41 - A volte... ritornano

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30 marzo

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30 marzo

L'avevo pensata ogni giorno, sognata ogni notte.

Mille volte avevo ripetuto il suo nome e mi ero chiesto come stava, se stesse soffrendo per il mio repentino cambio di direzione, se i suoi sentimenti per me ci fossero ancora. Se mi stesse ancora aspettando.

Mi mancava.

È strano come si comprenda quanto qualcuno sia importante per noi, solo nel momento in cui lo perdiamo.

No, mi dissi, non era il mio caso. Io sapevo da qualche tempo quanto lei fosse importante per me. Sapevo cosa provavo per lei. E, nonostante ciò, non avevo fatto niente per tenermela.

Non l'avevo cercata neppure quando avevo scoperto che in arrivo non c'era alcun bambino. Che quello di Jessica era stato solo l'ennesimo tentativo di recuperare il nostro rapporto. Mi aveva tenuto sotto scacco per due mesi ma, alla fine, aveva confessato il suo imbroglio.

Avrei potuto riprendere il largo, andare dove desideravo, ma avevo deciso di restare al porto di Darwin, dove tutto era iniziato.

Ormai non c'era nulla da fare, potevo solo dimenticare e starle alla larga. Dimenticare quanto stronzo ero stato, quanto le avevo fatto del male. Ivy si meritava di stare con uno della sua età, non con chi l'aveva sedotta e poi abbandonata al primo alito di vento contrario.

Ma che cazzo pensavo! L'idea di rivederla mi aveva tenuto a galla per tutto quel tempo.

Presi in mano il cellulare e aprii l'applicazione galleria delle foto. Gli scatti la ritraevano sempre sorridente. Il cuore prese a battere più veloce.

Ricordai quanto era morbida la sua pelle, sublimi i suoi baci e appaganti le sue carezze. Ricordai, con estrema chiarezza, il momento in cui avevo capito di essere pazzo di lei. Era successo la sera in cui ci eravamo trovati sotto l'acquazzone, con i fulmini che illuminavano la sua pelle. Mi ero fermato a osservarla, accarezzando il suo corpo snello. Era bagnata come un pulcino, ma ai miei occhi era un cigno. Era perfetta. Ed era mia. E l'unica cosa che volevo, era farla stare al sicuro. Avrei preso volentieri un fulmine pur di proteggerla. La mia vita per la sua. Dopodiché, avevo smesso di lottare con tutte le mie forze contro quell'amore che spingeva verso di lei.

Non ero più solo.

Il cellulare squillò. Era mio fratello.

«Sì?» sibilai, incazzato.

«Sei un coglione.»

Mi raddrizzai. «Grazie per avermelo ricordato.»

«Cristo, sei davvero un coglione.»

Uno con il cuore a pezzi e la mente ridotta a un ammasso di gelatina, pensai.

«Ho una voglia di venire lì e di farti ragionare a suon di calci in culo» ringhiò. «Che aspetti a far chiarezza?»

Forbidden tripWhere stories live. Discover now