Capitolo 14

6 0 0
                                    

«Sono una persona orribile,» sbuffai, mettendomi una maglietta a maniche lunghe per trasferire le mie cose dalla mia stanza alla suite di Ryan.
Il fattorino era davanti a noi, pronto con i bagagli. Ryan stava tenendo il bambino addormentato e io stavo trascinando la mia valigia e lo zainetto con Hulk di Charlie.
«Non sei una persona orribile,» mi disse, spostandosi in modo che potessi entrare nell'ascensore con il fattorino. «La chiave della stanza è nel mio taschino.»
Alzai il risvolto e presi la chiave, facendola strisciare nella tastiera dell'ascensore. Fino a quel momento non mi ero reso conto che quando lui aveva detto suite, voleva dire che le porte dell'ascensore si sarebbero aperte quindici piani più in alto rispetto al dodicesimo piano dove eravamo alloggiati noi, direttamente nel bel mezzo della stanza.
«Stai scherzando!» esclamai incredulo.
«Muoviti, dagli la mancia.»
Diedi venti dollari al fattorino; dopotutto era tardi e quando se ne andò, il peso della mia decisione mi crollò addosso.
«No, no, no,» mi avvisò Ryan. «Vedi di non andare in pezzi proprio adesso; devi darti un'occhiata intorno e poi dirmi dove posso mettere nostro figlio.»
Nostro figlio.
Buon Dio.
Entrai nella stanza: era enorme, così come il letto.
«Allora?»
«Potremmo chiamare la reception e farci mandare su un lettino.»
«Certo.»
«Per ora mettilo sul letto.»
Lo guardai mentre lo sistemava. In quel momento, Charlie era l'unica cosa che avesse un senso, perciò distogliere lo sguardo era difficile.
«Ehi.»
Mi presi un momento, ma alla fine mi girai verso Ryan.
«Perché non vai a farti una doccia?» mi suggerì.
«È un'idea fantastica. Dov'è il bagno?»
«Proprio là.» Me lo indicò con un cenno del capo.
Feci per allontanarmi.
«Giovanni.»
Mi fermai e lui si mosse velocemente, venendo davanti a me, facendomi scivolare una mano dietro il collo e tirandomi più vicino.
«Voglio solo dirti che sono felice che tu sia qui.»
«Io sono un po' scioccato.»
«Lo so.» Ryan annuì. «Lo capisco. Ti conosco.»
Mi conosceva.
Scappai dalla stanza.
Il mio piano era di rimanere sotto l'acqua per ore, ma capii subito quanto ero esausto, perciò feci una doccia rapida. Mi lavai in fretta e mi misi un paio di pantaloni del pigiama prima di trascinarmi di nuovo nella stanza, dove sentii delle voci.
«Mamma, torna a letto,» grugnì Ryan.
«Vedo il mio piccolo angelo qui,» tubò lei. «Dov'è suo padre?»
«Sono io suo padre.»
«Tu le hai dato la vita; Giovanni è suo padre. Dov'è?»
«Sotto la doccia.»
«Senza di lui, anche se potrai vederlo, non esiste una famiglia.»
«Mamma...»
«È sempre stato così buono con te.»
«Sì, lo so, so tutto. Lasciami...»
«È un uomo talmente buono e tu saresti davvero fortunato se riuscissi di nuovo a conquistare il suo cuore e ad avere una seconda occasione.»
Ryan si schiarì la gola. «Sì.»
«Non incasinare le cose. Voglio che tu abbia una famiglia. Fai quello che devi, ma cerca di averli entrambi.»
«Il piano è quello,» disse Ryan con voce stanca e incerta.
Il suo sospiro soffocato mi fece sorridere. 
«Vieni qui. Mi farai diventare vecchia prima del tempo, ma ti voglio bene.»
Aspettai nell'angolo tra il lavandino e il water che lei se ne andasse finché non sentii le porte chiudersi. Quando riuscii a far calmare il cuore che stava galoppando, mi mossi.
«Eccoti qui.»
Indicai mio figlio steso sul letto accanto a lui. «Questa è un'abitudine che stavo cercando di fargli perdere.»
«Ma è così carino,» mi rimbeccò, alzandosi e passandomi accanto. «Anch'io devo farmi una doccia.»
Lo guardai mentre si dirigeva in bagno e andai verso le grandi finestre. La vista era fantastica, con tutte quelle luci e quei colori.
Mi chinai in avanti, appoggiando la fronte sul vetro fresco.
Che cosa avrei fatto?
Avevo una vita che non potevo lasciare, amici, una rete di conoscenze per Charlie e portarlo via da tutte le persone che amava era da pazzi.
«A cosa stai pensando?»
Alzai la testa dalla finestra e lo guardai, fresco di doccia, con l'asciugamano sui capelli ancora gocciolanti, in piedi davanti a me con solo un paio di pantaloncini del pigiama con motivi floreali. «Che belli che sono.»
«Beh, come sai, di solito dormo senza nulla, ma...» indicò Charlie, «adesso sono un genitore, quindi non lo posso più fare.»
Annuii. «Ryan, io...»
«Il ranch è carino, sai,» mi disse, gettando l'asciugamano su una sedia. «Ti piacerà.»
«Ryan, ecco...» Mi schiarii la gola. «Non devi decidere tutto questa sera, non è necessario. Io andrò a casa mia e ci andrai anche tu e poi verrai a trovarci e deciderai se ti piace o no. Charlie e io verremo a trovarti e vedremo come vivi. Adesso abbiamo tempo; possiamo prendere una decisione e se le cose funzionano tra noi, allora possiamo andare avanti. Se non funzionano, allora pazienza.» Gli sorrisi. «Ci inventeremo qualcosa in modo che Charlie possa vederti. Ho sempre voluto che Charlie ti incontrasse e ti conoscesse.»
Aggrottò le sopracciglia mentre annuiva. «Guardami.»
«Ti sto guardando.»
«No, guardami sul serio.»
Mi resi conto che stavo guardando dappertutto tranne che nei suoi occhi. Se avessi guardato quelle pozze nocciola, non ce l'avrei fatta.
«Ryan...»
«Guarda... me.»
I miei occhi incontrarono i suoi.
«Due cose e solo due cose accadranno adesso. O io mi trasferisco a Chicago o tu e Charlie vi trasferite nel Texas. Ecco tutto. Se la tua vita è bellissima e perfetta a Chicago, allora verrò lì. Se non lo è, dovresti venire a vedere il Texas. È molto bello e le persone nella mia città sono fantastiche. Ma sta a te decidere perché a me non importa. Verrò a vivere ovunque tu voglia. Farò qualsiasi cosa tu voglia. L'unica cosa che non è negoziabile è che da questo secondo in poi non passerò un altro minuto lontano da quel bellissimo bambino sul letto o da te. Non lo farò. Per sei anni non sono stato felice. Quando oggi ho aperto la porta del bar e ti ho visto, ho pensato che avrei dato di stomaco.»
Gli sorrisi. «Fantastico, no? È stata questa la prima reazione dopo sei anni? Ti è venuto da vomitare?»
«Sai quello che voglio dire; mi è ritornato tutto in mente di colpo.»
Sì, lo sapevo.
Mi morsi un labbro per trattenermi.
Ridusse la distanza tra noi, mi avvolse tra le sue braccia e poi mi spinse contro la parete, con una mano sulla mia guancia e l'altra sopra il mio cuore. «Adesso mi sento di nuovo me stesso. Mi basta toccare il tuo volto e mi sento di nuovo me stesso. Lo capisci?»
Annuii. «Io avevo Charlie.»
«Io non avevo nulla.»
«Lui... tutto migliora, quando c'è lui.»
«Non vedo l'ora di scoprire quanto sarà fantastico averlo, perché solo questo... te, tra le mie braccia... giuro su Dio, Gio, questo è un regalo perfetto.»
Mi alzai per offrirgli un bacio e lui si chinò per accettarlo. Le mie mani toccarono il suo volto e lo strinsero forte, in modo che non potesse muoversi. Divorai le sue labbra lasciandomi andare completamente, con il desiderio che cresceva dentro di me mentre quel bacio, quel bacio interminabile e urgente, cancellava tutto il resto del mondo.
Quando ci separammo quel tanto che bastava per riprendere aria, mi tirai indietro per guardarlo.
Labbra gonfie, occhi socchiusi, capelli molto scompigliati, respiro corto: niente da dire, sembrava proprio affamato.
«Perché stai sorridendo?» mi chiese, facendo un altro respiro profondo.
«Perché se continuiamo di questo passo, finiremo nei guai perché i tuoi genitori sono nella stanza accanto e Charlie è qui.»
Il suo sorriso era così caldo, così pieno di felicità prima che si lanciasse verso di me e mi stringesse con forza, con la faccia nascosta nell'incavo della mia spalla.
«Ti amo così tanto! Non ho mai smesso, neanche per un secondo. Dio, Giovanni, ti prego, dimmi che rimarrai con me, succeda quel che succeda. Ti prego, per favore... ti prego.»
Gli baciai un lato del collo e poi mi alzai per dargli un bacio sulla guancia. Con il suo metro e novanta di altezza, la mia testa riusciva a incastrarsi perfettamente sotto la sua. «La prossima settimana è il Ringraziamento. Perché non vieni a casa con noi, porti Charlie a scuola per tre giorni e poi venerdì sera prendiamo un aereo e veniamo da te per passare cinque giorni in Texas? Possiamo parlare un po' e tu puoi passare del tempo con Charlie. Che ne dici?»
Mi strinse ancora più forte, con un braccio attorno alla schiena e una mano nei capelli. «Perfetto, ma io...»
«Ti amo, Ryan,» ridacchiai, sentendomi sollevato adesso che ero finalmente riuscito a togliermi quel grande peso dal petto. «L'ho sempre fatto e lo farò sempre.» Pensai che mi avesse rotto qualche costola. «Non riesco a respirare, stupido.»
Mi baciò il naso e poi mi lasciò andare.
Girai attorno al letto, abbassando l'intensità della luce, quasi spegnendola, ma non del tutto. «Se si sveglia la notte ed è troppo buio, si spaventa.» spiegai.
«Ma certo.» Ryan annuì, guardandomi mentre entravo nel letto e scivolavo sotto le coperte.
«Molto carino il pigiama con le papere.»
«Sta' zitto.» Sbadigliai.
Stava ridacchiando mentre si alzava e si chinava per darmi un bacio.
«Buonanotte, tesoro. Ti vedrò domani mattina e diremo a Charlie del piano, okay?»
«Va bene. Sai che io e Charlie domani dobbiamo andare a un matrimonio, vero?»
«Sì, lo so, mio figlio me lo ha detto quando ero in camera con lui.» Inarcò un sopracciglio e mi guardò. «Helen alla fine si è decisa a sposarsi, eh? È un uomo ricco?»
«È una domanda terribile da fare.»
«Sistemarsi bene è sempre stata una sua priorità.»
«Simpatico.»
«Oh, dai, era anche mia amica una volta, lo sai.»
«Beh, avresti anche potuto parlarci un po' quando l'hai vista stasera al locale.»
«Ci è voluto tutto il mio autocontrollo per non saltarti addosso proprio lì al tavolo,» confessò. «Non sono mai stato capace di toglierti le mani di dosso.»
Rabbrividii e vidi i suoi occhi socchiudersi, pieni di desiderio.
«Domani...» Mi schiarii la gola. «Potrai parlare con Helen al matrimonio, se vuoi.»
«Posso essere il tuo accompagnatore?»
«Sì, però dovrai dare un'occhiata a Charlie.»
«Oddio, non saprei, mi chiedi tanto.»
«Guarda che lo capisco, il sarcasmo.»
«Ah, sì?»
«Ascolta, mi dispiace di non poter venire a casa con te direttamente da qui, ma lunedì Charlie ha scuola perciò dovremo aspettare ancora qualche giorno per vedere il ranch.»
«Va bene così. Posso venire a casa con te; della logistica non me ne può fregare di meno.»
«Che mi dici del ranch?»
«Questo è il bello di lavorare con delle persone di cui ti fidi. Ho dei cugini e sono fantastici. Si occuperanno loro di tutto.»
«Si trova davvero in Texas?»
«Sì.»
«Perciò c'è un ranch di proprietà e gestita dalla famiglia Anderson.» Gli sorrisi. «In effetti ha senso, vero?»
Si chinò e mi baciò di nuovo. «Penso che il motivo per cui non sei andato a letto con quel tipo, perfetto dal punto di vista fisico, ma un illuso, è che sapevi che non andava bene per te.»
«Ho una notizia per te: negli ultimi sei anni sono andato a letto con un sacco di uomini,» gli assicurai. Come se fossi rimasto a struggermi per lui tutto il tempo... la sola idea era ridicola.
«Ah, sì? Vai, dimmi i nomi.»
Merda.
Mi prendeva sempre in parola, non potevo mai fare un'affermazione casuale. Per un momento mi ero dimenticato con chi stavo parlando.
Rimase in silenzio e ci rimasi anch'io.
«Sto aspettando,» mi ricordò.
«Ryan, smettila. Scommetto che tu sei stato con una marea di uomini.»
Inclinò la testa per guardarmi. «Ci ho provato. Lo volevo. Ma quando mi ci avvicinavo, non mi sembrava giusto.»
«Prima che t'incontrassi, eri un playboy.» Ridacchiai.
«È vero,» disse con arroganza, con un enorme sorriso. «Ma durante i quattro anni in cui siamo stati insieme, mi hai cambiato e sono passato dal ragazzo che voleva tutto e subito a quello che voleva una storia per sempre. Ti volevo, Giovanni, ecco tutto.»
«Non c'è da stupirsi che tu mi abbia baciato famelico.» Risi, coprendomi il volto con un cuscino in modo da non svegliare mio figlio.
Ryan rotolò sopra di me, aprendomi le gambe e sobbalzai sotto di lui perché avevo paura che schiacciasse Charlie.
Ma Ryan l'aveva spostato e quando tolsi il cuscino, vidi che era dall'altra parte del letto, con le braccia sopra la testa come faceva ogni volta che dormiva. Ryan seguì il mio sguardo e osservò il bambino.
«Che carino.»
Annuii e lui si chinò per darmi un bacio sulla tempia destra.
«Non possiamo fare nulla con il piccolo nella stanza,» lo avvisai.
«Sì, lo so,» mi disse. «E il solo vederlo praticamente uccide la mia libidine.» Fece una risata. Si chinò e mi baciò e quando allungò tutto il suo corpo, tutto il suo metro e novanta per cento chili di muscoli scattanti che mi tenevano attaccato al letto, lasciai andare un gemito. Quando si mosse, rotolai dal mio lato del letto e mi lasciai avvolgere dalle sue braccia. 
Sentii che sobbalzava contro la mia schiena. «Stai bene?»
Ryan non parlò, ma la sua faccia nascosta tra i miei capelli, e il suo braccio sotto la mia testa mentre l'altro era stretto attorno alla mia vita, mi fecero capire tutto. Dormire con me tra le sue braccia era una delle cose che preferiva e sembrava proprio che non fosse cambiato nulla. «Renderò te e quel bambino dannatamente felici.»
Lo sapevo.
«E vi piacerà il Texas.»
«Vedremo dove andremo a vivere.»
«Come ho già detto, non me ne frega nulla, finché posso stare con te e il mio bimbo.»
«Siamo entrambi tuoi.»
Risi quando mi rotolò sulla schiena e mosse i fianchi. Sembrava proprio che dovessimo andare a rinchiuderci in bagno.

Una seconda occasioneWhere stories live. Discover now