Capitolo 8

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CAMILLA

La bellezza perfetta
nasce dalla stima verso se stessi.

Entro in casa e il profumo di soffritto invade le mie narici. Savannah sta cucinando il pranzo.
"Buongiorno," la affianco per sbirciare la prelibatezza nella pentola.
"Ehi," sorride "ho pensato ti andasse un po' di riso con del pollo al curry."
"Hai pensato bene! Mi metto comoda nel mentre, oggi devo prenotare il biglietto aereo per andare da Cam."
"Ti aiuto io," mi da una leggera pacca sul sedere con il mestolo. Ridacchio mentre mi allontano.
Mi infilo una t-shirt rosa oversize e sistemo i capelli in una crocchia disordinata.
Ovviamente i calzettoni non mancano mai al mio outfit da casa. Ne ho scelti un paio bianchi con delle pecorelle colorate. Potrei aprire un negozio di calzini, ne ho l'imbarazzo della scelta.
Torno in cucina e apparecchio il tavolo per noi due. Savannah in sottofondo ha acceso la televisione, sta riguardando per la centesima volta Grey's Anatomy.
"Danny si sposa." Irrompo nel nostro silenzio con disinvoltura.
Il viso di Savannah cambia, si incupisce. La vedo ingoiare la saliva con tutte le forze che il suo corpo minuto ha a disposizione.
"Ah si?" Squittisce, la sua voce acuta mi fa sussultare. È la voce di quando qualcosa la turba, la conosco troppo bene.
Appoggia il piatto fumante sulla mia tovaglietta e fa lo stesso con il suo, accomodandosi di fronte a me. Tiene lo sguardo chino, sposta qualche bocconcino di pollo distrattamente. Cosa ho detto per turbarla personalmente?
"Tutto okay? Ho detto qualcosa di sbagliato?" Verso dell'acqua nei nostri bicchieri.
Sospira e mi guarda, gli occhi lucidi.
"Sai, dovrei essere contenta per lui e mia mamma." Beve un lungo sorso di acqua.
Il mondo si ferma. Sua mamma? Le parole mi escono in automatico, non ho tempo di filtrarle.
"Aspetta, Rhea è tua mamma?" Solo ora che guardo la mia amica noto la somiglianza. Il taglio degli occhi e le labbra carnose sono inconfondibili. Devo ammettere che ha preso parecchi tratti dal padre.
"Assurdo vero?" Una risata amara riempie la stanza. Savannah, con uno sguardo sofferente, mi fa capire che non vuole parlarne, non ora.
Con tutte le persone dovevano ingarbugliare la vita proprio a noi.
Pranziamo con la compagnia della televisione, in silenzio. Non riesco nemmeno a formulare un pensiero, ho la testa che elabora, ma non ragiona. Ora capisco perchè Savannah passa interi weekend a casa mia e due notti su tre dorme qua.
Ha perso il papà quattro anni fa, ma non ha mai voluto entrare nei dettagli. Sapevo dell'esistenza di sua mamma, ma non l'ho mai incontrata di persona.
Sparecchiamo insieme, lei lava i piatti e io la aiuto ad asciugarli.
Ho le parole intrappolate in gola, non so come consolare la mia amica. In certi momenti nessuna frase altrui può combattere con i pensieri della mente. L'oscurità nel nostro cervello sa essere micidiale.
Il suo sguardo sfugge dal mio, sospiro. Mi sta evitando.
Le accarezzo un braccio e mi siedo alla mia scrivania, apro il Macbook. Se ha bisogno dei suoi spazi io voglio lasciarglieli.
Percepisco la sua presenza alle mie spalle, si siede sul divano. Mi giro sulla sedia e in mano tiene un bicchiere con un liquido ambrato. È rum. Ne tengo una bottiglia nella credenza per versarne qualche goccia sul gelato in estate. Lo facevo sempre con la nonna, sedute sugli scalini del portico di casa.
"Papà è morto quattro anni fa," mormora con voce cantilenante "stava tornando dal lavoro in moto, la mia moto." Percepisco la tristezza nelle sue parole, mi siedo accanto a lei sul divano.
"Doveva essere il mio regalo di compleanno, invece uno stronzo alla guida di un camion è uscito dallo stop due vie prima di casa nostra. L'ha investito e se l'è data a gambe levate," prende un sorso di rum "era notte fonda, nessuno ha visto niente. Nessuno ha sentito niente." Il suo volto impassibile mi mette i brividi. Quell'animo dolce con cui condivido le mie giornate ha un cuore colmo di dolore. Un dolore al quale io non posso rimediare.
Chiudo gli occhi, prendo un respiro profondo. Mordicchio la guancia per zittire il caos dentro di me.
"L'ho visto la mattina dopo, stavo camminando sul marciapiedi per andare alla fermata del bus e lui era lì, inerme e disteso sotto un lenzuolo bianco," singhiozza e si appoggia con la testa alla mia spalla.
"Nel caos non ho capito nulla, sono svincolata dalla polizia e ho pianto rannicchiata accanto al suo corpo freddo. Di lui mi sono rimasti solo i ricordi e la Harley che se lo è portato via il giorno del mio ventunesimo compleanno."
Piange, svincolandosi dalle mura che proteggono il suo cuore. Le accarezzo i capelli, spero non percepisca la mia mano tremolante. Silenziosa e desiderosa che continui a parlarmi.
"Mia mamma era disperata, ha pensato solo a me per due anni fin quando..." esita e mi guarda, gli occhi gonfi gocciolano ancora lacrime amare.
"È entrato Danny nella sua vita, allontanandola da me."
"Savannah," mormoro dolce "lei è la tua mamma, non ti lascerà mai da sola." Non so come consolarla. Rhea non ho la minima idea di che donna sia, Danny lo conosco troppo bene per sapere che non farebbe mai una cosa del genere.
"Lei è sempre impegnata dal lavoro, stava con me solo qualche sera a settimana, da quando Danny fa parte della sua vita io non esisto più," sospira e si asciuga le guance con il palmo della mano.
"È sempre impegnata in altro e a me le sue attenzioni mancano."
"Lo sai che parlarne è la soluzione migliore? Sei sempre con me, non che io non ti voglia ovvio, ma immagino tu non sappia cosa sta facendo ora Rhea," quel nome scivola dalla punta della mia lingua troppo velocemente. A casa di Savannah sono stata pochissime volte, perchè nel mio appartamento ci sono tutti i comfort di cui abbiamo bisogno. In quelle poche volte, che potrei contare sulle dita di una mano, sua mamma era sempre al lavoro.
"Come posso darti torto," sospira "ho sempre pensato a fuggire, ma ora non credo di poterlo fare ancora, è una cosa più grande di me."
La abbraccio, carezzandole la schiena.
"Sei forte, supereremo questo anche insieme. Non puoi scappare dal passato, ma puoi cambiare il futuro."
"Si, ora pensiamo al tuo viaggio," sorride. I suoi cambi d'umore repentini mi destabilizzano. Lo so che è un modo per liquidare la questione, ma dai suoi occhi vedo che è ancora preda della tempesta nel suo petto.
Prende il computer e si siede sul divano accanto a me. Guardiamo i voli insieme, spensierate come sempre.

Dopo una tisana fredda, Savannah decide di tornare a casa. È tardo pomeriggio.
Prendo il cellulare e chiamo Cam.
"Ciao amo'," risponde al secondo squillo. Ha la voce assonnata. Amo è l'abbreviativo della parola 'amore', il nostro modo di chiamarci fin dal primo giorno in cui ci siamo rivolte la parola.
"Che bello sentirti, mi manca parlare italiano," sorrido. Quanto vorrei abbracciarla.
L'oceano che ci separa è uno strazio per me.
"Hai preso il volo?"
"Si, parto dopodomani e resto da te due settimane."
"Perfetto amo, così possiamo organizzare un viaggio insieme," fa una pausa lunghissima "hai visto che Harry ha annunciato le date del tour?" Cosa?
Non ho tempo di pensare, Cam mi precede con un fiume di parole.
"Il tuo silenzio mi dice che non hai visto cosa ha twittato stanotte. Pensavo di andare alle prime due tappe, a Horsens." Fra il lavoro e tanti pensieri per la testa non ho più guardato il cellulare. Non pensavo di perdermi una notizia così importante, sono sempre aggiornata su tutto. Ho proprio bisogno di staccare la spina. Lavorerò da remoto, ma almeno potrò respirare un'aria diversa. Una vita diversa, meno frenetica. Niente grattacieli, solo distese di campi. Niente cibo spazzatura, ma piatti cucinati con amore come solo gli italiani sanno fare.
"Amo, non vedo l'ora. Mi manchi e mi mancano i nostri viaggi." Mi mordo una pellicina fastidiosa nell'interno guancia. La sincerità di questa frase mi stringe il cuore.
"Mi manchi anche tu Ali, ora entro al lavoro. Ci vediamo fra qualche giorno." Sento il ticchettio delle chiavi mentre apre l'ufficio.
"Non dimenticarti di mandarmi il codice del volo così vengo a prenderti in aeroporto."
"Ovvio, buon lavoro." Riattacco e mi lascio cadere a peso morto sul materasso.
L'amore per i viaggi me lo ha tramandato la nonna, mi diceva sempre di visitare il mondo anche con i suoi occhi. Di guardare le opere d'arte come lei guardava me, con amore incondizionato.
L'ho fatto e lo farò, sempre. Perchè la melodia migliore che deve accompagnare le mie avventure sono i battiti felici del cuore.

Unexpected ~ lesbianWhere stories live. Discover now