3. Scherzi

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«Samu!» sussurrò pianissimo una voce maschile alle mie spalle.
Il mio sesto senso mi consigliò di non girarmi, tuttavia non dandogli peso, incontrai la faccia del mio compagno Bruno china e intenta a fissare il quaderno di fronte a sé. Sembrava strano che fosse stato lui a chiamarmi, ma per togliermi il dubbio glielo domandai.
«Mi hai chiamato?»
Bruno alzò lo sguardo dalla pagina bianca del foglio, per posarlo assonnatamente sul mio, e si giustificò con un no appena accennato sulle labbra.
Per capire allora, da dove fosse provenuto quel sottile richiamo, mi voltai verso gli altri compagni, in attesa di uno sguardo, un cenno o altro che potesse confermarmelo, ma nulla, nessuna risposta; tutti ascoltavano, o perlomeno facevano finta di seguire la solita e noiosa predica del prof di religione.
"Vabbè, sarà stata la tua immaginazione, capita" concluse il mio sesto senso.
Ormai era un diventato come un vero amico, era una parte di me.
«Bro tutto ok?»
Questa volta il tono di voce utilizzato fu più alto e dato che provenne dalla mia destra, immaginai fosse stato Owens, il mio amico norvegese. Era di buon carattere, forse anche troppo, infatti trattava le ragazze, in particolare quelle più carine, molto dolcemente; era uno di quegli stereotipi di ragazzi seguito da stuoli di ragazze. Io, al contrario, ero ben poco notato. Sorvolando la questione; noi due ci eravamo conosciuti da piccoli ed eravamo sempre rimasti in buoni rapporti.
Mi girai nella sua direzione.
«Si si, tranquillo» risposi, ma notai che non mi stava guardando. Solitamente quando si pone una domanda, ci si volta verso l'interlocutore e si aspetta una risposta, almeno era quello che facevo io. Purtroppo mi stavo sbagliavo su tutto. Quando Owens incontrò il mio sguardo, era perplesso.
«Scusa! Stavo parlando tra me e me» mi giustificai affrettatamente. -Che stupido che ero! Sicuramente era stato qualcuno a farmi uno scherzo, ma chi?-
Tutti gli altri erano per poco o del tutto addormentati, perciò non avevano alcuna colpa, altrimenti che motivo c'era di nascondersi?
«Samuel, sei sicuro di star bene?» stavolta era stato veramente il mio amico a parlare, e infatti non aveva torto perché avevo incominciato a preoccuparmi realmente, anche se la sua frase mi parve in parte sarcastica.
«Si si. È solo che mi stavo addormentando e ad una certa, mi è parso di sentirmi richiamare-» volevo completare la frase, quando lui mi bloccò.
«Io non ho sentito nulla, ma è stato un sussurro?»
Uno dei difetti di Owens era la curiosità, inoltre se cominciava ad essere ansioso, diventava insopportabile, voleva sapere tutto, qualsiasi particolare anche insignificante, soprattutto se la persona in questione ero io.
«Bro, ti ho detto che sto bene. Ero nel mondo dei sogni! È ovvio che avrò sentito qualcosa di strano per via della stanchezza -o almeno lo spero-»
Dallo strano evento di ieri sera, ero diventato molto più attento a tutto ciò che mi accadeva intorno.
Fortunatamente vidi il mio amico tranquillizzarsi. Al contrario, il prof perse la pazienza a lasciarci discutere, così alzò la voce...
«Samuele, Owens. Avete qualche problema?»
«No, no, prof. Ci scusi per averla disturbata» si affrettò a rispondere Owens.
«Possiamo parlarne tutti insieme» ci intimò.
«No prof, scusi se l'abbiamo interrotto nella sua...interessante spiegazione»
A quelle parole il prof ci mostrò un enorme sorriso e subito dopo ripartì dal punto in cui si era bloccato del suo discorso.

Driiiiiin
Il suono della campanella ci annunciò con gioia, il termine della lezione e naturalmente, come ogni settimana, pure i più addormentati balzarono fuori dal banco per correre alle macchinette.
Angela, che era una mia grande amica - se non qualcosa di più - simpatica, gentile, timida, abbastanza secchiona e davvero molto bella, non appena tutti si alzarono, mi corse incontro.
«Tutto bene Samuele?» mi chiese preoccupata per aver notato la mia inquietudine.
Mi si avvicinò e mi osservò. Fece ancora un passo avanti per analizzarmi meglio. Poi ne fece nuovamente un altro. Il mio cuore perse un battito.
Riusciva sempre a leggermi nel pensiero, con quello sguardo incantevole dagli occhi grandi, sotto gli occhiali, color nocciola chiaro. Con le ciglia lunghe, scurite dal mascara, che sbattevano dolcemente; le sopracciglia curve nere; i capelli come il cotone, troppo mossi per stare in una semplice coda, del colore in tinta con gli occhi; un piccolo naso ben proporzionato al viso; piccole e sottili labbra e la pelle chiara, da un lato illuminata dal sole. Insomma, era straordinariamente bella.
Come al solito Owens mi fece un leggero fischio di incoraggiamento che ignorai.
«Si, si, tutto a posto... Grazie» Angela sorrise, provocandomi un nuovo sobbalzo, e cercai di ricambiare, ma più che riuscirci una smorfia.
Ci furono alcuni attimi di silenzio.
Volevo chiederle qualcosa riguardo a prima, visto che lei non era seduta molto distante da me. Alla fine acquistai un po' di coraggio e parlai: «Hai mica sentito qualcosa di strano durante la lezione?»
Il suo volto si incupì, cosa che non le capitava spesso.
Abbassò un poco il capo e percepii in lei un'angoscia profonda. -Cosa le stava succedendo?-
«Se non vuoi parlarmene, possia-»
Cominciò a parlottarmi sopra.
«No, no, vorrei poterlo fare, ma vedi...mi vergogno a discuterne qui»
«Sei sicura di star bene? Stai quasi piangendo!» le feci notare, allarmato.
Lei alzò lo sguardo, per puntarlo dritto nel mio: aveva gli occhi lucidi.
Turbato, le presi la piccola mano e la portai in un angolo dell'aula.
«Quello che ti serve ora è - le sorrisi malignamente, avvicinandomi a quella pelle straordinariamente luminosa, e la fissai nelle pupille - un enorme abbraccio»
La stritolai con una tale forza da farla ridere.
«Ok, ora basta, non respiro»
Sciolsi l'abbraccio dolcemente e mi avvicinai alle sue labbra. "Non devi baciarla ora! No! Sei in classe, ti vedrebbero tutti. Non farlo! Magari la prende male, devi trovare il posto e il momento adeguato". Il mio sesto senso continuava a martellarmi il cervello con quei pensieri. Sentivo il suo respiro sul mio viso e il suo profumo mi incantava l'olfatto "No. NO. E NO".
«Vieni oggi pomeriggio alle cinque a casa mia e ne parliamo, va bene?» dissi solo.
«Mi pare che abbiamo pochi compiti da fare, quindi ok»
Ero così contento in quel momento, che mi sarei messo a urlare. Ci eravamo avvicinati molto più del solito, stavo quasi per baciarla e vedevo lo stesso desiderio nei suoi occhi.

Pit-stopWhere stories live. Discover now