Capitolo 1

69 12 15
                                    

Fine.

Ho finalmente scritto la parola fine.

Il romanzo è concluso.

Non ci posso ancora credere.

Sono le 02:43 e la sveglia suonerà tra meno di cinque ore ma non mi interessa. Ce l'ho fatta!

Fisso l'ultima parola che ho scritto e una strana sensazione inizia a farsi strada dentro di me.

Orgoglio, ansia, emozione, entusiasmo, sfinimento... Si mischiano insieme e tentano di farmi collassare sul posto ma no, non posso. Dovrò rimandare i festeggiamenti e gli esaurimenti nervosi a più tardi, ora devo rimanere lucida: il mio lavoro non è ancora finito.

Infilo la chiavetta USB nella porta giusta e vi copio sopra il file completo, poi la sfilo e la metto al sicuro in un cassetto della scrivania. Con un paio di clic avvio la stampa e spero che tutto proceda per il meglio non appena quel marchingegno rumoroso che definisco stampante inizia a sfornare il primo foglio di carta. Incrocio le dita nella speranza che la cartuccia da quattro soldi acquistata nel negozio all'angolo non mi abbandoni prima di aver svolto il suo compito.

Mentre continuano a uscire fogli uno dopo l'altro, mi permetto di prendermi un attimo per respirare. È stata una corsa contro il tempo ma alla fine ci sono riuscita.

Mi sistemo sulla sedia e incrocio le gambe davanti a me. Porto la testa all'indietro e chiudo per un momento gli occhi. Inizio a fare dei respiri profondi. Posso sentire lo stress defluire dal mio corpo a ogni espirazione.

Con un piede a terra faccio ruotare di poco la sedia girevole e alzo una palpebra per constatare lo stato della mia scrivania. Penne, matite, fogli e post-it invadono la superficie e le briciole della mia cena sono disseminate dappertutto.

Cena... un pacchetto di cracker e un litro di caffè per rimanere sveglia.

Lo stomaco brontola mentre osservo la tazza vuota rovesciata su un foglio di appunti. Altre tazze mezze piene sono sparse sulla superficie.

È un disastro.

Non che il buco in cui vivo possa definirsi ordinato. Un appartamento dove sala, cucina e camera da letto sono un'unica cosa e il bagno è più piccolo di uno stanzino può solo essere identificato come buco.

C'è una vocina nella mia testa che continua a dirmi che non mi dovrei lamentare: con quello che guadagno al bar, questo era l'unico monolocale che potevo permettermi a New York.

Tiro un sospiro di sconforto e butto uno sguardo rassegnato sulla stampante: nove pagine stampate su più di trecento. Di questo passo ci vorrà tutta la notte.

Butto di nuovo la testa all'indietro e chiudo le palpebre. Non posso addormentarmi, devo controllare che il manoscritto sia pronto per questa mattina. Forse però se...

Mi sveglio di soprassalto senza sapere più chi sono e dove mi trovo. Mi sforzo ad aprire bene gli occhi e li richiudo immediatamente, accecata dalla luce proveniente dalla finestra.

È giorno.

È giorno!

Stordita afferro il cellulare e controllo l'orario. Non sono ancora le sette. Non è troppo tardi per recarmi a lavoro ma sono comunque indietro sulla tabella di marcia.

Mi avvicino in fretta alla stampante e con maniacalità metto in ordine le pagine uscite sul vassoio. Ne raccolgo un paio che devono essere cadute a terra durante la notte, le aggiungo al resto e le conto. Ci sono tutte!

Qualcuno lì sopra mi vuole bene e ha deciso di aiutarmi in una delle giornate più difficili della mia vita. Chiunque tu sia, grazie!

Mentre poso il plico sulla scrivania, attenta a non sporcare i fogli di briciole – o di quella che noto solo adesso essere una macchia gialla di... meglio non chiedersi cosa sia – con il gomito urto una delle tazze, che cade rovesciando qualche goccia di caffè proprio sulla tastiera del mio pc! Cazzo! Impanicata provo a riaccenderlo ma nulla, morto. Il file è andato! Come farò adesso? Rettifico: qualcuno lì sopra mi vuole male.

Torno a guardare il plico di fogli: per fortuna una copia completa c'è. Me la dovrò far bastare. Se mai mi accettassero sono disposta a ricopiarlo tutto daccapo.

Inutile piangere sul caffè versato, sono in super ritardo!

Mi do un'occhiata veloce. Indosso ancora la maglietta a righe con cui sono tornata a casa ieri sera ma non importa, non ho tempo per fare la doccia e cambiarmi. Afferro un asciugamano che trovo sul bracciolo del divano e mi fiondo in bagno per darmi una veloce rinfrescata.

Non sistemo nemmeno lo chignon che ormai somiglia più a un nido di rondini che a un'acconciatura e, non appena uscita dal bagno-stanzino prendo il manoscritto e lo infilo nella busta gialla acquistata insieme alla cartuccia d'inchiostro. Con le chiavi di casa tra i denti e il cellulare nell'altra mano, esco inciampando nel vaso sul pianerottolo.

Quando torno devo ricordare di buttarlo via, tanto la pianta al suo interno non è sopravvissuta per più di due settimane. Non è colpa mia se mi sono dimenticata di innaffiarla, è lei che non me l'ha ricordato!

Arrivo in strada tenendo ancora le chiavi tra i denti e inizio a correre senza curarmi degli sguardi indiscreti dei vicini. È New York diamine, saranno abituati a vedere dei pazzi in strada, no?

Non appena raggiungo la metro ci salgo sopra con un salto e per poco non vado a sbattere contro la parete opposta della carrozza. Poso tutto a terra e riprendo fiato mettendomi le mani sulle ginocchia e piegandomi in avanti.

Tranquilla Jane, ce la puoi fare, respira.

Riesco a ricompormi quel tanto che basta per non farmi guardare male da tutta Manhattan. Nel Queens la mia folle, sciatta corsa non avrà spaventato nessuno ma a Manhattan è tutta un'altra storia.

Riprendo le mie cose da terra proprio nel momento in cui arriviamo alla mia fermata. Scendo con una nuova energia e compostezza... che perdo non appena vedo con la coda dell'occhio le lancette dell'orologio della stazione, accorgendomi di essere in estremo ritardo. Al diavolo la compostezza, al diavolo Manhattan: devo darmi una mossa!

Inizio a correre e in pochi secondi sono di nuovo sotto il sole di maggio. Per fortuna il bar non dista molto da qui.

Sfreccio tra i passanti, beccandomi qualche imprecazione quando vado a sbattere contro due o tre persone. In un altro momento mi sarei fermata a chiedere scusa, ma non oggi.

Stringo al petto la busta gialla che potrebbe rappresentare la svolta che stavo cercando, il motivo per cui ho deciso di venire nella Grande Mela. Finalmente il mio sogno sta per realizzarsi.

Sorrido.

Oggi nulla può andare storto. 


____________________________________________

Un capitolo tranquillo (be', si fa per dire👀) in cui ti presento la protagonista femminile, Jane. 

Non ha PER NIENTE delle caratteristiche in comune con le mie.

Nooooo🙈.


Ci vediamo giovedì con il capitolo in cui ti farò conoscere Michael!🤤


Che ne pensi intanto di questo primo capitolo?👇


Ely🤎​

Inchiostro e CappuccinoWhere stories live. Discover now