28 - Mi fai impazzire

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Mi strinse a sé, e mi diede un bacio sulle labbra, premendo la sua fronte sulla mia. Restò in silenzio per un po'. Sembrava indeciso se parlare o no, ma quando pensai che avesse cambiato idea, lui mi chiese: «Ti fidi davvero di me?»

Certo che mi fidavo di lui, altrimenti non sarei partita da sola per un viaggio verso l'ignoto con lui. Annuii. «Sì, mi fido» risposi. Ormai doveva essere palese che lo facessi. Forse per via di quella strana sintonia tra di noi. Era come se ci conoscessimo da tanto tempo, non da pochi giorni.

«Sono stato in prigione.»

Chiusi gli occhi. Non mi aspettavo un esordio simile.

«Vai avanti» dissi a fatica. Tra i difetti che avevo, non c'era solo la curiosità, ma anche la scarsità di pazienza. Non tolleravo di avere le notizie con il contagocce. Per me era una cosa che generava frustrazione.

«Tutto iniziò per caso, al termine di una lunga ed estenuante sessione di sollevamento pesi. Quella sera uscii dallo spogliatoio in fretta, la borsa della palestra in spalla, deciso a tornare a casa in tempo per cenare con lei, quando le parole di un uomo catturarono la mia attenzione. Noah frequentava la mia stessa palestra da un mese e si vantava di aver conosciuto una rossa che la dava via per poco o per qualche pasticca. "Jessica Rabbit" si faceva chiamare, come l'eroina del cartone animato. Ricordai di aver sogghignato quando avevo sentito quel nome di fantasia; nei momenti d'intimità era così che la chiamavo: "La mia piccola Jessica Rabbit".»

«Ti riferisci a...»

«Jessica, sì, proprio lei» rispose dopo aver rilasciato un lungo sospiro. «Due sere dopo rientrai a casa in anticipo: volevo farle una sorpresa, portarla fuori a cena e stare un po' con lei prima che uscisse con le sue amiche per l'ennesima serata in discoteca. Fui accolto da sospiri e gemiti. In un primo momento pensai alla televisione accesa su un programma hard e quasi mi eccitai all'idea di una possibile, e più interessante, alternativa al pasto serale. Che idiota. Che stramaledetto fottuto idiota a non arrivarci subito.»

Forse mi agitai, perché lui mi strinse ancora di più a sé.

«Quando aprii la porta della camera, la prima immagine che vidi fu il fondoschiena di un uomo che si muoveva ritmicamente tra le gambe della mia ragazza. A ogni sua veloce spinta, lei lanciava un sonoro quanto esagerato gemito di piacere.»

«Oddio!» mi lasciai sfuggire. Quello che era successo con Joshua, il mio ex, era niente in confronto a ciò che era successo a Rhys. Almeno io non avrei dovuto combattere con quel ricordo per il resto della mia vita.

«Rimasi a fissarli per alcuni secondi, o forse addirittura per dei minuti, non lo ricordo, talmente ero confuso. Di una cosa ero certo, ero rimasto paralizzato sul posto, impossibilitato a fare un passo, a spiccicare parola, a credere a quello che vedevo.»

La vita distrutta in un attimo, pensai.

«Deluso e tradito, compresi che la sofferenza che arriva per mano di una persona amata èla peggiore di tutte, che è quella che riesce a spezzarti, a distruggerti, proprio perché inaspettata» decretò, con voce incrinata.

Gli accarezzai un braccio, nel tentativo di consolarlo. Avrei voluto dirgli che adesso c'ero io con lui, che qualsiasi cosa mi avesse raccontato, non sarei fuggita, che non lo avrei lasciato da solo. Ma non dissi niente.

«Fu l'urlo di sorpresa di Jessica a farmi riprendere, ma il volto dell'uomo mi fece uscire di senno; riconobbi il ragazzo incontrato in palestra due sere prima.»

Non volevo interrompere la sua confessione, perciò imprecai mentalmente.

«Non avevo mai provato tanta collera come in quel momento; persi il lume della ragione. Mi sentivo posseduto da un desiderio animalesco di fargli del male, di sbranarlo e farlo a pezzi. Non volevo solo colpirlo, io volevo massacrarlo di botte.»

Forbidden tripWhere stories live. Discover now