29. Nikolaus

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«Visto che non ne stai parlando con Katharina, deduco che non te l'abbia detto lei, quindi come l'hai scoperto?»

Quelle furono le prime parole che mio padre mi rivolse non appena mi vide varcare la porta di casa loro, non mi diede il tempo neanche di spiegare nulla, ma, per una volta, le sue conclusioni non erano molto lontane dalla realtà.

«Fallo almeno sedere, Jakob.» Mia madre si affacciò dal corridoio il tempo necessario per chiedere: «Vuoi un caffè?»

Quando acconsentii con cenno della testa, lei sparì di nuovo e io potei concentrarmi di nuovo su mio padre. Mi stava guardando come se stesse valutando quanto fosse grande la cazzata che gli avrei confessato, sembrava aspettarsele sempre quando si parlava di me e Katharina e forse non sarebbe stato troppo sorpreso da ciò che gli avrei detto.

«L'ho seguita in ospedale.» Confessai prendendo posto sulle sedie al tavolo del salone. Mio padre, ora seduto davanti a me, alzò un sopracciglio mentre un'espressione perplessa gli si dipingeva in volto. Okay, forse l'avevo davvero preso in contropiede. «Cioè le ho dato un passaggio visto che era in ritardo e poi le sono stato dietro fino a che non ho capito che andava dal padre. E, prima che tu mi rimproveri, non sono fiero di averlo fatto.» Mi affrettai a spiegare prima che si facesse l'idea sbagliata.

«Almeno sei consapevole di aver sbagliato.» Non che la cosa migliorasse, ma almeno non mi stava linciando sul posto. «Ricordatelo quando litigherai con Katharina.»

«Non litigherò con lei.»

O almeno, non era quello che volevo, auspicavo più a confronto civile, il verso incredulo che mio padre lasciò uscire non appena udì la mia replica, però, rese chiaro quanto non desse la minima chance alla possibilità che le mie parole si rivelassero vere.

Con Katharina finivamo spesso a battibeccare per le cose più futili, ma non mi sentivo di definire nessuno di quei screzi come dei litigi. In realtà, solo i nostri primi incontri si potevano definire tali e l'idea di ripete quegli scontri furiosi rischiava di scoraggiarmi in partenza, motivo per cui mi ostinavo a credere il contrario.

«La eviterai direttamente?» Continuò a incalzare mio padre mentre mia madre poggiava le tazzine piene della bevanda scura e odorosa sul tavolino e si sedeva con noi con un'espressione curiosa in volto.

«Non la sto evitando.» Suonavo come un disco rotto anche alle mie orecchie, ma con quella frase feci un passo falso,

«Non ho mai detto che tu lo stessi facendo, devo pensare che tu l'abbia fatto per via di venerdì?»

Se avessi risposto di no, sarei stato un bugiardo, il giorno prima non ero riuscito a parlare con Katharina, a parte pochi e insignificanti momenti tutti circoscritti a questioni lavorative. E, quel che è peggio, era che l'occasione per cercare di parlarne non era mancata, ora invece la situazione era destinata solo a diventare ancor più ingarbugliata.

«Cosa è successo venerdì?» Chiese mia madre facendo passare lo sguardo tra noi in attesa di risposte, mi stupiva scoprire che papà non le avesse detto nulla, anche se, in effetti, non ero sicuro che anche lui sapesse esattamente cosa era accaduto.

«Ho capito che sono geloso di Katharina, in realtà lei ci è arrivata prima di me e non l'ha presa molto bene.»

Non c'è che dire, il dono della sintesi l'avevo ereditato.

Mi sentivo stupido a riassumere la cosa in quel modo ma non sapevo come altro renderla.

«Lei ti piace?» Quelle tre parole calarono su di noi come dei macigni mentre mia madre mi guardava in attesa che le rispondessi. Ci misi un po' a fare ordine e anche alla fine non ci riuscii del tutto.

Armonia di sogni e speranzeWhere stories live. Discover now