20. Katharina

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Quando entrai nell'edificio della Mayer Advertising Society, ero determinata a prendere con filosofia qualsiasi commento caustico che, ero certa, sarebbe stato pronunciato dalle labbra del testardo e impenetrabile Nikolaus Mayer. Sarei stata un'illusa a pensare il contrario, il mio affascinante, appena ufficializzato, amico aveva anche un carattere fumantino e se, stava covando quella rabbia dal giorno prima, allora, probabilmente, rischiavamo entrambi di uscire da quel confronto più incazzati di quando l'avevamo cominciato.

Da ciò il mio proposito di far finta di aver raggiunto lo stato zen.

Quando le porte dell'ascensore si aprirono sul mio piano, mi sfilai le cuffie lasciandole annidarsi intorno al collo e, dopo aver appeso la borsa nell'angolo della sedia girevole, bussai alla porta laccata di bianco per vedere se Nikolaus fosse già arrivato.

«Buongiorno, anche oggi vuoi lavorare come gli altri giorni o rimaniamo separati?» Posi quella domanda che ormai era diventata quasi di rito non appena la sua voce mi disse di entrare. Ci avrei scommesso, Nikolaus arrivava sempre presto la mattina e spesso perfino prima di me.

«Buongiorno.» Riconobbi immediatamente il tono che usò, era lo stesso del giorno precedente, quando mi aveva chiamata per scambiare quattro misere frasi e riattaccare qualche momento dopo. «Vieni a sederti un momento.»

Con un cenno del capo indicò una delle poltrone davanti a lui e io mi accomodai preparando psicologicamente a incassare qualche colpo figurato.

Fissai Nikolaus dritto negli occhi, ormai avevo capito che tendeva ad assumere una maschera ancor più imperturbabile del solito quando una qualche emozione lo sconvolgeva troppo da vicino. Peccato però che avesse degli occhi che, anche dopo una conoscenza non troppo approfondita, erano rivelatori.

«È successo qualcosa?» Feci la finta tonta ma non distolsi lo sguardo da lui neanche quando lui si appoggiò al bordo della scrivania davanti a me, poteva assumere, consciamente o meno, tutte le posizioni dominanti che voleva, con me quei giochetti non funzionavano.

«Ieri te ne sei andata.»

Da Capitan produttività si stava trasformando in Capitan ovvio ma mi guardai bene dall'esternare quel pensiero, l'ultima cosa che mi serviva era alimentare la rabbia che non accennava a scomparire dall'inflessione delle sue parole.

«Sì.» Ribattei quindi cercando di mantenere un tono neutro, d'altra parte era un dato di fatto e negarlo non avrebbe cambiato l'evidenza, uno sguardo contrariato apparve sul volto di Nikolaus, non sembrava intenzionato a lasciar andare la questione troppo presto.

«Secondo te hai fatto bene?»

Che domanda del cavolo, certo che non avevo fatto bene, lo sapevamo entrambi.

«In che senso? Avevo degli impegni, non è che potessi svegliare tutti per dire che me ne stavo andando.» Continuai sulla linea della finta innocente sperando che in qualche modo ciò portasse a un epilogo più dolce rispetto a quello che si cominciava a prospettare. Nikolaus contrasse la mascella, la risposta gli era piaciuta ancora meno del previsto, e menomale che non stavo neanche esagerando! Cominciavo a credere che se avessi tirato ancora la corda, l'avrei visto dare in escandescenza.

«Non dovevi svegliare tutti, solo me. Eri mia ospite Katharina, si presuppone che uno non esca come un ladro da una casa non sua.»

Aveva ragione, ma per quanto fossi pronta a incassare qualche colpo, non lo ero per arrendermi facilmente, era il mio orgoglio personale a non permettermelo.

«La prossima volta rimanderò i miei impegni solo per farti piacere.» Alzai gli occhi al cielo, una parte di me era irritata dal fatto che non stesse prendendo in considerazione quell'eventualità, né lo aveva fatto il giorno precedente.

Armonia di sogni e speranzeWhere stories live. Discover now