spaventa. Potrebbero nascondersi ovunque, dal ragazzo che consegna le pizze a quello che ci porta i giornali, per non parlare dei vicini di casa. Ho perso la fiducia nel genere umano grazie al semplice fatto che tutti mi fanno paura ora. Non voglio morire da sola a ventidue anni. Non voglio proprio.
Mentre rimugino in questi pensieri sento dei rumori in salotto. Sembra che qualcuno sia entrato. Con il cuore che mi martella nel petto prendo un coltello da pesce e vado a vedere che succede.
Un ragazzo con indosso una maglietta attillata grigio chiaro mi guarda. Ha le spalle larghe e le braccia decisamente troppo muscolose ricoperte da tatuaggi variopinti. Il viso è sbarbato, cosa che in qualche modo sembra far risaltare gli occhi verdi. Ha un anello al naso e i capelli castani sono corti ai lati e leggermente più lunghi al centro.
«Chi sei?!» chiedo cercando di sembrare calma, ripetendomi che se fosse stato un sicario, probabilmente ora non respirerei già più.
«Mi chiamo Zachary Steven Merrick, sono del Programma Protezione Testimoni e ho l'incarico di proteggerti fino a quando la gang non sarà in carcere.» si presenta lui porgendomi la mano, ma io la ignoro, ancora dubbiosa. Lo osservo bene in faccia e mi accorgo che avrà solo qualche anno in più di me.
Possibile che reclutino soldati con a malapena venticinque anni?

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