3 - Buone intenzioni

Start from the beginning
                                    

Mi raggiunse, si piantò davanti a me fissandomi con decisione, e con voce cupa esordì: «Il posto è tuo.»

Le sue parole mi riscossero dai miei pensieri e sbattei le palpebre, incredula. Primo, perché proprio non me lo aspettavo un suo cambio d'idea. Secondo, diedi un'occhiata all'orologio appeso al muro, e appurai che erano passati solo dieci minuti da quando ero scesa dalla sua barca.

«Quindi?» m'incalzò. «Che mi dici?»

Alzai lo sguardo verso l'alto, poi ancora più su e ribattei secca: «Mi dispiace deluderti, ma è troppo tardi; ho già trovato un altro lavoro.» Lo sapevo che era un'occasione imperdibile, ma ero altresì sicura che quell'uomo mi avrebbe reso la vita un inferno. Meglio lasciar correre. Avrei continuato a dire al mio patrigno che non lo avevo trovato.

Lui aggrottò la fronte e sospirò. «Che sarebbe?» Per un attimo il suo sguardo finì al bancone del bar, dove il barista, un omone pieno di tatuaggi, stava spillando una birra, ma poi tornò da me.

«Cos'è, sei diventato curioso tutto a un tratto?»

Si adombrò. Sembrava agitato. Si guardò attorno. Quando tornò a guardarmi, si protese verso di me e il suo volto arrivò vicino al mio. I suoi tratti divennero ancora più taglienti. «Ti chiedo di ripensarci.»

Dio, era un tale scocciatore.

Uno scocciatore attraente, però.

«Ma davvero?»

Le sue labbra si tesero in una linea dura. «Accetta il mio consiglio.»

«Potresti aggiungere qualche altra informazione?» domandai picchiettando il vetro del bicchiere. La sua frase non mi piacque. Suonava quasi come un ordine. E lui pareva un animale pronto a sbranarmi. Però, se avessi ottenuto quel lavoro, non avrei dovuto tornare indietro con la coda tra le gambe e in più avrei guadagnato dei soldi.

Si pizzicò il naso prima di accontentarmi. «Non te lo chiederei se non fosse importante.»

Stupefatta, scoppiai in una risata. «Addirittura?»

Si passò una mano sulla mandibola e la sua espressione s'indurì. Abbassò lo sguardo, come per cercare le parole adatte. Un silenzio, rotto solo dal brusio degli altri clienti, si stese tra di noi. Dopo un attimo, rispose: «Ho bisogno di un aiutante.»

Che notizia! Strabuzzai perfino gli occhi. Sarei scoppiata anche a ridergli in faccia se lui non avesse avuto un'espressione dannatamente seria. E sincera. «Prima mi hai dato il due di picche, non te lo ricordi?»

«Ho cambiato idea.» Le sue labbra si tesero ancora di più.

Quell'uomo m'incuriosiva. Ogni sua frase rendeva la cosa sempre più stuzzicante, ma non volevo che si accorgesse di quanto m'intrigava tutto quell'alone di mistero.

«Che c'è, non sei in grado di farti un caffè o di leggere un bollettino nautico?»

Digrignò i denti prima di rispondere: «Non si tratta di questo.»

Lo guardai, ancora una volta, con scetticismo. «È uno scherzo?»

«Ascolta, lo so di non essere partito con il piede giusto, e per questo ti chiedo scusa, ma devo salpare immediatamente, quindi, se vuoi... il posto è tuo» m'incalzò passando a darmi del tu.

«Potevi dirmelo prima.»

«Lavora per me, sopportami per due settimane e poi potrai andartene per la tua strada, ma con qualche banconota in più. Che cosa hai da perdere?» mi sfidò. Il suo tono di voce si era fatto più basso, come se non volesse che le sue parole arrivassero a orecchie indiscrete.

Forbidden tripWhere stories live. Discover now