15. Un nuovo mondo

1 1 0
                                    

Alessandro poggiò il piede sul primo scalino.
«Sei sicuro che sia una buona idea?».
Nonostante fossi ancora convinto che quella dimensione fosse una completa invenzione, il mio battito accelerò.
«Cosa vorresti fare? Tornare indietro?» disse il mio amico.
La domanda era retorica perché sapeva che tutti e due volevamo andare fino in fondo a quel mistero.
Non avevo scelta.
Così avanzai verso la scaletta, mantenendo lo sguardo fisso sul mio amico, che continuava a salire; fino a quando non arrivò con la testa al soffitto. Appena riuscii a sporgermi dalla scala, notai una botola sul soffitto che si confondeva con l'oscurità. Alessandro si voltò verso di me e io gli feci un cenno col capo. -Possiamo farcela-.
Nel momento in cui il mio amico sollevò la botola, una leggera folata di vento freddo fuoriuscì dallo spiraglio. La botola era molto pesante, infatti Alessandro dovette impiegare tutta la sua forza per aprirla.
Cominciai ad intravedere una luce blu, intensa, ma nient'altro, perché il mio amico rimase fermo sulle scale, -Non è un buon segno.- riflettei.
«Ale, tutto bene?». Lo vidi salire di uno scalino per sporgere la testa fuori, ma non mi rispose. Allora ritentai: «Cosa vedi? Siamo sempre sulla...Terra, vero?». Ancora silenzio.
Non riuscivo a vedere nulla da quella posizione e il suo silenzio era preoccupante. Allora gli afferrai una gamba e la strattonai.
«Bro! Cosa vedi? Almeno esci e fammi salire.»
Finalmente mi rispose: «Devi vedere.» e con un balzo uscì.
Non appena abbandonai l'ultimo scalino scoprii un luogo magico.

«Wow.» riuscii solo a dire. Ero strabiliato dal paesaggio dinanzi a me.
Ci trovavamo nel bel mezzo di una foresta immersa in una magica oscurità; il buio era di un blu intenso, la luce della luna filtrava dalle chiome degli alberi in fasci color cobalto, che aiutarono la mia vista ad adattarsi al buio. Gli alberi erano rigogliosi e verdi, quelli da frutto erano adornati da un ordinato manto di fiori, il fusto era largo e le radici erano invisibili sotto terra. L'erba ricopriva qualunque cosa e la terra sembrava non esistere.
Tutto era talmente perfetto che doveva trattarsi di un'opera magica.
Incantato com'ero, dimenticai di respirare. Al primo soffio mi accorsi che l'aria era immobile e ripresi coscienza del mio corpo.
Senza essermene reso conto, mi ero appoggiato a qualcosa. Voltai lo sguardo e notai un'imponente statua di marmo. Era la stessa statua del PIT: tre angeli che calpestavano il diavolo; ma non era l'unica. Altrettante statue erano posizionate in cerchio, tutte identiche e, come il paesaggio, dovevano essere frutto di un incantesimo.
«Sono gli altri portali...» intuì il mio amico, «costruiti dai seguaci dello stregone.» conclusi.
Ero disorientato, ma riuscivo ancora a formulare una frase.
«Credi che siamo veramente nell'altra dimensione?» chiesi, anche se la domanda appariva retorica.
«Secondo te?» disse lui, tenendo lo sguardo fisso sul cerchio di statue.
«Avrei due ipotesi: o stiamo sognando o non ho idea di come sia possibile tutto questo.»
«Direi proprio la seconda» concluse.
Aveva ragione: non avevamo idea di dove ci trovassimo, anche se in realtà lo sapevamo benissimo. Come ci aveva spiegato la nonna quello doveva essere un luogo dove risiedevano delle anime malvagie, ma più che oscuro sembrava un sogno.
Nonostante le statue fossero tutte uguali e posizionate in cerchio, rivolte verso il visitatore, sembravano voler tranquillizzare: "Non temere, ci siamo noi qui a proteggerti.".
Alessandro, invece mi parve nervoso.
«Dove sono le creature che dovrebbero vivere qui?» chiese con la voce un po' tremolante e girandosi in diverse direzioni.
«Io ringrazierei di non averle ancora incontrate. Pensa a quello che potrebbero farci.» gli ricordai, senza comprendere bene la sua domanda.
Al che, nel silenzio, udii il rumore di acqua che scorreva. Voltatomi in quella direzione, percepii un brivido di paura, che da quando ero arrivato lì non mi aveva abbandonato.
Un leggero venticello cominciò ad alzarsi e della foschia cominciò a coprirmi la vista. Questa aumentò sempre di più e la cosa mi intimorì; anche perché Alessandro non mi diede più segno di vita. Perciò mi voltai verso di lui che era a pochi passi da me, ma la nebbia era ormai talmente fitta da non farmi più vedere niente neppure nelle vicinanze.
«Ale, dove sei?» chiesi spaventato.
«Sono qui dov'ero prima.»
«Vedo che ti sei finalmente reso conto della nebbia!» disse sarcastico e spaventato allo stesso tempo. Non era positivo che anche lui fosse spaventato, non lo avevo ancora sentito così, e questo mi provocò ancora più timore.
«Guarda che fino a due secondi fa non c'era niente.» gli feci osservare.
«Allora com'è possibile che io la veda già da un bel po'?»
Mentre lui parlava, avanzai nella nebbia e lo ritrovai.
«La cosa migliore è andarsene.» suggerii, prima che qualche creatura arrivasse veramente e ci azzannasse senza preavviso.
«Ma come facciamo con tutto questo? Non ci siamo nemmeno mossi e già ci ritiriamo?»
«Il nostro compito era quello di scoprire se veramente questa dimensione esiste e l'abbiamo concluso.». Non mi piaceva affatto la situazione in cui ci eravamo cacciati e dato che ci trovavamo di fianco alla botola non vedevo l'ora di svignarmela.
«Secondo te, tua nonna ci ha fatti venire qui solo per scoprire una cosa che lei sapeva già. Andiamo amico, ragiona!»
«Tua nonna ci ha fatti venire qui per mostrarci ben di più e farci credere alle sue parole.» «Quindi dobbiamo farci coraggio e scoprire più cose possibili».
Come dargli torto, aveva sempre ragione.
«Ad esempio, questa nebbia sarà arrivata per un motivo.» cominciò Alessandro.
«Magari la usano le creature per cacciare» ipotizzai sarcastico.
«Potrebbe...Allora se fossimo già una preda, non dovremmo rimanere fermi, altrimenti verremo assaliti in un batter d'occhio. Cominciamo a muoverci da qualche parte». Mi prese la mano e cominciammo a camminare velocemente in una direzione completamente casuale.
Quell'audacia mi sorprese; ma poi ricordai una sua frase: -Voglio esserti d'aiuto. Ho notato fin da subito che sei molto pauroso e non volevo farti stare ancora peggio...-. Non voleva mostrarsi troppo spaventato, però dentro, probabilmente, ribolliva d'ansia.
Volevo essergli debitore in un qualche modo e alla fine mi venne in mente una cosa: «Aspetta! Quando ho cominciato a vedere la prima nebbia, ho sentito il rumore dell'acqua scorrere, probabilmente era un fiume, ma non l'ho visto.»
«Anch'io!» si sorprese.
«Magari in qualche modo c'entra. Proviamo a seguire il rumore.» consigliai.
Infatti, dopo essere rimasti immobili per qualche istante, udimmo di nuovo quel rumore. Lo seguimmo fino a quando la nebbia cominciò a diradarsi e il suono si fece più forte. Ancora pochi passi e ci trovammo presso la riva di un piccolo fiume. La nebbia fortunatamente si era dissolta.
«Ti devo fare i complimenti, Samu» guardammo soddisfatti il fiume.
Ce la potevamo fare anche se eravamo semplicemente in due.
-Ma ora?-.
Arrivò in soccorso il mio sesto senso:"Il fiume di solito nasce da una montagna e finisce in mare.".
«Samu, l'hai vista anche tu una sagoma scura in lontananza?» chiese con voce rotta, mentre riflettevo col mio sesto senso.
«No. Dove precisamente?»
«Dietro all'albero vicino a quel cespuglio.» disse indicandolo.
Fece per andare a controllare, ma l'idea di rimanere lì da solo non mi piacque affatto e lo seguii.
«Ma non c'è niente qui.» constatai una volta arrivati.
«Scusami, a volte l'ansia fa brutti scherzi.»
«Capita, tranquillo. Anche se poteva trattarsi veramente di qualcosa», gli feci osservare preoccupato.
Per cambiare argomento gli proposi la mia idea di procedere lungo le sponde del fiume e così proseguimmo la nostra esplorazione.

Pit-stopDove le storie prendono vita. Scoprilo ora