Capitolo 7

29 6 3
                                    

Quel che è fatto è fatto.

Ho consegnato il mio manoscritto.

E l'ho consegnato a niente di meno che a Michael Jones.

Starà proponendo il mio libro alla direttrice editoriale in questo esatto momento. Wow!

Lui se ne è andato dal locale qualche secondo dopo aver ricevuto il plico, all'improvviso sembrava avere una gran fretta, e nell'emozione generale è uscito prima che potessi parlargli della storia.

Non so quindi cosa starà raccontando alla direttrice, ma mi fido di lui e so che grazie al suo aiuto il mio sogno potrebbe veramente realizzarsi.

Continuo la giornata di lavoro con un sorriso soddisfatto sul volto.

***

Inizia a calare il sole e controllo l'orologio sul muro: mancano circa sei minuti alla fine del mio turno e, sinceramente, non vedo l'ora di andare a casa a riposarmi.

Sto per finire di pulire le ultime cose quando ricevo una telefonata. Prendo il cellulare dalla tasca posteriore dei pantaloni e mi acciglio non appena leggo il nome sullo schermo: Dorothy, la mia vicina di casa.

Abita da sola al piano di sotto e le ho lasciato il mio numero il giorno in cui l'ho soccorsa dopo che era caduta per le scale. Fortunatamente sembra essere fatta d'acciaio e infatti non si fece nemmeno un graffio, ma data la sua età – non me l'ha mai voluta confessare ma credo abbia superato i settanta da un pezzo ormai – e il fatto che non abbia nessuno che si prenda cura di lei, le ho detto di chiamarmi qualora avesse mai avuto bisogno di aiuto. Lo aveva fatto solo quello stesso giorno, in modo che potessi registrare il suo numero. Per questo mi sale un groppo in gola non appena leggo il suo nome.

Accetto la chiamata con la mano che mi trema: non vorrei le fosse accaduto qualcosa.

È vero, non parliamo mai al telefono, ma l'incontro spesso ed è sempre gentile con me, quasi come se lei fosse mia nonna e io una specie di nipote adottiva.

«Pronto, Dorothy?»

«Jane, tesoro» esordisce con il suo solito tono gioviale dall'altro capo del telefono.

«È successo qualcosa? Stai bene?»

«Sto bene cara, non ti preoccupare. Sei a lavoro?»

«Sì, ma stacco tra poco. Se serve posso anche uscire con qualche minuto di anticipo» tengo il cellulare tra la spalla e l'orecchio destro mentre inizio a sciogliermi il grembiule.

«Non credo serva tesoro, ma non appena torni a casa passa da me.»

«Va bene, sto per uscire. Pochi minuti e sarò in metro.»

Riaggancio con una mano mentre con l'altra prendo la borsa che ho sotto il bancone.

«Shauna, ti dispiace se finisco prima? La vicina mi ha appena chiamata e ho paura che sia successo qualcosa» dico affacciandomi in cucina.

Anche la mia boss, come mi piace chiamarla quando la vedo intenta a lavorare in modo concentrato, si sta preparando per la chiusura.

Sulla sua guancia scura c'è una punta di farina e dall'acconciatura sul capo escono alcune treccine.

Tante volte mi fermo a guardarla mentre lavora e, nonostante sia ancora sotto i cinquanta, si vede la fatica sul suo volto.

Siamo solo io e lei qui, e spesso non riesco ad aiutarla come vorrei. Anche oggi è tornata subito a lavorare, non curandosi del suo infortunio, perché avevo bisogno di una mano. Inoltre, durante il giorno vengono tanti clienti e gli affari non vanno malissimo, però le spese sono tante e mantenere un locale a Manhattan non deve essere semplice.

Inchiostro e CappuccinoNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ