Capitolo 18

1.1K 52 3
                                    

L'anno era iniziato nel migliore dei modi: presto avrei iniziato il corso di teoria per la patente, così me la sarei fatta sia per la macchina sia per il motorino. La maturità si stava avvicinando ed io e Alessio ci trovavamo quasi ogni giorno per studiare... anche se ovviamente con lui erano ben pochi i motivi per rimanere concentrata. Un pomeriggio, ad esempio, eravamo sul divano di casa mia. Non che non ci fosse nessuno, anzi: solo mia madre era fuori per lavoro, ma eravamo comunque coccolati insieme mentre mi guardavo 'Amici'. "Emma é proprio brava a cantare, mi piace molto" disse il mio ragazzo accarezzandomi i capelli. "Già" sorrisi. "Starei volentieri al suo posto" sospirai. "Ad Amici?" Chiese lui. "Si, dentro alla scuola. Amici é una gran figata, ti prepara tecnicamente e artisticamente, secondo me mi migliorerebbe tantissimo! E poi pensaci, potresti andarci anche tu" propongo puntandogli un dito al petto. "Ma io voglio la band, non mi piace cantare da solo. Ho sempre avuto una band a farmi compagnia, e se devo aver un certo successo lo voglio avere con loro." Mi spiega guardandomi. Sorrido e lo bacio sulle labbra, si gira e mi ritrovo a cavalcioni su di lui. "Amore... vado a fare la cioccolata calda." Spiego riprendendo fiato. Mi tiene ancora attaccata a lui mentre continua a baciarmi, poi mi lascia andare sorridendo. Nevica da tutto il pomeriggio e se non smette domani le scuole resteranno chiuse, si deve stare attenti persino ad uscire di casa. "Domani se la neve tiene andiamo con i ragazzi al parco a divertirci, vieni anche tu?" Alessio é entrato in cucina e mi tiene da dietro per i fianchi mentre accendo il gas per cucinare la cioccolata. Annuisco pulendomi le mani. "É da anni che non vedo così tanta neve e voglio fare una mega sfida a palle di neve" propongo divertita. Alessio ride scuotendo la testa mentre vado di fronte a lui che é seduto sul piano in marmo della cucina. "Sei peggio di una bimba" mi sussurra divertito. Metto il broncio unendo le mie mani con le sue. Mi alza il mento incatenando i suoi occhi con i miei. "Sei bellissima anche col broncio" sorride unendo le nostre fronti e i nostri nasi. "Ah no ho sbagliato, tu sei sempre bellissima" mi bacia il naso. "Non é vero" smentisco ridendo. "Si che é vero" mi bacia la fronte. "Altrimenti..." mi bacia la guancia destra. "Il..." la sinistra. "Sottoscritto..." mi bacia le labbra a stampo. "Non si sarebbe innamorato di te." Faccio la linguaccia e lo bacio, lui mi chiede accesso alla mia bocca che concedo, trasformandolo in un bacio mozzafiato, che finisco col fiatone. "La cioccolata!" Esclamo staccandomi da lui e correndo al pentolino, salvando il contenuto che si stava bruciando. "Stavi bruciando una cioccolata calda!" Mi prese in giro lui. "Per colpa tua!" Precisai versando la cioccolata sulle tazza. "Panna?" Chiedo aprendo il frigo. "Panna, ma la metto io" sorride venendo verso di me. Prende lo spray per la panna e guarda le tazzine. "É poca cioccolata!" Brontola. "La tazzina é quasi piena, e tu dovresti iniziare a dimagrire. Non voglio un ragazzo senza addominali, pettorali e muscoli." Lo rimprovero. "Dici che non ho addominali? Cavolo mentre eravamo nudi sullo stesso letto pensavo mi avessi visto il corpo!" Grida divertito. "Shhhh che cosa gridi? Comunque, quella sera, pensavo a ben altro." Rido provocandolo. Strabuzza gli occhi mentre si decide a mettere la panna sulla cioccolata. Mi prende una mano e me la infila sotto il suo maglione, facendomi accarezzare la piccola porzione di muscoli che ha. "Scemo" lo ammonisco. Si gira sporcandomi di panna sotto la mascella, sul mio collo. "Oh dai non voglio sporcarmi!" Brontolo. "Ah ferma, faccio io" sbuffa lui. Si avvicina e mi lascia un succhiotto sul collo, succhiando la panna. Mi stacco da lui ridendo. "Andiamo a berla va'...". Mi guarda e ride vedendo il segno violaceo sul mio collo.

Come previsto, il giorno dopo le scuole erano chiuse. Gli adulti faticavano per andare al lavoro, c'erano più di 30 centimetri di neve e il ghiaccio era arrivato sul motore di molte macchine, rendendole inutilizzabili. Mia madre, lavorando dall'altra parte della città non sapeva come arrivarci, così con Giuseppe partì mezz'ora prima del solito per arrivare in tempo. Anche io mi ero svegliata, odiavo svegliarmi tardi e anche se non andavo a scuola alle 7 ero già in piedi. Tirai fuori giacca pesante, stivali per la neve, guanti e calzamaglia dato che questo pomeriggio avrei toccato la neve. "Già sveglia sei?" Lorenzo, davanti la mia porta, mi fece sussultare tanto da farmi cadere mettendo male la caviglia. "Hey attenta a non mettere male la caviglia!" Azzardó Lore, ma avevo già il culo per terra. Gemetti per il dolore portandomi la gamba al petto. Lorenzo si avvicinó provando a massaggiarmi la caviglia, anche se mi faceva un po' male. "Vuoi del ghiaccio?" Mi chiese. "No, sto bene" sospirai alzandomi. "Pensavo di essermi fatta più male" cercai di stare in piedi. "Troppo sonno eh?" Mi chiese Lore. "Oh no... non so mi sento strana, ho come un brutto presentimento" confessai. "Quanto brutto?" Mi chiese ancora. "Non so, ma é come se so che questo giorno me lo ricorderó per qualcosa di non piacevole" cercai di spiegare. "Mh... cerca di stare attenta" mi sorrise. Continuai ció che stavo facendo. Poi sistemai un po', controllai delle cose al computer per comporre la mia tesi e arrivó già l'ora di pranzo. In cucina sentivo Lorenzo sofriggere qualcosa per preparare il pranzo, e non avendo niente da fare andai da lui per aiutarlo. Arrivó la piccola Flora che prese la rincorsa venendomi in braccio. "Ciao bellissima" sussurrai abbracciandola. "Vuoi aiutare me e Lore a cucinare?" Continuai. "Si si!" Guardai Lorenzo che sorrideva. "Vieni, mettiamo a bollire la pasta" proposi prendendola per mano e avvicinandola ai fornelli. Le lasciai versare il sale, poi io versai la pasta.
"É bello cucinare con i miei fratelli" sorrise la piccola. Fu li che io e Lorenzo ci guardammo: si, io e lui ci eravamo già chiamati 'fratellone', 'sorellina', ma per scherzare. Flora invece diceva sul serio e mi eletrizzava un poco sentirmi dire "mia sorella", ero sempre stata figlia unica.

Resta anche domani (Alessio Bernabei) #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora