«Non lo sono, non ancora» mi corregge con estrema educazione. «E hai sentito anche tu Louis: non potrei occuparmene nemmeno se avessi ragione tu.»

«Possiamo provare a richiamare Evan?»

Matt annuisce in fretta, portandosi nuovamente il telefono all'orecchio.









I ragazzi sono riusciti a far ragionare Evan dopo qualche giorno e i discorsi fatti con Louis sono stati di grande aiuto; è mio fratello ad accompagnarmi a fare la denuncia. Piove ancora, ma questa volta non ho con me nessun ombrello.

Harry è in università e vi resterà per un altro paio d'ore, Matt ha deciso di rimanere a casa. Evan ed io siamo costretti a usare la metropolitana perché di taxi sembra non essercene l'ombra.

Evan è silenzioso, sembra persino più preoccupato di me. Io sono terrorizzata e sono fermamente convinta che sia un sentimento completamente diverso dalla preoccupazione. Sono così intenta a pensare ai fatti miei che Evan è costretto a farmi alzare dalla metro per scendere alla fermata corretta; lo seguo persino intontita per via della folla.

Quando usciamo in superficie la pioggia si è placata nonostante le nuvole siano ancora presenti, sempre pronte a una nuova minaccia. Seguiamo la strada per qualche metro, l'edificio non è poi così distante dalla fermata della metropolitana.

So di essere arrivata, ma al momento di muovere l'ultimo passo, resto immobile. Evan è al mio fianco e mi tende la mano con un debole sorriso di incoraggiamento a increspargli le labbra. È lui stesso poi a stringermi la mano, procedendo verso le scale d'ingresso.

Louis ci ha spiegato più volte dove andare, così saliamo al secondo piano, percorrendo un'ampia scalinata di marmo antico. Tutto è asettico, come se qualcosa addirittura non andasse; la reception è alla nostra sinistra e l'impiegato dietro alla scrivania ci fa un debole cenno con il capo, quasi volesse intimarci a parlare.

Raddrizzo la schiena, posando entrambe le mani sul bancone freddo, schiarendomi la voce.

«Miss?» Lo stesso impiegato parla poi con una certa esitazione nella voce, sembra preoccupato; Evan trattiene il respiro quando mi decido finalmente a parlare.

«Devo sporgere una denuncia.»

Senza scomporsi, probabilmente fin troppo abituato a quel genere di richieste, l'addetto annuisce e allunga una mano alla propria destra per estrarre da un fascicolo rosso un plico di documenti; li dispone di fronte a me, indicandomeli poi con il dito indice.

«Li compili per intero» si alza un secondo più tardi, aggiustandosi il colletto della divisa blu. «Avviso il mio superiore.»

Davanti ai miei occhi ci sono quattro fogli ed io non ho nessuna idea di che cosa fare per compilarli; Evan si avvicina, recuperando una penna dall'inchiostro nero.

Me la rigiro tra le dita, scorrendo con gli occhi i vari campi da compilare; l'impiegato ritorna proprio mentre poso la biro accanto all'ultimo documento. Il braccio di Evan mi si posa intorno alle spalle.

«Mi segua Miss, da questa parte.» Il suo tono è cordiale mentre mi indica la via; Evan annuisce e si sposta leggermente: sa che non può proseguire oltre.

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