16. Un periodo difficile

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Non chiusi occhio per il resto della notte nonostante fossi molto stanco. Ripensai più volte al nostro prossimo passo. Volevo parlare con la nonna, raccontarle la nostra avventura ed esporle i miei dubbi che cominciavano ad essere un po' troppi, ma di una cosa potevo finalmente essere certo: esisteva una dimensione parallela.
Erano ancora le quattro del mattino quando decisi di alzarmi e sistemare le idee su un foglio di carta. Estrassi il quadernino del PIT e mi misi a lavorare. Creai tre sezioni e scrissi tutto quello che ricordavo, posizionandolo al suo posto. Solo quando completai il lavoro mi resi conto di quante cose avevo vissuto in così poco tempo. Così tante preoccupazioni e ansie.
L'unica idea di parlare con la nonna, giaceva sola soletta nel suo riquadro. I dubbi erano veramente una marea, per questo decisi di sottolineare dello stesso colore quelli che riguardavano cose simili o che erano collegati tra loro; mentre un piccolo gruppetto di scoperte rimanevano a parte. Poche ma significative, specialmente l'ultima: "Da quando entri nella dimensione parallela, il tempo si ferma". Questa era una delle poche cose che avevo intuito osservando l'ora dopo essere tornato a casa, e poteva essere un indizio importante.
-Almeno sappiamo che possiamo entrare tutte le volte che vogliamo.- riflettei quella notte rigirandomi nel letto.
Poi ebbi un pensiero poco confortevole, che peggiorò l'insonnia:-Se il nostro mondo e quella dimensione si fondessero, cosa potrebbe accadere? Soprattutto se, come diceva la nonna, rischia di scoppiare una guerra...-.
Poi, analizzando bene tutto quello di cui ero a conoscenza, mi ero accorto di un dubbio: "La creatura malvagia della visione dovrebbe essere la figura, quindi dovrebbe trattarsi di una delle creature che regnano in quella dimensione? E se fosse così, quali sarebbero le altre orribili creature?".
Mille immagini corsero per la mia mente scombussolata. Buio, foreste oscure, nebbia, lamenti, pianti. La vita sarebbe stata prosciugata dalla notte.
Poi il mio sguardo si rivolse al soffitto illuminato dalla luce della luna. Sentii la mia testa quasi scoppiare, volevo frenare quei maledetti pensieri, così focalizzai l'attenzione sulla lieve luce della luna e in breve fu silenzio. Qualche istante più tardi ebbi però l'impressione di aver udito un sospiro profondo. Apparteneva ad una voce roca e cupa e capii subito di quale si trattasse.
Ricordai il racconto di Angela su di lui, come l'aveva semplicemente chiamato, e ripensai a quanto probabilmente stava soffrendo. Di nuovo, per la millesima volta una sua immagine mi trafisse il cuore come una lama: un corpo bianco, illuminato dalla luce, esanime, steso sul suo letto.
Da quando avevo scoperto la verità, avevo cercato di scacciare quell'incubo.
Non poteva morire, non l'avrei permesso. Intanto lacrime salate cominciarono a rigarmi le guance e sprofondai in un pianto silenzioso contro il cuscino.
Allora, cosa che non mi era mai capitata, me la presi con lui, anche se non sapevo bene chi fosse. Con tutto il corpo e l'animo desiderai che quella cosa scomparisse, così che tutto sarebbe tornato normale e bello come prima; ma purtroppo, da quello che avevo compreso, era impossibile.

Il mattino seguente, i miei parvero tranquilli, non si sorpresero affatto alla vista del mio naso fasciato e delle occhiaie da far paura, e si rivolsero a me come se nulla fosse. Da un lato ero sollevato da quella loro tranquillità, ma dall'altro ero irritato per la loro noncuranza.
«Come hai dormito, tesoro?» chiese la mamma.
«Tutto come il solito.» risposi secco.
-Non c'è nulla che vada bene. Mi trovo in un completo casino. La ragazza dei miei sogni potrebbe scomparire in uno schiocco di dita, vivo in un continuo tormento e non capisco più se sto ancora sognando, se sto vivendo o se sono già morto; ma a voi cosa può interessare tutto questo? Proprio un bel niente!-. Se avessi potuto avrei urlato tanto da farmi sentire pure dai vicini.
Preso dalla rabbia risalii le scale, mi infilai i primi vestiti che mi capitarono e uscii.
Avevo voglia di sfogarmi con qualcuno di tutto quel peso, così mi diressi verso il piccolo centro del paesino sperando di trovare facilmente la casa di Alessandro.
Ero quasi arrivato davanti alla chiesetta del quartiere quando notai il mio amico venire nella direzione opposta alla mia. Riuscii a farmi notare solo aumentando il timbro di voce, disturbando la romantica passeggiata mattutina di alcune coppie di anziani che mi lanciarono occhiatacce.
«Guarda, mi stavo proprio dirigendo verso casa tua.» disse arzillo e contento di vedermi.
«E io ti stavo cercando.» ripetei, confidandogli di aver bisogno d'aiuto.
«Il modo migliore, secondo me, è andare a parlare con quella strana di tua nonna.»
Mi scappò una risatina. Dopotutto la mattinata si stava volgendo meglio di come mi ero aspettato, perciò non aggiunsi altro e ci dirigemmo per la terza volta in due giorni al PIT.
Tuttavia le mie speranze si dissolsero presto, perché non trovammo tracce dell'anziana al laghetto.
«Eppure aveva detto che la potevamo trovare qui ogni volta che avevamo bisogno.» cercai di ricordare.
Aspettammo per un po', ma si presentò solo qualche visitatore.
«Non ti aveva detto che lei era sempre con te anche se non fisicamente?». Fu il mio amico ad intervenire.
«Beh sì...» «E allora prova a chiamarla.»
«Ma come, scusa? Devo parlare all'aria nella speranza che, ovunque sia, mi possa sentire? Bro, non ha alcun senso.»
«Avanti Samu, approfittane adesso che non c'è nessuno nei paraggi. Che ti costa?»
«Eh allora cosa dovrei dire?»
«Ah, questo dovresti saperlo tu.»
Sbuffai, ma lo accontentai.

«Niente.» concluse Alessandro sconsolato.
Solo allora mi venne in mente che ci sarebbe potuto servire il braccialetto che la nonna mi aveva prestato, ma dato che l'avevo lasciato a casa, lasciai perdere.
Quella giornata, che mi era sembrata inizialmente fortunata, si rivelò un totale fallimento e alle sette di sera ero ancora piegato sui libri di scuola, cercando di farmi entrare qualcosa in testa.

Le seguenti due settimane furono veramente pesanti, soprattutto perché dovetti recuperare tutto lo studio perso nelle settimane precedenti. Anche i professori notarono la mia discesa e cercarono di incoraggiarmi a migliorare e tornare col buon rendimento del primo periodo. Per non parlare dei miei genitori che, vedendomi uscire troppo e trascurare la scuola, mi imposero di non uscire più di casa per un mese, se non per andare a scuola e a karate, e di concentrarmi sullo studio. «Sei in quarta, non puoi più permetterti di andare in giro sempre e a qualunque ora. Resisti ancora poco più di un anno e sarai libero di scegliere cosa fare.» mi ripetevano insistentemente.
In questo modo però, trascurai la mia missione, cosa che non fece altro che peggiorare il malessere di Angela, la quale si fece sempre meno vedere a scuola; così Owens, provando compassione per me, mi restò accanto, aiutandomi a risollevarmi pian piano.
Intanto Alessandro, a cui della scuola interessava assai poco, soprattutto in quel momento, continuò le ricerche al posto mio, però secondo un patto: «Ascoltami bene, bro. Ti obbligo a stare due settimane sui libri, invece di un mese: dimostra di essere ancora meglio di quello che credono i tuoi e liberati da ogni pensiero concentrandoti solo sullo studio. No Parco, no ragazza, niente brutti pensieri, lascia fare al tuo braccio destro. Così tra due settimane esatte ti informerò delle mie ricerche e proseguiremo insieme.» Fui costretto a dargli ragione e accettare le condizioni.

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⏰ Last updated: Mar 26 ⏰

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