Capitolo 10

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Le prove della cena furono un susseguirsi di attività e lasciai Charlie con la sorella più piccola di Helen, Elizabeth, nella sua stanza dopo mangiato. Elizabeth aveva acconsentito a dare un'occhiata al portatore di anelli, che era Charlie, alla damigella dei fiori, Julia, e alla bambina di tre anni che avrebbe tenuto il velo di Helen, Mandy. Elizabeth adorava i bambini e a sedici anni non c'era molto altro da fare a Las Vegas di sabato sera. Le diedi il mio numero di cellulare e andai con Helen al suo addio al celibato, insieme con altre sue cinque amiche, per passare insieme la sua ultima notte di libertà. Nate uscì con dei suoi amici che erano in città per un torneo di poker, ma mi fece promettere che l'avrei chiamato non appena fossi tornato in hotel. 
Cominciammo la serata andando a ballare in una grande discoteca e poi ci spostammo in un altro locale. Io non avrei bevuto neanche un goccio, ma sapevo che Charlie era in buone mani e, visto che i locali erano tutti vicini, nessuno di noi avrebbe dovuto guidare.
«Gio, sarò felice?» mi chiese Helen, leggermente brilla.
La guardai intensamente. «Ma certo. Tu ami alla follia Steve.»
«Davvero?»
Risi alla sua domanda. «Lo spero.»
«Tu ami Nathan?»
«E questo cosa c'entra con il resto?» Feci un sorriso alla mia amica.
«Volevo solo... lo ami?»
«Non ancora,» le risposi onestamente. «Ma succederà.» Tutti lo adoravano.
«Ti ho detto che stasera sei meraviglioso?» mi domandò seriamente, afferrandomi il volto e girandomi la testa in modo che i nostri occhi s'incontrassero.
«No,» riuscii a dire con le labbra a coniglio, perché mi stava stringendo la bocca.
«Beh, lo sei. Sembri molto appetitoso. Tutti i ragazzi e le ragazze ti stanno guardando.»
Erano un sacco di cavolate e lei era ubriaca, ma era comunque una cosa carina da dire.
«Quei jeans ti stringono nei posti giusti,» disse, ammirando le mie lunghe gambe e la vita stretta, mentre faceva scivolare la mano sul mio petto. «Gesù, sei proprio fatto bene.»
Mi liberai dalla stretta, quella che di solito solo le prozie ti davano prima di sorridere e pizzicarti le guance svariate volte in modo da farti venire un po' di colore in faccia.
«Mi piace che te li hai lasciati crescere,» mormorò, spostandomi i ricci dagli occhi. «Diventi sempre più bello invecchiando, amico mio.»
«Beh, grazie mille e lo stesso vale per te.»
«Anche la camicia è molto bella,» commentò. «Il cremisi ti sta proprio bene.»
«La cosa è buffa,» ridacchiai, «visto che è stato Charlie a sceglierla.»
In quel momento Ryan Anderson raggiunse il nostro tavolo.
«Ciao,» disse in tono burbero, guardandomi.
«Oh, ciao,» gli sorrisi di rimando, ammirando il suo abito nero con un maglioncino color crema sotto. Il colore era più chiaro di quello che indossava poco prima. La tinta metteva in risalto i suoi occhi. «Stai proprio bene.»
La sua mascella si contrasse.
«Che c'è che non va?»
Prima che potesse rispondere, le ragazze si accalcarono. E io ne capivo la ragione: quell'uomo faceva venire l'acquolina in bocca a chiunque lo guardasse.
Il suo sorriso faceva luccicare i suoi occhi nocciola sotto le luci del locale. Il modo in cui il vestito gli disegnava le spalle ampie, mettendo in evidenza ogni suo muscolo, era meraviglioso. Quando parlò, le ragazze restarono incantate dalla sua voce profonda e risonante. L'abbraccio che diede a Helen fu affettuoso e vidi la sua esitazione nel cercare di capire come e perché lui fosse lì. Ma arrivarono altri drink e ciò la fece smettere di fargli domande e permise a lui di tornare al suo vero scopo della visita, in altre parole me.
Quell'uomo era venuto a cercarmi e quando si mise le mani nelle tasche dei pantaloni e spostò quegli occhi nocciola dal gruppo al mio viso, capii che mi aveva cercato e mi aveva trovato. Era venuto appositamente per me. «Posso parlarti?»
«Certo,» sussurrai, scivolando giù dal mio sgabello per aggirare Helen e avvicinarmi a lui.
«Lo sai,» s'intromise Katherine, un'altra delle damigelle, mettendogli con noncuranza una mano sulla spalla, «lui è già impegnato, ma puoi avere una qualsiasi di noi.»
«Non è impegnato,» scandì Ryan lentamente, i suoi occhi non lasciarono mai i miei, neanche mentre le rispondeva. «Te lo posso assicurare.»
«Oh, sì che lo sono,» fui brusco e mi allontanai, dirigendomi verso il terrazzo. Mentre mi avvicinavo alla ringhiera, d'improvviso me lo ritrovai accanto. Nel frattempo si accese una sigaretta, un vizio familiare del passato.
Rimanemmo in silenzio, entrambi intenti a guardare le brillanti luci del panorama davanti a noi.
Espirò una nube di fumo che si disperse nell'aria. «Gio... Credimi se ti dico di non aver smesso di amarti per tutti questi anni.»
Ci fu silenzio e sentii le sue dita della mano libera chiudersi attorno a una ciocca dei miei capelli e sistemarmela dietro l'orecchio. Fu sorprendente come un semplice movimento, come le sue dita che mi sfioravano la guancia, riuscisse a causarmi le farfalle nello stomaco e a mandarmi un brivido lungo il corpo.
«Perché non mi hai mai contattato in questi anni?» gli chiesi.
«Beh, è difficile farlo mentre sei in coma.» rispose lui con voce atona.
Mi girai lentamente verso di lui. «Cosa intendi?»
Lui sospirò. «Ricordi quando ti ho detto che la mia famiglia mi trovò a New York?»
Annuii, aspettando che continuasse a parlare.
Ryan abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi. «È stato orribile, Gio. Mi trovarono in pessime condizioni, sei mesi dopo. Rick mi maltrattava e in più mi...abusava. Infatti è dietro le sbarre per sequestro di persona, tentato omicidio e in più per possesso illegale di armi da fuoco.»
All'improvviso ebbi l'impulso di abbracciarlo, ma mi trattenni. Distolsi lo sguardo, incredulo alle sue parole. Ero altamente certo che il mio ex migliore amico non fosse capace di fare una cosa simile. Ma ne ero davvero sicuro?
Ryan proseguì. «Avevo un grave trauma cranico. Sono uscito dal coma due anni fa. I miei genitori stavano per perdere le speranze, ma alla fine aprii gli occhi. Hanno detto che al risveglio mormoravo il tuo nome, ma...tu non eri lì. Ero ormai convinto che nel frattempo fossi andato avanti con la tua vita e in più ero sicuro che non mi amassi più. Ricordo ancora lo sguardo nei tuoi occhi quella sera. Eri ferito e ti sentivi tradito. Ma stava succedendo tutt'altro e tu non ne sapevi niente. Non l'hai vista, ma Rick aveva una pistola. Pochi giorni prima mi aveva minacciato se non ti avessi lasciato, ma come puoi immaginare non ci riuscivo. E quindi ci ha pensato direttamente lui, presentandosi alla porta. Ero devastato quando hai nominato il divorzio. Ma pensandoci, essendo nei tuoi panni, avresti avuto pienamente ragione a rompere la nostra relazione.»
Ryan rilasciò un sospiro che si trasformò in una nuvoletta nella fredda aria notturna. «Rick ti ha mai contattato?»
«Sì, ci ha provato, tante volte nei primi tre mesi. Non ho mai risposto alle sue chiamate. Dopo quella sera non volevo più vedervi. Mi sentivo tradito non solo da te, ma anche dal mio migliore amico. Un giorno, dopo essere uscito da lavoro, l'ho trovato davanti alla mia porta; ha detto di averti lasciato e che provava qualcosa per me. Non gli credetti, così gli ho urlato di andarsene e  gli ho sbattuto la porta in faccia. Da quel momento non l'ho più visto nè sentito. In tutto questo posso credere che non ci abbia guadagnato nulla.»
Lui spense la sua sigaretta e la gettò nel posacenere lì accanto. Annuì comprensivo e si schiarì la gola. «Posso baciarti?»
Fui sorpreso perché non stavamo parlando di baci. Passai dal guardare lo skyline dei palazzi a fissare i suoi occhi. «No.»
«Perché no?»
«Perché sto con Nate.»
«Tu non stai con Nate.»
«Di che diavolo stai parlando?»
«Oggi ti ho visto con lui,» mi ricordò, con un sorriso che gli incurvava le labbra. «So come sei quando sei innamorato, e non lo sei.»
«Mi permetto di dissentire.» Raddrizzai la schiena e mi mossi per fare un passo e allontanarmi.
Ryan mi afferrò i bicipiti, fermando il mio movimento. «Sei arrabbiato e stiamo litigando solo perché vuoi litigare con me.»
«Non sono arrabbiato,» replicai. «Sono irritato perché pensi di sapere come mi sento dopo che non ti ho visto per quasi sei anni.»
«So tutto di te.» mi assicurò, i suoi occhi nei miei. «Mi ami.»

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