Parte 8

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Dal diario...

Quando si cresce le esigenze cambiano.

Si parte dal ciuccio, si passa per il posticipare l'ora della nanna, per l'andare a scuola da soli, per l'uscire con gli amici e così via, senza mai arrivare ad un punto di arrivo.

Sono tutti bisogni legittimi, richieste sensate e naturali, anche quella di far dormire il ragazzo a casa, perchè costruiscono, mattone per mattone, gli scalini che porteranno all'indipendenza, alla maturità. Lo scalino a cui ero arrivato io era la necessità di farmi la patente dell'auto, avevo già quella della moto ma non mi bastava. Già lavoravo ed ero maggiorenne, per cui i miei genitori non ebbero problemi nel lasciarmi pagare di tasca mia le spese. Si fidavano di me e avrei fatto tutto da solo. Nessuna richiesta di impegno o di denaro, chiesi solo il permesso, dovevo farlo. Da un lato cavarmela da solo mi faceva sentire grande, dall'altro mi seccava attingere ai miei risparmi. Almeno qualcosa da parte ce l'avevo, ero privilegiato ad avere un lavoro e ad aver trovato un equilibrio tra esso e la scuola.

Era di sollievo il fatto che avrei speso meno di molti altri: dovevo fare solo l'esame pratico e sapevo già guidare, il che voleva dire meno lezioni con la scuola e, di conseguenza, meno soldi da darle.

Imparai a guidare grazie ad una persona speciale, un'ex collega che aveva assunto la parte di sorella maggiore nei miei confronti. Il suo nome era Beatrice. Mi insegnava e dispensava consigli su tutto: la mia vita sentimentale, il mio metodo di vendita, come vestirmi e persino cosa prendere dal McDonald's.

Passavamo tutti i giorni insieme. Lavoravamo in coppia, uscivamo spesso e quasi ogni sera andavo a casa sua. Lì, solitamente, eravamo noi due, il ragazzo di lei e la migliore amica di lei. Eravamo inseparabili. Volevo bene a tutti loro.

Per ogni spostamento, e ne facevamo tanti e a volte di lunga durata, usavamo la sua Fiat 600 blu, il tipo vecchio, quella con cui mi insegnò a guidare. Quell'auto la associo a lei perchè è il compimento fatto oggetto del suo ruolo da mentore e perchè guidare era ciò che le piaceva fare di più. Così ogni volta che metto le mani sul volante penso alla mia sorella acquisita, cosa che è successa anche alla prima lezione di guida ufficiale. Il ricordo di lei mi portò dolore e lacrime che impedirono la partenza. Ero letteralmente bloccato in me stesso. Mi si era catapultato in testa un evento di una domenica mattina di febbraio ed io ero lì, incatenato.

Tutto scombussolato dal brusco risveglio mi incamminai verso la cucina con il telefono in mano. Rigorosamente scalzo e con addosso appena un paio di pantaloni corti e una maglia con le maniche corte imprecavo per il freddo. Potevo benissimo tornare in camera per mettermi qualcosa di più pesante ma per pigrizia lasciai stare. Tremolante e con la testa incassata tra le spalle presi una tazza e un cucchiaio dalla credenza e li appoggiai sul tavolo. Presi posto e riempii la ciotola con un tipo di cereali dietetici così secchi e insapore che ogni volta che li mettevo in bocca mi sembrava di assaggiare il deserto. Era sabbia con latte. Mi ero dimenticato di prenderlo, il latte intendo. Mi alzai dalla sedia e dal frigo lo portai al tavolo. Nel momento esatto in cui stavo togliendo il tappo dal cartone mi arrivò una chiamata. Era il ragazzo di Beatrice. Leggermente infastidito gli risposi, lo salutai e gli chiesi come stava. Malissimo, le parole testuali erano state "una merda". Mi riferì che Bea si era suicidata. Mi caddero il latte, il cellulare e me stesso e mi paralizzai per qualche istante. Com'era possibile? Non ci credevo, ero scosso e confuso.

Disincantato presi il telefono dal pavimento e rifiutai la notizia che mi aveva dato, ma lui, con fatica e colmo di dolore, continuò dicendomi che era stato lui a trovarla, con la bava alla bocca, sul divano, con accanto bottiglie di superalcolici e flaconi di farmaci. Non riusciva a smettere di pensare com'era lì sdraiata: fredda e morta. Allora è vero, pensai, però sembra così surreale. Stava male? A me non era mai sembrato, almeno non tanto da compiere l'atto estremo.

Ci divise un silenzio vuoto e eterno, ma eravamo più vicini che mai nella sofferenza.

Non lasciò neanche un biglietto d'addio e nessuno seppe mai perchè decise di togliersi la vita. Tutti pensavamo di conoscerla, anche il suo ragazzo. Sapevamo che aveva dei momenti no, come tutti. Forse dovevamo cogliere meglio i segnali. Quelle volte in cui vedevamo i suoi avambracci tagliati forse dovevamo indagare più a fondo. La aiutavamo, stavamo con lei, la ascoltavamo e supportavamo, ma magari non era abbastanza. Chissà se c'era un modo per evitare tutto ciò. Non lo sapremo mai.

Una cosa che non capisco è perché si fosse tenuta tutto dentro quando aveva tante persone che le volevano bene. Certo, io non ero neanche maggiorenne e lei aveva quasi trent'anni, ma avrei potuto darle una mano in qualche modo, credo. Cosa pensava di me? Voleva proteggermi?

C'era una parte nascosta in lei che nessuno intravedeva. Vedevamo solo la luce e non l'oscurità. Era qualcosa di voluto? Forse evitiamo le cose negative per salvaguardarci, oppure lei ci mostrava solo le sue parti più belle e quelle erano veramente luminose. Perchè ha voluto spegnere la sua luce? Così intensa che irradiava tutti i suoi dintorni, coccolando gli animi delle persone fisicamente vicine a lei.

Perchè le persone decidono di abbandonare questo mondo? Non lo sanno che il proprio dolore non se lo portano con sé ma lo passano ai loro cari?

Ormai non importa più, se n'è andata e devo andare avanti.

Voglio solo dire che Bea era una persona meravigliosa e sarà sempre nel mio cuore. Le volevo bene. Prenderò la patente per lei.

In quel periodo soffrivo parecchio. Mi sentivo avvolto da delle tenebre che piano piano entrarono dentro di me e mi fecero vedere tutto nero. Le cose sembravano andare sempre peggio. Ogni singolo rapporto che avevo lo vedevo marcire. Allontanai le persone, proprio chiunque, fino a trovarmi completamente solo. Non riuscivo a fare assolutamente nulla se non deprimermi, allenarmi e giocare ai videogiochi. Smisi anche di leggere. Mi sentivo perso e non nutrivo alcuna speranza che le cose potessero tornare come prima. Non riuscivo più a sorridere, né ad immaginarmi felice in un futuro prossimo. Tutto sembrava precipitare giù e arrivai a toccare un fondo tenebroso, in cui mi sentii vicino a Bea più che mai. Mi terrorizzai da solo.

Un'aspirante qualcunoWhere stories live. Discover now