25 - Beccato!

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Bella domanda. Me la ero posta pure io e, di preciso, non conoscevo la risposta. Sapevo solo che, mentre continuavo a darmi piacere, in testa avevo ancora il ricordo di quando l'avevo raggiunta alle spalle, presa per i fianchi e intrappolata tra le mie braccia. Ricordavo che, mentre lei trasaliva e cercava di sottrarsi alla mia presa, la mia guancia si era posata sulla sua e mi ero inebriato del suo profumo. Ed era stato allora che mi ero accorto che, per sbaglio, cinque delle mie dita erano finite a sfiorare qualcosa che non avrebbero dovuto. Ebbene, quella morbida rotondità, che mi aveva riempito un palmo, me lo aveva fatto venire duro come la pietra, e il gemito che lei aveva lanciato, qualcosa a metà tra lo sgomento e il desiderio, aveva rischiato di farmi perdere il controllo e di dare sfogo alla mia passione.

Avevo compreso che sarebbe stato difficile resisterle. Dannazione, era inutile che m'illudessi, sapevo che non sarei riuscito a mantenere le promesse che mi ero fatto.

«Perché me ne sono reso conto solo alla fine, quando te ne sei andata, ma se ti eccita il rischio, ti accontento subito.»

La raggiunsi.

Lei scosse il capo, come se non credesse a ciò che avevo detto. Non ci credevo nemmeno io, mi sentivo ancora una specie di maniaco a essermela premuta addosso. Se fosse venuto a saperlo mio fratello, sarebbe scoppiato un putiferio.

«E smettila di fissarmi lì.» Era un ordine, non una richiesta.

Sussultò, e sollevò la testa di scatto, sgranando gli occhi e riportandoli ad altezza del mio viso. Fulminandomi con lo sguardo, si affrettò a chiarire: «Non lo stavo facendo.»

Trattenne il respiro quando fummo l'uno di fronte all'altra.

«Ma sentila, spiona e bugiarda, bella accoppiata. D'altronde, tutti abbiamo qualche vizio.»

Ne prese atto, portandosi le mani ai fianchi.

Ne approfittai per spingerla indietro contro una palma, poggiare i palmi sul tronco e intrappolarla tra le mie braccia, assaporando l'idea di fare qualcosa di stupido.

«Mentre tu sei un... sei un...» mormorò avvicinandosi al mio orecchio. Ero certo che stesse pensando se darmi una rispostaccia o mordersi la lingua. Per quanto mi riguardava, volevo solo che mi guardasse negli occhi e capisse con chi aveva a che fare.

«Cosa? Che sarei?» le chiesi avvicinando le mie labbra alle sue fin quasi a sfiorarle. Ero a un soffio dal baciarla. Solo il pensiero di farlo mi strappò un gemito involontario. Prima di commettere quell'errore, mi allontanai, facendo due passi indietro.

Ivy allargò le braccia, i palmi in su, e solo allora notai i segni rossi sulla sua pelle. «Te li ho fatti io, quelli?» indagai.

S'irrigidì. «No, sì...» esitò. «Forse» mugugnò infine.

«Mi dispiace, non volevo» confessai.

Che coglione che ero! Un pazzo e un violento, un uomo pieno di rabbia, ecco in cosa mi stavo trasformando. No, ragionai, lo ero sempre stato. Ed era un bene se non l'avessi toccata di nuovo. Anzi, avrei dovuto non toccarla per niente. Lei era proibita e io non potevo rischiare di avere un'erezione ogni volta che la sfioravo.

«Non mi hai fatto male, stai tranquillo, è solo che io ho la pelle delicata e tu hai un po' troppa forza» mi avvisò, rifilandomi un'occhiata eloquente.

Incassai la frecciatina e tirai un sospiro di sollievo. Poi accantonai i miei pensieri e tornai a guardarla. Si stava mordendo un labbro. Cristo se era bella. Sarebbe stato difficile mantenere i miei buoni propositi. Mi allontanai di altri due passi.

Sospirai. «Forza, riprendi il discorso di prima, spiegati.»

Ci pensò su qualche secondo prima di sbottare: «Continui a guardarmi e a spogliarmi con lo sguardo, ti diverti a vedermi in difficoltà, sei diventato lunatico, non vuoi che giri in bikini, mentre tu non ti fai problemi a farti vedere mentre ti trastulli, io proprio non ti capisco.»

Forbidden tripOnde histórias criam vida. Descubra agora