Capitolo 12

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Mi tenne per mano mentre attraversavamo il locale, mi abbracciò nell'ascensore e uscimmo in strada. Le mie tonsille furono controllate nella hall dell'hotel, dove alloggiavo io e dove sembrava lui si fosse trasferito proprio quel giorno.
«Hai cambiato hotel senza tanti problemi?»
«Senza tanti problemi.» confermò lui, mentre mi sistemava in modo da potermi baciare di nuovo.
«Dovrà esserti costato una piccola fortuna,» riuscii a dire tra un respiro e l'altro.
«Dovevo essere vicino a te e Charlie. Non m'importa di nient'altro.»
Il caos che si era impadronito di me mi stava facendo rivoltare lo stomaco. Volevo Ryan così tanto e mi sentivo uno schifo anche se io e Nate avevamo una relazione aperta.
«Non ti piace quello che hai con Nathan perché non è esclusivo,» mi disse Ryan, mentre mi mordicchiava un lato del collo. «Lo so e basta.»
Era inquietante che, benché fossero passati quasi sei anni, quell'uomo sapesse ancora tutto su di me.
«Non ti preoccupare, ci sono io qui e tu appartieni a me, solo a me.»
Rabbrividii ancora più forte e mi afferrò, abbracciandomi stretto.
«Andrà tutto bene.»
Volevo tornare nella mia stanza e mettermi una camicia prima di andare a prendere Charlie, ma Ryan fu irremovibile: voleva lui e voleva me, subito.
Quando entrai a prendere mio figlio, non fui sorpreso di vedere che il mio gufetto era ancora sveglio mentre tutte le altre ragazze si erano addormentate. Era come me, un animale notturno, ed era ancora in piedi a vedere un film con Elizabeth. Quando mi avvicinai per prenderlo, mi evitò e corse verso Ryan. Lui si chinò su un ginocchio davanti al bambino.
«Ciao cucciolotto,» gli sorrise, spostandogli i capelli dalla fronte.
«Ciao.» Charlie gli fece un sorrisone. «Sei qui per me?»
«Sì.» disse Ryan senza esitazione.
«Vuoi venire a vedere i miei giocattoli?»
«Mi piacerebbe molto.»
«Papà mi ha detto che ti chiami Ryan.»
«Esatto.»
«È un nome carino.»
«Grazie. Anche il tuo nome è molto bello.»
Charlie annuì, come faceva sempre, e gli prese la mano. Scossi la testa perché non sapevo cosa diavolo stava succedendo. Mio figlio di solito era timido e tranquillo, non parlava con gli sconosciuti. Ma l'avevo visto studiarlo, studiare i suoi occhi e i suoi capelli ed era ovvio che gli piaceva quello che vedeva. Perché? Ryan gli assomigliava, era l'unico come lui, ma poteva essere solo per un motivo simile?
Mentre stavamo salendo in ascensore, lui si sporse verso di me e mi baciò una guancia, sfiorandomi il viso con il naso.
«Fermati,» lo ammonii, anche se avevo le farfalle nel mio stomaco.
«Perché?» sussurrò, con la voce che era un gemito profondo e sensuale mentre mi dava un altro bacio sul collo.
«Come mai stai baciando papà?» gli domandò Charlie.
Feci un gesto verso il bambino. «Vedi cosa hai fatto?»
«Mi piace baciare papà,» gli rispose Ryan, stringendo la piccola mano che era ancora tra le sue.
«Anche a me.» Charlie gli sorrise.
«Papà ha un buon odore.» convenne Ryan, a bassa voce con fare cospiratorio.
Charlie annuì. «La mattina quando mi sveglio, lui odora di sonno.»
Ryan ridacchiò. «Non vedo l'ora di sentire l'odore di papà al mattino.»
«Bacerai parecchio papà?»
«Sì.»
Charlie ci pensò su per un po'. «Nate bacia papà.»
«Non più,» gli promise.
«Perché papà non può baciare te e Nate contemporaneamente.»
«Esattamente.»
«Mi piace Nate,» gli disse. «Ma lui non abita con noi.»
«Io lo farò.»
Gli occhi di Charlie si accesero. «Tu lo farai.»
Mi schiarii la gola.
«Che c'è?» mi domandò Ryan, voltandosi a guardarmi. «Io e Charlie stiamo parlando.»
«Per favore, non promettere cose di cui ancora non abbiamo parlato,» gli dissi. «I bambini non reagiscono come fanno gli adulti.»
«Non prometterei mai qualcosa che non posso, non voglio o non sono disposto a mantenere.» Il suo sguardo inghiottì il mio. «Te lo giuro.»
«Non mi stai ascoltando.»
«Ho sentito ogni parola.» Mi sorrise e poi si rivolse di nuovo a Charlie. «Ti piacerà vivere con me, tesoro, te lo prometto.»
Gli occhi del bambino studiarono il suo volto e quasi mi spezzò il cuore quando si mordicchiò il labbro inferiore.
«Giurin giurello.»
Charlie fece un respiro e annuì, decidendo di fidarsi di lui.
«Vedi?» Ryan mi fece una smorfia. «Tutto sistemato.»
Gli diedi una gomitata nello stomaco.
«Papà!» strillò Charlie, rimproverandomi e accarezzando la pancia scolpita di Ryan.
Lui lo prese in braccio e Charlie ridacchiò, mentre Ryan lo issava tra le sue braccia. Mise una mano tra i suoi capelli e appoggiò la fronte sulla sua. «Grazie per avermi difeso.»
Charlie annuì e poi poggiò la testa sulla sua spalla, aggrappandosi con le piccole braccia al collo di Ryan.
Non riuscivo neanche a respirare. Il quadretto che avevo davanti, Charlie appoggiato a lui, tranquillo, fiducioso, e Ryan con la testa inclinata su quella di Charlie mentre gli accarezzava la schiena, tenendolo vicino, era bellissimo. E sapevo che Charlie credeva a tutto quello che lui gli aveva detto, che aveva fede in lui perché io mi fidavo di Ryan.
Dio mio, cosa c'era di sbagliato in me? Avevo bisogno di un po' di tempo per pensare, per affrontare tutto quello. Dovevo stare da solo, solamente Charlie e io, com'era sempre stato, in modo da affrontare i miei sentimenti e capire qual era la cosa migliore. Era obbligatorio che io ponderassi bene il tutto. E la mia testa stava lavorando a mille mentre infilavo la tessera magnetica nella serratura. Non avevo idea che il frullatore che era la mia vita stesse per preparare un purè. Di nuovo.

Una seconda occasioneWhere stories live. Discover now